Lucifero nell'arte - Da Stella del Mattino a Principe delle Tenebre

Lucifero nell’arte – Da Stella del Mattino a Principe delle Tenebre


Vi siete mai fermati a pensare a quante forme ha Lucifero nell’arte? Può forse l’omiletica, ovvero l’arte della descrizione e della retorica dei testi sacri, che vanta un’importante documentazione riguardo a tutti i personaggi di rilievo dei racconti biblici. Documenti sui quali è stato possibile realizzare la regola iconografica dell’arte sacra, aver trascurato il Principe delle Tenebre?

Certo che no! I fatti stanno così, fra le pagine più arcaiche della Bibbia non esiste una vera e propria rappresentazione del diavolo così come la intendiamo oggi. Si trattava di una sorta di insieme di entità malevole che avevano il compito di tentare gli esseri umani. Questo perché solo attraverso il superamento della tentazione l’uomo era in grado di elevarsi mostrando la parte migliore di sé.

Ciò che serviva e che premeva in quel periodo ai padri dell’ebraismo era porre l’accento sul fatto che Lucifero fosse stato generato da Dio. Questa urgenza nasceva dal fatto che tutti i culti religiosi, del medesimo periodo storico, tendevano a vedere bene e male come due entità di origine opposte. Con questa chiave di lettura si dava al male e al bene la stessa importanza e potenza a livello cosmologico.

È a seguito di un fatto storico tutto umano se l’insieme di entità, che abbiamo citato sopra, si manifesta come essere unico e divisivo. L’evento è niente meno che l’esodo del VI secolo a.C., solo a seguito di questo evento compare nella documentazione dell’Antico Testamento la creatura che incarna il male.

I padri della chiesa non riescono a mettersi d’accordo nemmeno sull’origine angelica di Lucifero poiché alcune fonti lo vedono nascere come Cherubino e altre come Serafino. Questo perché come abbiamo detto non è rilevante. L’unica cosa che conta è che il primo figlio di luce, creato perfetto e a immagine di Dio, sia stato creato e per questo subordinato al Creatore.

Se la natura non è chiara, inizialmente lo è ancora meno il motivo del castigo. Infatti se da Genesi 6, 1-4:

“Gli uomini incominciarono a moltiplicarsi sulla terra. Nacquero loro delle figlie. I figli di Dio” ovvero gli angeli “videro che le figlie degli uomini erano belle e si scelsero quelle che vollero” […] “Quando i figli di Dio si unirono alle figlie degli uomini ed esse partorirono figli, sulla terra vi erano anche giganti”.

Dunque vediamo che qui Lucifero non disobbedisce al padre da solo e gli altri angeli si allontanano dal Creatore perché attratti dalle donne. Questo lega il peccato alla presenta degli angeli sulla terra e ne consegue che siano loro a generare il male. Per risolvere questa problematica bisogna aspettare l’arrivo di San Giustino (circa 100-168 a.C.) che attraverso i testi di Enoch, risalenti al 300 a.C., uniti a Genesi 6, 1-4 introduce la tesi che vede gli angeli, colpevoli di avere generato prole sulle terra, condannati all’abisso di fuoco. Tale abisso compare per la prima volta proprio in Enoch. Sicuramente ispirato a questa parte di storia troviamo l’insolito ed evocativo dipinto, olio su tela datato 1895, di Jean Delville: I tesori di Satana.

Il pittore crede nella reincarnazione e nell’esistenza di un fluido divino. Qui vediamo una visione romantica di un fiume lucente fatto di corpi addormentati dai quali Satana prende energia.

Sempre intorno allo stesso periodo di San Giustino troviamo però la tesi sostenuta dal vescovo Ireneo di Lione e le cose iniziano a complicarsi. Sì perché Ireneo sostiene che a far compiere il peccato di apostasia al primo degli angeli sia state l’invidia e la gelosia nei confronti degli esseri umano. Ireneo parla di peccato perché in questo caso Lucifero sceglie deliberatamente di disobbedire. Oggi a noi suona strano visto che ci è stato insegnato che gli unici esseri dotati di libero arbitrio siamo noi esseri umani.

Arriviamo ad Origene (teologo Alessandrino del 200 d.C.) che trova il modo di accordare tutti, anche quelli sui quali non mi sono dilungata, mettendo un po’ d’ordine dando a Lucifero il dono di mutare forma. In questo modo in lui possiamo trovare l’unico colpevole: angelo caduto, diavolo, apostata, superbo, tentatore. Capace di far cadere nel peccato sotto forma di serpente e che tenta Jeshua sotto forma di drago. Origene riesce in questo miracolo grazie ad Isaia (14, 12-16):

“Come hai potuto cadere dal cielo tu, splendente figlio dell’aurora? In passato hai conquistato nazioni, ma ora ti hanno steso a terra! Avevi deciso di scalare il cielo e di porre il tuo trono sulle stelle più alte. […] Volevi Salire in cielo, oltre le nuvole per diventare simile all’Altissimo. Ora invece sei precipitato nella parte più profonda del mondo dei morti”.

Questo passo dell’Antico Testamento, che in realtà descrive la caduta del re di Babilonia nel mondo dei morti, si trova ad essere perfetto per risolvere la natura di Lucifero che così, grazie a qualche versetto a seguire, Isaia 14, 16-17: “I morti ti guardano fisso e, per la meraviglia, restano a bocca aperta. Si chiedono: è questo l’uomo che sconvolgeva la terra e faceva tremare i regni?” si riesce anche a ritrovarlo in modo coerente nell’Apocalisse di Giovanni. Fino a qui troviamo l’angelo splendente che finisce per cadere, la sua forma non muta ma può trasmutare per mettere in atto i suoi piani. Con questa forma si introduce il male universale.

Facciamo un altro salto e arriviamo al Medioevo, com’è intuibile tutto quello che avete letto fino ad ora non è una catena di ragionamenti adatti a tutti e, quello che adesso serve al potere temporale, è una conversione delle masse. Parliamo di masse di popolani, gente che è legata alla vita scandita dalla ciclicità delle stagioni e alla ritualità pagana. Così nel 1035 d.C. la chiesa si inventa l’Inferno e ci mette a capo un Lucifero completamente trasfigurato. Le persone devono avere paura di tutto ciò che non è Dio e così la forma del Principe delle Tenebre diventa demoniaca perché deve racchiudere in sé: Bacco, Dioniso, Luperco, Pan, Cernunnos, Dite.

Insomma, tutto ciò che è legato ai culti pagani ed al ciclo della terra deve appartenere agli inferi, deve essere percepito come qualcosa che nuoce e che è da debellare. Anche in questo caso il seguito di Isaia 14, 20-21 arriva in soccorso ma, questi versetti, ci farebbero deviare verso l’inquisizione. Ecco che svariati codex iniziano ad essere arricchiti con miniature adatte a popolare l’Inferno. A questo punto finalmente entrano in scena gli artisti! Perché la chiesa si trova a dover usare due pesi e due misure, visto che il mondo non è fatto solo di popolani. Si sviluppa anche un ramo dell’omiletica per le persone colte di natura molto più concettuale e legata alle scritture.

Grazie alla dettagliata descrizione dell’Inferno data da Dante troviamo un Lucifero capace di soddisfare tutti. La versione terrificante del male la ottiene attraverso la descrizione di una creatura che racchiude in sé Belzebù e Dite. Lucifero si trova al centro del pozzo infernale che è sito al centro della terra nel punto più lontano dalla luce. Il suo volto qui ha tre facce e al posto delle ali angeliche ha tre paia di grandi ali da pipistrello. Nel Purgatorio invece lo si trova in versione angelica mentre precipita a causa della sua superbia. Ecco quindi che già solo semplicemente soffermandoci su alcuni artisti che hanno trattato, o preso come fonte di ispirazione, la Divina Commedia troviamo molteplici versioni di Lucifero. Versioni che variano in base alla sensibilità dell’artista, al periodo storico ed alla committenza.

Giotto, nel ciclo di affreschi che termina nel 1306 all’interno della Cappella degli Scrovegni, ci mostra un demone informe a tre teste che divora chiunque gli capiti a tiro. Si trova in un luogo in cui non arriva luce ed il suo colorito cianotico sottolinea la sua lontananza da tutto ciò che è legato alla vita.

William Blake nelle illustrazioni datate 1824-1827 e realizzate a penna, inchiostro e matite gesso. Ci propone una versione ibrida. Il suo Red Dragon ha il corpo definito, di quello che doveva essere un angelo di inimmaginabile bellezza. A questo corpo aggiunge corna, teste, ali e coda; il tutto senza alterare il viso centrale che conserva caratteristiche umane.

Nel 1850 William-Adolphe Bouguereau realizza il dipinto olio su tela (280×225 cm) che titola Dante e Virgilio all’Inferno. Qui Lucifero conserva molte delle caratteristiche angeliche manifestando il male nell’atto di dilaniare la gola di un dannato.

C’è comunque una tacita iconografia di bellezza che, nel corso della storia dell’arte, non abbandona mai l’insieme di divinità racchiuse nella figura di Lucifero. Rimangono sempre riconoscibili molti dei tratti fisici ed i lineamenti del viso che passano dal Fauno Barberini di età ellenistica, superba statua in marmo bianco, datato tra il III ed il I secolo a.C., che ci mostra il sonno di un satiro ubriaco. All’altrettanto mirabile scultura, sempre in marmo, bianco del 1848 realizzata da Guillaume Geefs: Il Genio del Male. Tratti che tornano nel dipinto olio su tela del 1847 e che porta a termine il nostro viaggio: The fallen Angel di Alexandre Cabanel

In questo dipinto il pittore sceglie di portare sulla tela il momento in cui Lucifero riceve la sua condanna. Per realizzarlo si ispira a Ezechiele che definisce la Stella del Mattino come “perfetto in bellezza”. Cabanel ci mostra un Lucifero costretto a subire la punizione impartitagli dal Padre ma nel suo sguardo, cosa che rende unico nel suo genere questo quadro, c’è racchiuso tutto quello di cui abbiamo parlato. Infatti se è vero che conserva la sua bellezza angelica i suoi occhi sono carichi di superbia, rancore e sete di vendetta. Quasi come se Cabanel voglia avvisare di come il male possa risiedere anche nella bellezza perfetta.

Oggi due grandi esempi di artisti che portano avanti queste tematiche sono Giger e Roberto Ferri.