Simone Martini

Simone Martini, maestro della scuola senese

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A cavallo tra la rivoluzione giottesca della “naturalezza e gentilezza” delle forme, e le reminiscenze auliche e ieratiche della figurazione bizantina e gotica, la pittura di Simone Martini (1284 circa-1344), rappresenta un momento fondamentale dell’evoluzione culturale che culminerà due secoli dopo nel Rinascimento Italiano. Se infatti l’impostazione strutturale dei dipinti dell’artista senese possieda ancora le “certezze” e le dorature dell’arte bizantina, le sue figure, i panneggi e la configurazione compositiva riflettono invece un fremito e una mobilità volte verso una diversa rappresentazione “ideale” sia della realtà che della rappresentazione sacra.

Simone Martini

Fonte foto: uffizi.it

La scuola senese

La ricca e raffinata Siena ghibellina del quattordicesimo secolo possedeva una notevole autonomia culturale e proprie botteghe di artigianato, oreficeria e pittura, tra le quali quella di Duccio da Boninsegna, che fu quasi certamente maestro di Simone Martini , e quella di Memmo di Filippuccio, valido affrescatore e miniaturista,  presente anche nel cantiere di Assisi dove incontra la visione pittorica di Giotto che influenzerà sia il suo stile che quello del genero Simone. Un altro importante contributo alla formazione del maestro senese verrà anche dall’arte orafa, molto curata nella città toscana, che egli  utilizzerà in numerosi dei suoi affreschi  con l’inserimento di preziosi motivi in rilievo tramite la tecnica della “punzonatura”.

Le tante committenze

Anche Simone ha l’occasione di lavorare ad Assisi, nella Basilica inferiore di San Francesco, dove affresca la Cappella di San Martino con un ciclo di lavori pittorici che descrive le Storie di San Martino vescovo di Tours. A differenza delle ambientazioni giottesche, questo ciclo di affreschi riverbera un’indole più “fiabesca” del Martini, unita a uno studio realistico sia dei ricchi costumi che delle fisionomie dei volti. Nello stesso periodo (1317) viene  invitato a Napoli da Roberto D’Angiò che lo nomina cavaliere e gli commissiona una tavola celebrativa: “San Ludovico di Tolosa che incorona il fratello Roberto D’Angiò”, la prima icona “politica” realizzata in Italia.

Simone Martini

Fonte foto: capodimonte.cultura.gov.it

Il suo ritorno in Toscana segna l’inizio di un fruttuoso periodo in cui l’artista dipinse numerosi polittici (pale d’altare realizzate da più elementi distinti, uniti a formare un’unica composizione) per le committenze senesi, pisane e orvietane. Molti dei pannelli di questi polittici sono andati dispersi o divisi in vari musei in giro per il mondo. Alcuni sono ancora intatti, come quello presso il Museo nazionale di S. Matteo a Pisa o quello del Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto.

Nel 1337 Simone Martini si trasferisce ad Avignone, presso la corte papale di Benedetto XII dove ha anche l’occasione di conoscere il poeta Francesco Petrarca, per il quale eseguirà alcune miniature, e dove muore nel 1344.


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