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Megera o accogliente, il ruolo della madre nella letteratura è fondamentale. Questo perché, che piaccia o meno, l’idea di famiglia è ancora ancorata alla figura femminile e così ,anche quando assente per decesso, la sua figura ha un peso.
Come si evolve la figura materna nella letteratura
Dobbiamo tenere a mente come le dinamiche sociali spesso vadano a comporre il substrato di un testo di narrativa e che quindi anche nei libri la condizione della donna varia anche in base alla situazione storica e al periodo nel quale l’autore sceglie di sviluppare la sua storia. A inizio ‘900 sono gli uomini a portare lo stipendio a casa e la madre, poiché la donna doveva quasi tassativamente essere madre, a malapena può ipotizzare di avere un suo pensiero. Questa situazione di subordinazione la vediamo ricadere a cascata dal padre alla madre e dalla madre ai figli. Questa tipologia di famiglia nei libri ci mostra un nucleo familiare senza intimità, dove gli scambi affettivi tra i genitori e i figli sono praticamente quasi assenti. Andando avanti con gli anni e con qualche diritto in più per le donne, ma soprattutto con il proliferare di scrittrici con la voglia di cambiare le cose, anche la figura materna cambia ed entra in scena la complicità:
“La mamma era silenziosa, sorrideva con gli occhi scuri e lucenti. Lasciavo la sua mano e salivo i pochi scalini con l’impressione di smarrirmi. Sapevo che lei mi guardava, ma non mi voltavo. […] La mamma aveva intuito quel mio culto silenzioso e l’aveva rispettato.”
L’amore tra madre e figlia
Dalla complicità silenziosa alla costruzione di rapporti solidi che permettono alle figlie di trovare un sostegno, a piccoli passi, la figura materna nella letteratura si fa più eterogenea e l’amore della madre dilaga creando speranze, addirittura sogni. A questo punto le madri non hanno ancora sogni per loro stesse, sanno come va il mondo e ancora non pensano che per loro possa andare diversamente, ma possono ancora cambiare le cose sostenendo le proprie figlie, cercando delle opportunità che possano dare loro una qualche tipologia di indipendenza. Per citare un romanzo che davvero tutti conosciamo ci basta pensare a Marmee Curtis March, la mamma di Meg, Amy, Jo e Beth. Certo mi si potrebbe obiettare che ho citato un testo di fine ‘800 ma Piccole Donne è un romanzo che a pieno diritto ricopre il ruolo di testo fondamentale per quello che si rivelerà essere il principio dell’emancipazione femminile.
L’emancipazione passa dalla madre
È impossibile parlare della figura materna nella letteratura senza citare Dacia Maraini, e infatti eccoci qui a scrivere come l’autrice pone l’accento sul fatto che la figlia prende la madre come modello, essa ricopre a tutti gli effetti la prima figura femminile con la quale si rapporta. La madre dalla quale nasce l’emancipazione femminile è una figura forte forgiata nel silenzio e nella resilienza. Si tratta di una donna che capisce senza bisogno di parole poiché ha una grande propensione all’analisi silenziosa delle situazioni, è una figura forte che spesso agisce invece di parlare e fa in modo che le cose accadano. In questa sede però vorrei aggiungere che la medesima cosa succede ai figli che osservano una madre forte. Infatti anche in questo caso la madre è la prima figura femminile con la quale il figlio entra in contatto e una madre come descritta qualche riga sopra insegna al proprio figlio che la donna ha una sua identità e una propria forza e che ha il diritto di essere padrona del proprio tempo.
La svolta degli anni ‘60
Come sappiamo, in Occidente, questi sono anni decisivi per le donne e i diritti acquisiti trasformano anche le famiglie. Tutto cambia e anche gli uomini si trovano ad avere la possibilità di esternare affetto ed è così che lo spazio familiare inizia ad acquisire il calore della complicità genitoriale. Una conquista dopo l’altra si arriva alle famiglie moderne dove la figura materna non è sempre una donna, come ad esempio l’eccezionale caso in cui è un gatto a ricoprire tale ruolo anche se per una cucciola non umano. Sto citando Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare (1996) in chiusura per sottolineare il fatto che non bisogna per forza essere donna per essere madre così come si può essere madre anche senza avere figli.
Lavoro come grafica-creativa, illustratrice e content editor freelance.
Sono diplomata in grafica pubblicitaria e parallelamente ho studiato disegno e copia dal vero con Loredana Romeo.
Dopo il diploma ho frequentato beni culturali presso l’università di lettere e filosofia e parallelamente seguivo un corso di formatura artistica, restauro scultoreo e creazione ortesi per il trucco di scena.
A seguire l’Accademia Albertina di Belle Arti con indirizzo in grafica d’arte (che mi ha permesso di approfondire: disegno, illustrazione, incisione, fumetto).
Sono sempre stata interessata e assorbita dal mondo dell’arte in tutte le sue forme e dopo la prima personale nel 1999-2000 non ho mai smesso di interessarmi alle realtà che mi circondavano.
Nel 2007 ero co-fondatrice e presidente dell’Associazione Arte e Cultura Culturale Metamorfosi di Torino e in seguito ho continuato e continuo a collaborare con vari artisti e ad esporre.
L’amore per l’arte in tutte le sue forme, il portare avanti le credenze e le tradizioni familiari hanno fuso insieme nella mia mente in modo indissolubile: filosofia, letteratura, esoterismo, immagine e musica.