“Sei nelle mie radici” di Margherita Catanzariti: la storia d’amore tormentata tra la Calabria e i suoi abitanti

Margherita Catanzariti è una giornalista calabrese che scrive per la testata online La Riviera. Prima di questo libro, ha scritto Segui sempre il gatto bianco edito per Città del Sole Edizione nel 2013.

Sei nelle mie radici è uscito invece nel 2019 per lo stesso editore, dopo aver vinto il Premio Letterario Apollo.

Trama

Sei nelle mie radici presenta, a primo acchito, tutte le caratteristiche del romance erotico: in circa 170 pagine convivono gli elementi fondamentali del genere, tra cui la storia d’amore tormentata, gli atti sessuali narrati senza censure e le riflessioni pregne di romanticismo. Tuttavia, sono tantissimi i dettagli che spingono prepotentemente l’opera in un’altra direzione, tanto da renderla – a suo vantaggio – di difficile catalogazione. Sin dalle prime righe, l’incipit originale e accattivante ci costringe a restare incollati alle pagine. Aprendo il libro, infatti, ci accorgiamo di leggere una scena già in corso: Nina, protagonista della storia, è intenta a difendersi da Antonio, il suo fidanzato. È ferita e impaurita e tutte le sue forze sono volte a sopravvivere. Quella a cui stiamo assistendo è una vera e propria azione di violenza domestica. L’idea è vincente, e ci mette nella posizione di tifare per la donna e di affezionarci a lei. Nina appare interessante e libera dai cliché: è bella in modo non convenzionale, è libera e dice cose scomode, non sempre condivisibili. Fa scelte sbagliate, come quella di non denunciare il suo aggressore. È sarcastica quando meno ce lo aspettiamo, a volte è persino fastidiosa. È umana e fallibile, insomma, e per questo ci assomiglia.

Nel giro di qualche pagina, il focus si sposta e, gradualmente, scopriamo il vero protagonista maschile del racconto, Pietro. Anche i personaggi secondari vengono allo scoperto piano piano, attraverso vari aneddoti su di essi, lasciandoci così il tempo di interessarci alle loro peripezie.

Ambientazione

La penna abile dell’autrice riesce a rendere la lettura scorrevole e intensa allo stesso tempo e, con tono asciutto e tagliente, descrive l’ambientazione. Il racconto si svolge in Calabria, nella zona jonica, e ciò rappresenta un elemento centrale della storia. La scrittura senza fronzoli – a tratti ruvida – di Margherita Catanzariti, rallenta in modo evidente quando parla della sua Terra: le descrizioni sono minuziose e appaiono così vere da fare male. Anche i personaggi che agiscono e si muovono all’interno dei capitoli assumono atteggiamenti verosimili rispetto agli abitanti della Locride, restituendoci un quadro di insieme aderente alla realtà.

 “Una migrazione che in un certo senso non era mai finita, vista la costante fuga anche da parte dei coetanei di Nina, nella loro imperterrita ricerca di un futuro migliore, altrove. Ora, come allora, tornare a casa voleva dire riempirsi occhi, mani e anche la pancia della vita made in Calabria. La famiglia, la lentezza, il mare, il gusto, l’amore, la montagna impervia, il disordine, quel che restava della Magna Grecia, la disorganizzazione, le melanzane, la lamentela, il profumo del pane caldo fatto in casa, la disoccupazione, il basilico fresco, il sesso sulla sabbia calda d’estate.” 

In conclusione

Si tratta di un romanzo atipico, insofferente alle categorizzazioni. Lo stile di scrittura è romantico nel senso antico del termine, senza mai cadere nella sdolcinatezza dozzinale. La scrittrice presenta una notevole proprietà di linguaggio, le riflessioni sulla Calabria sono brillanti e audaci. Ciononostante, i personaggi principali hanno tutti lo stesso disincanto e si sente forte la mancanza di un punto di vista diverso. In alcuni tratti, la narrazione si curva su sé stessa e le nozioni su ciò che è accaduto prima penalizzano l’azione presente. Il finale è, a mio avviso, prevedibile, ma non rovina la lettura. Consigliato!