American Horror Story aspettando Double Feature – Analisi sulla serie che ha cambiato il volto del mostruoso


Nel 2020 è saltato l’appuntamento fisso degli ultimi nove anni, quello che segnava l’inizio di un autunno fatto di urla strazianti, sguardi terrorizzati e creature capaci di solleticare anche la fantasia dei veterani dell’orrore.

Un silenzio quasi tombale cade sulla serie in lavorazione per gran parte del 2020 e poi finalmente il vento di primavera del 2021 porta agli appassionati della serie alcune notizie! Dagli abissi del silenzio sono emersi il titolo della decima stagione: Double feature. Un accenno della trama, quel tanto che basta per sapere che il mare non sarà il protagonista solitario che ci si era immaginati ma che anche la terrà ferma avrà un ruolo importante. Infine parte del cast che come chi segue la serie da anni già sa, ritroveremo: Sara Paulson, Evan Peters, Billie Lourd, Lily Rabe, Angelica Ross, Adina Porter, Frances Conroy e Finn Wittrock.

Così nell’attesa che arrivi l’autunno, ora che cast e trama della decima stagione sono stati appena svelati, cogliamo l’occasione per dare una visione dello spaccato del mostro e della continuità di alcuni elementi che mantengono in connessione le nove stagioni passate. Per compiere questa missione serve necessariamente partire dalla prima stagione Murder House che come sappiamo esce nell’ottobre del 2011 ed è subito successo.

Perché?

Questa prima stagione porta ad un nuovo modo di fruire le serie TV che prima dell’avvento di American Horror Story si vivevano nell’attesa. Era regola e anche norma che una puntata finisse con un colpo di scena, che lasciava lo spettatore con la voglia di arrivare alla settimana successiva. Invece Ryan Murphy e Brad Falchuk portano il concetto inverso di binge watching sul piccolo schermo: la puntata è completa, totalizzante e piena in modo da lasciare allo spettatore il tempo di poterla digerire e di ragionarci sopra.

Viene messo in azione un sistema di rallentamento della fruizione della serie, che finisce per creare un vero e proprio legame fra i suoi personaggi e il pubblico. Questo sentimento viene sia consolidato che trasportato da una serie all’altra grazie al riadattamento del cast nelle varie stagioni. Il mantenere gli stessi attori da una stagione all’altra non è una cosa così ovvia come per altre serie poiché in American Horror Story se tutte le stagioni sono tenute in connessione da alcune costanti che fra poco vedremo, il più delle storie stagionali non hanno una continuità temporale ne proseguono la trama precedente.

Complice l’atmosfera

Si tratta di un mix ponderato fra tradizione e novità dove il mondo onirico si deforma in incubo gradualmente, ma in modo che ogni episodio possa quasi essere considerato un mini film a sé stante.

In ogni puntata si conosce la storia di un nuovo personaggio e una piccola parte del mostro dominante che nella prima stagione sembra da subito essere la casa. Quest’ultima ha una sua personalità ben definita, si tratta di una casa vittoriana gotica e conturbante, capace di farsi scegliere dai protagonisti e di riportare agli appassionati del genere horror Poltergeist, Dark Shadows, La casa dei fantasmi.

Questa caratteristica del luogo come protagonista e complice della creazione di una dimensione onirica, dove tutto può accadere ed essere accettato dallo spettatore è una delle costanti che fino ad ora ha caratterizzato le stagioni di American Horror Story. Si viene catapultati in luoghi che sembrano non avere peculiarità rilevanti e che invece si svelano pian piano a pari passo con lo snocciolarsi del dramma e l’estetica del luogo, tanto raffinata quanto splatter, è in linea con chi vi rimane intrappolato.
Il tutto condito da musiche in continua dissonanza con incisività delle scene.

Come fanno a stare insieme la macro trama della casa con le mini trame dei singoli episodi?

Grazie ai salti temporali che ci mostrano tanto la linea temporale in cui vive l’ultima famiglia che ha acquistato la casa tanto quanto quella delle varie famiglie che la hanno abitata in precedenza. C’è sempre un oggetto o un evento scatenante che rende fluido il passaggio temporale che grazie alla dimensione onirica data alla serie pian piano si assottiglia sino all’allineamento temporale dell’ultima puntata. Ecco quindi che la casa in realtà non è che il contenitore dell’essenza mostruosa che vi si sviluppa all’interno e che viene generata da chi la abita. Il motore di tutti i drammi sono le vicende famigliari che per via dell’ego o della cattiveria arrivano a generare comportamenti mostruosi o mostri veri e propri.

La denuncia

La denuncia nei confronti della società contemporanea è un altro dei tasselli che Ryan Murphy inserisce per tenere assieme le fila delle trame delle nove stagioni di American Horror Story. Avviene attraverso il mostro e a ciò che viene socialmente considerato mostruoso ed è una mostruosità che attacca in ogni stagione consapevolmente sferrando il suo colpo più potente. Inizialmente sembra che il colpo non vada a segno, che si infranga su certezze e valori ed invece la ferita si allarga sempre di più scatenando una reazione a catena che costringe a guardare in faccia la verità.

Dunque pare sia arrivato il momento di parlare dei mostri. Hanno davvero qualcosa di diverso da quello visti fino al 2010?
La risposta è sì. Il mostro in American Horror Story non impatta sul conflitto fra eros e civilizzazione.
Questi mostri nascono dalla paura e dal perpetrarsi delle nefandezze e della cattiveria umana capace di arrivare a livelli tali da dare vita e corporeità a questa tipologia di mostro.

La madre

Ecco che la matassa di fili che si distende quindi parte tutta da un unico gomitolo: la madre come mater dolorosa e matrigna.
Anche i padri sono importanti ma spesso alla ricerca di qualcosa che li distrae dal focus. Con un piccolo elenco delle stagioni in chiave denuncia sociale e mostri che si portano sulle spalle il fardello di mostrarci il volto della società contemporanea arriviamo verso la fine di questa analisi.

Stagione 1 – Murder House

Qui abbiamo la madre dolorosa rappresentata da Vivien che è anche l’unico personaggio che capisce fino in fondo la casa e le presenze che la vivono. Troviamo anche un accenno di scontro generazionale, tema che vede il suo apice nella terza stagione. In questa stagione viene pungolato un po’ tutto il tessuto sociale passando per: incapacità di accettare il diverso, aborto, violazione del corpo, tradimento, bullismo e costrizione del tessuto familiare.

Stagione 2 – Asylum

Un sanatorio in cui la figura della madre si fonde con quella della religione, in questo caso troviamo la madre matrigna in suor Jude che sostiene come per lei la malattia mentale non sia altro che la moda di definire oggi il peccato. Fra i temi di denuncia sociale troviamo in primis la violazione del corpo in tutte le sue forme, possessione demoniaca compresa, incapacità di accettazione del diverso, omofobia.

Nelle prime due stagioni la mutilazione dei corpi rende madre anche i due medici, che in preda a delirio utilizzano la propria conoscenza per dare vita a delle creature abominevoli. Nella prima stagione si tratta della creatura che vive nel piano interrato della casa, nella seconda di persone sottoposte a svariati interventi sino al mutamento in pseudo zombie.

Stagione 3 – Coven

La parte centrale della trama viene vissuta all’interno di una casa che funge da collegio per streghe. Qui vediamo lo scontro generazionale nel passaggio di consegna da una suprema all’altra, lo scontro fra credi diversi e i temi affrontati sono ancora una volta la paura del diverso e la violazione dei corpi. Nella terza stagione troviamo la figura della madre in tutte le sue forme: madre matrigna (Fiona), aspirante madre (Cordelia), madre che paga con il dolore le proprie scelte (Delphine e Marie Laveau). Infine la nuova Suprema lascia allo spettatore un’indicazione su come potrebbe essere possibile vivere in un mondo migliore, il suo appello non è verso il paradigma della società attuale ma cerca chi è consapevole e diverso. Cerca i mostri che in questo caso sono le streghe, pronunciando queste parole: “quando si vive nell’ombra si ha meno protezione e saremo sempre un obiettivo per gli ignoranti.”

Stagione 4 – Freak Show

Freak Show è certamente una delle stagioni più toccanti dove le uniche creature capaci di provare sentimenti umani vengono emarginate e derise per la loro diversità. L’intera comunità non prova alcuna remora nello scagliarsi contro il circo dei fenomeni da baraccone per lasciare ricadere sulle loro spalle la colpa di ogni male. Nel mentre il vero omicida seriale che tutti temono è nascosto nell’alta società. Qui il concetto di madre inizia ad allargarsi, perché se la madre tanto matrigna quanto sofferente di Dandy Mott (l’omicida seriale) è la madre naturale del mostro. L’altra madre, la direttrice del circo Elsa Mars, si sente responsabile per tutti quelli che vivono sotto il suo tendone, pur ricoprendo anche lei i ruoli materni di matrigna e madre dolorosa.
I temi di denuncia in Freak Show sono tutti rivolti verso la discriminazione del diverso a favore di ciò che la società ci vuole far credere bello. Per gli abitanti della città non c’è differenza fra il sanatorio della seconda stagione e il tendone del circo: ciò che è diverso deve rimanere confinato e a rimarcare questo fatto ritroviamo il bellissimo personaggio di Pepper già presente in Asylum.

Stagione 5 – Hotel

Anche Hotel è molto toccante, qui i fantasmi delle persone morte all’interno dell’albergo vivono con dei non morti molto simili a vampiri (gli Afetti). Il concetto di madre dolorosa si allarga ancora e abbraccia il diritto alla maternità Queer grazie ai personaggi intepretati da Lady Gaga e da Denis O’Hare. Intanto il sindaco James Patrick March, interpretato da Evan Peters, ovvero l’omicida seriale senza scrupoli che progetta l’hotel Cortez continua a soddisfare la sua sete di sangue anche dopo la morte.

Stagione 6 – Roanoke

Definibile come la stagione del reality da urlo. Anche qui c’è una casa che sembra innocua e dei fantasmi che non hanno intenzione di lasciare uscire vivo nessuno. Si parla di: social media, precarietà dei rapporti, egocentrismo, superficialità e inizia a ad intravedersi quello che non funziona anche nella contemporanea corrente new age. Qui troviamo la madre matrigna e la potenza selvaggia del femminile.

Stagione 7 – Cult

In Cult la satira contemporanea rivolta alla battaglia elettorale U.S.A. che ha visto uscirne vincitore l’ex presidente Donald Trump raggiunge livelli magistrali. Un clima di caos domina gli animi dei personaggi e anche il politically correct da il giro.

Stagione 8 – Apocalypse

Si tratta dell’epilogo che lega in modo consequenziale la prima, la terza e l’ottava stagione di American Horror Story. Infatti il figlio incestuoso nato da Vivien nella prima stagione e in Apocalypse cresciuto da Constance, si rivela essere l’anticristo che le streghe della stagione Coven affrontano per salvare il mondo. Qui troviamo quindi tutta quelle serie di madri tanto dolorose che matrigne delle serie precedenti mentre la denuncia è a 360°: social media, discriminazione sociale, lotta fra maschile e femminile, giochi di potere.

Stagione 9 – 1984

Se la prima parte della stagione sembra un’ode ai cult horror anni ottanta, in poche puntate la denuncia verso le cattive abitudini che abbiano ereditato da quegli anni, scorre sulla pellicola copiosa come il sangue che viene versato.