“Kinds of Kindness”: spiegazione del film

C’è chi si aspettava un altro “Poor Things e chi invece, ricordando l’antecedente cinematografia di Lanthimos, dentro di sé sapeva e si era preparato al “peggio” prima di entrare in sala. Ad ogni modo, se la visione di “Kinds of Kindness” ha lasciato anche voi giusto un po’ perplessi, questo è il posto giusto per voi.

Ritorno alla Weird Wave

Il responsabile di un’ azienda che impone al suo dipendente di uccidere un uomo, una donna che per compiacere il folle marito arriva a spadellare il proprio pollice e servirlo con del cavolfiore, i membri di una setta che bevono solo acqua proveniente dal dotto lacrimale di due leader spirituali. Questo e tante altri eventi allucinanti nel nuovo film di Yorgos Lanthimos.

Ma c’è un vero senso di fondo? Forse in questo momento lui starà ridendo di noi che ci affatichiamo a capire mentre il film a tratti sembra completamente no sense, però proviamo lo stesso a fare un’analisi.

In Kinds of Kindness il regista greco collabora nuovamente con le star di “Poor Things” Emma Stone, Willem Dafoe e Margaret Qualley, con l’aggiunta di Jesse Plemons, che insieme collaborano a questo bizzarro trittico di corti che sono allo stesso tempo surreali, inquietanti e grottescamente divertenti. Co-scritto con Efthimis Filippou, che in precedenza aveva collaborato con Lanthimos in 5 film tra cui Dogtooth, The Lobster e Il Sacrificio del Cervo Sacro, il film segna un interessante ritorno a quella bizzarria caratteristica del regista e alla sensibilità della cosiddetta Weird Wave greca.

Il nono lavoro di Lanthimos infatti può essere inquadrato, insieme agli altri citati, all’interno di questo movimento cinematografico, rappresentativo di un preciso stato d’animo. La Weird Wave nasce infatti quando nel 2010 la Grecia visse una crisi economica, caratterizzata da un eccessivo debito e deficit pubblico. Di conseguenza la popolazione soffrì enormemente, soprattutto a causa dell’aumento del tasso di disoccupazione e dell’abbandono del Paese da parte di numerosi giovani.

In questo contesto si colloca il nuovo stravagante cinema greco, che traspone su schermo l’afflizione di un popolo attraverso una critica alla contemporaneità, così indiretta quanto feroce. Tutto questo lo abbiamo già ampiamente visto nei primi film del regista, che mostrano contesti sociali soffocanti e disfunzionali, le cui dinamiche capovolgono la realtà come la conosciamo e provocano in noi una confusione, che ci spinge a mettere in discussione idee e consuetudini che nella nostra “normalità” diamo per scontate.

"Kinds of Kindness": spiegazione del film

Amore, devozione, controllo

Ecco quindi che anche in “Kind of Kindness”, siamo orientati verso una narrazione ambigua, che cerca di farci riflettere sulla realtà che viviamo mostrandoci un punto di vista distorto. Anche qui siamo messi di fronte ad un microcosmo: tre microcosmi in questo caso, rappresentati da famiglie o comunque gruppi di persone in cui vige una gerarchia.

Ambientato in quella che sembra un’attuale New Orleans, Kinds of Kindness racconta tre storie separate, tre cortometraggi in cui ogni membro del cast interpreta un personaggio diverso. Le vicende trovano un unico collegamento in un personaggio nominato nei titoli, un certo R.M.F.  che in maniera circolare apre e chiude il film, morendo nel primo episodio e resuscitando nel terzo (lo ritroveremo a mangiare un sandwich sui titoli di coda). Per il resto, non c’è nessuna sovrapposizione narrativa tra le storie nonché echi di temi, immagini e colori che si ripetono.

Se c’è un tema unificante però, questo è da ricercare nella malsana intersezione tra amore, devozione e controllo. In tutte le vicende aleggia un amore malsano che diventa dipendenza da un lato e manipolazione dall’altra: i personaggi si fanno cose terribili a vicenda, toccando le sfere della famiglia, dell’amore, della religione, del lavoro e della maternità, e ciò che vediamo è reso ancora più discutibile dalla semplicità con la quale tutti accettano che questo avvenga.

Anzi, potremmo dire che in tutte le storie c’è sempre un protagonista che brama fortemente l’asservimento e la sottomissione,  a tal punto da fare del male a persone terze e persino a se stesso. Così Robert (Plemons) sacrifica la propria morale uccidendo un uomo (il povero R.M.F.) , pur di tornare nelle grazie del suo capo (Defoe), Liz (Stone) si mozza un dito e muore dissanguata estirpandosi il fegato, per un malato desiderio di compiacere il marito; e, infine, Emily uccide accidentalmente la sua nuova leader spirituale (Qualley), nell’impazienza di adempiere al suo compito per poter rientrare nella setta che l’aveva ripudiata.

Abbiamo in sostanza tre esiti diversi: in “La morte di R.M.F.” c’è l’incapacità di compiere le proprie scelte senza una figura-guida; in “R.M.F. vola” vediamo un uomo che si rifiuta di accettare il cambiamento naturale di una donna, incinta e appena tornata da un’isola deserta, porta quest’ultima ad atti estremi fino a sacrificare se stessa; infine, in “R.M.F. mangia un sandwich” c’è  l’inganno della setta, le cui assurde regole vengono seguite dagli adepti per sentirsi più vicini alla divinità.

Cast e cinematografia

In Kinds of kindness le performance sono superlative su tutta la linea, da menzionare Emma Stone, ormai attrice- feticcio di Lanthimos, che dà un’ulteriore prova della sua versatilità, e Jesse Plemons che tutti ricorderanno soprattutto per il suo spietato “Todd” di Breaking Bad e che in questo film, interpretando tre diversi personaggi, ha la possibilità di mostrare al massimo le sue potenzialità espressive.

La cinematografia clinicamente piatta di Robbie Ryan stabilisce una coerenza visiva con la trama spregiudicata, con primi piani chirurgici che fanno sembrare tutti i personaggi come cavie da laboratorio, mentre l’accompagnamento musicale scarno, quasi assente, di Jerskin Fendrix consente a “Kinds of Kindness” di mantenere lo stesso ritmo lento dall’inizio alla fine, con picchi di tensione sottolineati da cori esasperanti.

Anche l’estetica del film va per sottrazione di elementi. Una fotografia minimal,  con ambientazioni interne ed esterne che dipingono paesaggi semi-deserti, edifici senz’anima, con arredamenti curatissimi ma quasi inutilizzati.

A conti fatti, siamo di fronte ad un’opera stilisticamente ineccepibile, con ottimi interpreti e una regia eccezionale, ma il film nel suo complesso resta enigmatico e lascia un enorme dubbio sul suo intento finale. Si può restare affascinati nonostante la complessità e si può restare dell’idea che, questa volta, Lanthimos abbia davvero voluto semplicemente divertirsi.