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Ciò che più sorprende di Louis Armstrong è che è sufficiente pronunciarne il nome per sentire la sua inconfondibile voce roca e ricca di colori. Anche per chi quell’epoca in cui lui seppe lasciare il segno non l’ha vissuta. Del resto è nato nel 1901 e morto nel 1971, eppure il suo timbro, il suo sorriso, la sua musica jazz resistono ancora e a questo punto continueranno a farlo per sempre. Forse non tutti lo sanno, ma è anche conosciuto come “Satchmo”, un soprannome che gli diedero quando era ragazzino. Il motivo? La sua bocca dalle grandi dimensioni, ed infatti è l’unione di due parole inglesi: satchel e mouth: bocca a sacco.
Non è semplice riuscire a rendersi realmente immortali, ma lui ce l’ha fatta. Uno dei motivi principali è che ha saputo modernizzare il canto, rendendolo meno impostato. In poche parole è stato realmente il primo ad essere riuscito a sfuggire dalle regole del mondo lirico, grazie alle sfumature particolari della sua voce. Riuscendo addirittura ad introdurre lo scat, un particolare stile di canto improvvisato.
Un talento innato
Ma Louis Armstrong non era un semplice cantante. Era anche, e sopratutto, un trombettista dal talento innato. Sembrava proprio avere nel sangue quella capacità di far emozionare il pubblico, intrattenendolo senza dire nemmeno una parola. E come divenne famoso? In un modo che forse non immaginerete mai, ma che se ci si pensa bene non è poi così assurdo, per l’epoca. La sua fu infatti un’esistenza ricca di sacrifici e stenti, in particolar modo per via della discriminazione razziale.
Proprio per questo, Louis aveva un carattere ribelle e a soli 11 anni venne sorpreso con una pistola che apparteneva ad uno dei compagni della madre la quale, per ragioni economiche, era costretta a prostituirsi. Fu così portato in riformatorio per ben due anni e qui iniziò a capire quanto per lui fosse importante la musica. Cominciò a suonare nel coro e nella banda, scoprendo in seguito la sua enorme passione per quello strumento che diventò per lui inseparabile: la tromba.
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Nel 1922 iniziò il suo successo vero e proprio, dapprima in una band insieme a Joe Oliver. Proprio grazie a questa occasione ebbe modo di farsi conoscere anche per la sua incredibile voce. Un talento che gli permise in seguito di proseguire a fare carriera da solo.
I suoi più grandi successi
Sono davvero tante le canzoni che Louis Armstrong ci ha lasciato e nominarle tutte è veramente impossibile. Tuttavia è doveroso menzionare almeno i suoi brani più famosi. Tra cui, senza alcun dubbio, “When the saints go marching in”.
Da non dimenticare poi anche la sua carriera nel mondo del cinema. Nel 1931 recitò nel suo primo film, “Ex-Flame”, dove interpretò se stesso. Furono numerosi in seguito i lavori cinematografici a cui partecipò, sia come protagonista che come comparsa. Nel 1956 recitò addirittura a fianco di Grace Kally e Frank Sinatra, in “Alta società”. Ma i più famosi furono il musical “Hello, Dolly” con Barbra Streisand e “Hollywood… Hollywood”, insieme a Fred Astaire a Clark Gable.
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Come si termina un articolo su uno degli artisti più grandi di tutti i tempi? Non nascondo che è davvero difficile. Ma penso che il modo migliore sia concludere con la canzone che più di tutte lo descrive. Perché proprio come lui è realmente senza tempo.
“What a wonderful world”.
Sono quella che in prima elementare si annoiava mentre la maestra spiegava le lettere dell’alfabeto ai suoi compagni di classe, perché le conosceva già da almeno un anno. Sin da quei tempi, durante i temi in classe sarei stata capace di riempire con pensieri e parole dieci fogli protocollo. Scrivere per me è un’esigenza, la mia costante, una delle poche cose che mi fanno realmente sentire giusta in questo mondo, insieme alla gentilezza e ai miei sorrisi. Trentatré anni, diplomata come tecnico dei servizi sociali e qualificata assistente di studio odontoiatrico, ho cambiato diverse volte strada, ma il bisogno di scrivere mi ha sempre seguito come se fosse la mia ombra.