“Siamo figli della roccia che abbiamo dentro alle vene.
Fieri di noi stessi anche senza appartenere”
(Vai fradi!)
“Vai fradi” (ReddArmy), è il primo album solista di Doro Gjat. Il rapper friulano, affiancato da Andrea De Candido, in arte Dek ill Ceesa e Macqs Rossi, nel 2016 è tornato con questo singolo per dare il via alla sua nuova stagione artistica da solista con molti featuring a seguito dopo una gavetta non indifferente con i “fradi” dei Carnicats con il volto rivolto allo “Zenit”.
“Voglio il sole allo zenit perché voglio le ombre sotto i miei piedi!
Ma se c’è il sole allo zenit e non alzi gli occhi è chiaro che non lo vedi!
Voglio il sole allo zenit perché voglio le ombre sotto i miei piedi!
Ma se c’è il sole allo zenit e non alzi gli occhi è chiaro che non lo vedi!”
(Zenit – Vai Fradi)
Doro Gjat, nell’album ma anche nelle sue canzoni, amalgama stili, suoni e persino lingue diverse, tra cui il friulano. Non emula nessuno, ma ricerca sempre quel dettaglio tra l’originale e la propria storia che rende uniche non solo le sue tracce ma anche le loro stesse sonorità, proponendo qualcosa di davvero originale e diverso all’ascoltatore. Collaborando infatti con musicisti di estrazioni e musicalità totalmente differenti ha creato un mash-up unico nel suo genere limitando i campionamenti al minimo e ha prediletto invece gli arrangiamenti originali.
Il momento è ora: una canzone di rinascita
“La vita è cagna, ma spero se la goda”
Questa canzone, mi è entrata nelle corde e nell’anima dalla prima volta che l’ho sentita ovvero durante l’esibizione live di Luca Dorotea (il suo vero nome) in occasione del megaconcertone del 1 maggio 2017 a Roma.
“Mandi Roma!!”
Ed è una delle tracce dell’album “Vai Fradi” La canzone ed anche il video mostrano la storia di formazione e crescita di un ragazzo che vive in uno di quei paeselli dove non c’è molto da fare. In questo caso il video è stato girato a Tolmezzo in Friuli (che diventa parte integrante non solo della scena ma anche della canzone e dell’album in toto). Il racconto della vita di provincia, che non si ferma solo a questa canzone, ma viene ben descritta in friulano anche in altre tracce come Paisan, quella dove gli svaghi, i passatempi e i momenti con gli amici si vivono spesso tra le mura di un oratorio, posti di ritrovo azzardati in piazza, o sopra i motorini fuori dal cancello di casa.
” La notte è buia, è l’alba che sarà rosa
Aspettavamo il sole, aspettiamo ancora”
Ma se non sei dentro quei giri, ecco resti un po’ fuori da tutto e ti senti un estraneo. Le montagne e il territorio, la cultura fanno da sfondo al messaggio che la canzone vuole far arrivare all’ascoltatore. L’accezione dell’emarginato vive il dualismo tra il micro argomento della vita di provincia a confronto di quella nella grande città che ne fa da capoluogo e il macro argomento dell’anima sola di un ragazzo (o di una ragazza) che si ritrovano a vivere in un mondo privo di stimoli. E che cercano al di fuori la bellezza che gli sembra di non aver mai conosciuto. In un modo o nell’altro l’evasione avviene. Ed il modo è quello che conosciamo un po’ tutti: le cuffie nelle orecchie. Esse infatti sono la metafora di un’unica meravigliosa via di fuga. Il ragazzo osserva da spettatore il mondo che lo circonda e le persone che ne fanno parte in modo passivo. Tutti sembrano ignorarlo.
“Ma come sto?
Adesso meglio
Sono sincero
Anche se ho ancora quel sogno che rincorrevo
A 300 all’ora infrangendo ogni tuo divieto
Il momento è ora e no che non torno indietro”
La svolta avviene solo quando quest’ultimo decide di acquistare un microfono e da semplice spettatore e ascoltare di sogni decide di prendere coraggio e uscire fuori dal suo guscio di protezione che paradossalmente non è il limite di una provincia, bensì la paura di esporsi. La sua quotidianità subisce una svolta in positivo e il suo paese, a nord est, non gli sembra più lo stesso noioso posto di sempre.
La canzone si conclude con una parte tutta in dialetto friulano che recita cosi:
“Cencia flat e cencia pinsirs
Come devant di una maravea
A lì dongja ancje se no tu mi viodis
Ome soreli tant ca nevea”
E racconta l’incanto che a volte ci sfugge del nostro essere esattamente quello che siamo, figli di una provincia che è un limite che ci imponiamo da noi e basta. Eppure il cambiamento, la luce, il sole, sta dentro il nostro essere più profondo e non è un confine da superare. Non sono le persone che ci stanno intorno, siamo noi, il nostro obiettivo e la bellezza della nostra storia, che passa anche dalla realtà che viviamo ogni giorno.
Siamo sempre una meraviglia, anche se non lo vediamo, come il sole quando nevica.
Mi chiamo Alessia, scrivo per difendermi, per proteggermi e per dare una mia visione del mondo, anche se in realtà io, una visuale su tutto quello che accade, non ce l’ho, e probabilmente non l’ho mai avuta. Ho paura di ritrovarmi e preferisco perdermi.
Culturalmente distante dal pensiero comune. Emotivamente sbagliata. Poeticamente scorretta. Fiore di loto, nel sentiero color glicine. Crisantemo all’occorrenza. Ho più paure che scuse. Mi limito a scrivere e leggere la vita. Mi piace abbracciare Biscotto, anche da lontano. Anche se per il mondo di oggi sembra tutto più difficile.
Scrivo per questo magazine da circa un anno. Ho pubblicato anche un libro ( ma non mi va di dire il titolo perché qualcuno penserebbe “pubblicità occulta”). Ho aperto un mio blog personale: “Il Libroletto” dove recensisco libri per passione.