E siamo giunti alla quarta serata di Sanremo.
Il 28 settembre del lontano 1992 andava in onda la primissima puntata di Karaoke. Alla conduzione, un Fiorello 32enne regalava 5 minuti o poco meno di celebrità a chi, durante lo show itinerante, si presentava in piazza con una buona dose di autostima e voce. Il vincitore veniva quotidianamente decretato dal pubblico in base all’apprezzamento misurato con dubbia precisione da un applausometro sottoforma di grafica cheap in tv. In premio un Cantatu.
Amadeus nella quarta serata del Festival, ci ripropone una versione pomposa e dispensiosa dello stesso format: il Karaoke di Sanremo, una calamita per nostalgici, un’occasione per far rivivere vecchie edizioni e vittorie, artisti dimenticati o celebrati con medley acchiappa-applausi della gioventù che fu.
Una costante, quella dei ’70, ’80 e ’90 che vengono ripresi, campionati, bistrattati, celebrati, con l’inserimento di cosiddette “barre” rap, offrendone una versione caciarona.
La platea dell’Ariston in fermento viene aizzata da quelli che scavalcano le poltrone alla Benigni, mostra la chiara emozione mista a imbarazzo per quelli che invece le emozioni non sanno dosarle, si alzano in piedi, per divertimento, standing ovation spontanea o sfinimento. Una serata di cui avremmo potuto fare a meno, dando retta a Morfeo che da giorni cerca di attrarci a sè senza risultato.
Gli ospiti, che però superospiti non sono, con il pretesto di dover accompagnare il cantante in gara si autoproclamano tali, rinfrescando la memoria a quella decina di milioni di italiani con un medley delle loro canzoni più celebri.
Quando ci va bene
Quando ci va bene, ci ritroviamo ad ascoltare un lavoro ben fatto di produzione e riarrangiamento, personalizzazione e adattamento all’artista, nel totale rispetto della versione originale. Un lavoro credibile, serio e di impegno interpretativo, quello di Mengoni ed il Kingdom Choir tra gospel, black e soul; Manuel Agnelli e gIANMARIA, Lazza ed Emma Marrone, Giorgia ed Elisa (che vincono facile con un pezzo a testa preso dal loro repertorio) Levante e Renzo Rubino e, perchè no Colapesce e Dimartino con l’elegante delicatezza italofrancese di Carla Bruni.
Quando ci va male
Quando ci va male, le voci dell’ospite e del cantante in gara si fondono in un caotico coretto, in cui tutto pare essere lasciato al caso. Un’improvvisazione di piazza che svilisce talento ed esibizione ridotta ad un “Su le mani!” e applausi fuori tempo. Una festa tutt’altro che sobria, con imbarazzo e autotune nei momenti meno opportuni.
Non manca all’appello l’esibizione solista travestita da duetto: in questo caso è l’ospite a brillare di luce propria, mentre il collega in gara zompetta qua e là, prende tempo, spacciando per interpretazione personale qualche rara incursione vocale, accettando di buon grado l’inutilità della sua presenza sul palco, nella speranza di racimolare qualche voto in più a scrocco.
Un’idea di serata cover, quest’anno, che si adagia sull’effetto nostalgia. Piace perchè tocca quel tasto dolente nazionalpopolare sempre vivo in ognuno di noi. Ma a posteriori viene da pensare che ci saremmo accontentati anche di una puntata messa su last minute del format “Karaoke”, con Fiorello alla conduzione, rigorosamente in piazza, ma in versione vip.
Menzione speciale per un momento tanto discutibile quanto emozionante e punk: “Grazie per la tua voglia di vivere”, dice Arisa a Grignani alla fine di Destinazione Paradiso. “Abbiamo fatto un casino Gianlu’”.
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Laureata in marketing e masterizzata in comunicazione e altro che ha a che fare con la musica. Fiera napoletana, per metà calabrese e arbëreshë, collezionista compulsiva di vinili, cd o qualsiasi altro supporto musicale. Vanto un ampio CV di concerti e festival.