Prendi un talento poliedrico, mixalo con una buona dose di ironia, aggiungici un tocco di nichilismo ed ottieni Giacomo Casaula, un giovane napoletano di successo. Dal teatro alla musica, trovando il giusto compromesso tra le due arti, Giacomo è autore dell’ambizioso progetto del Teatro-canzone, una realtà tra prosa e canzoni, in cui i monologhi esprimono l’urgenza di voler trasmettere emozioni, sensazioni che il mondo che ci circonda evoca. Contro la massa, contro le mode passeggere e la costante voglia di approvazione, Casaula affronta con ironia (ma anche autoironia) le più disparate tematiche con la recitazione e la musica. “Nichilismi & Fashion week” è il suo ultimo lavoro musicale, un album che si pone a metà tra il cantautorato di Gaber e Rino Gaetano, strizzando l’occhio a Bianconi e Brunori Sas, canzonando l’indie pop italiano di Calcutta e TheGiornalisti.
Conosciamo e scopriamo insieme questo artista.
Chi è Giacomo Casaula?
Giacomo Casaula è un ragazzo di 28 anni, napoletano, che ha voglia di comunicare qualcosa, attraverso forme diverse e stimoli sempre nuovi.
Fin dall’adolescenza, il teatro occupa una posizione di rilievo nella tua vita. Come hai cominciato ad avvicinarti a questa realtà?
Ho iniziato a 14 anni con il laboratorio teatrale del mio liceo (Liceo classico Marco Galdi di Cava de’ Tirreni). Ricordo sempre con grande entusiasmo quei venerdì pomeriggio dove il tempo sembrava scorrere velocissimo con emozioni sempre nuove che divampavano improvvise e una voglia di mettersi in gioco sempre più alta. Insomma lì ho capito che l’andare in scena, il provare, erano ossigeno vitale. Non ho smesso più.
Nonostante la tua giovane età, sei riuscito a collezionare soddisfazioni in diversi ambiti artistici; anche la musica, infatti, ha trovato spazio nel tuo percorso, senza mai oscurare la prima passione, il teatro. Parliamo dell’ambizioso e riuscitissimo progetto del Teatro-canzone. Com’è nata quest’idea?
Il Teatro-canzone l’ho scoperto verso la fine del 2012 vedendo alcuni spettacoli di Giorgio Gaber, il papà di questo genere drammaturgico insieme a Sandro Luporini, su YouTube. Ho scoperto con grande piacere che il Teatro-canzone riusciva a mescolare il Teatro e la canzone d’autore in un’alchimia incredibile che non stancava mai e permetteva di affrontare determinati contenuti, di spaziare a 360 gradi, di rivolgersi anche a una fetta di pubblica non elitaria, insomma una miscela esplosiva e perfetta che ho sentito subito mia.
Nichilismi & Fashion Week raccoglie 13 brani, in bilico tra l’indie ed il cantautorato vecchia scuola. Testi ironici, pungenti, tutt’altro che superficiali. Quali sono le tue influenze musicali?
Oltre a Gaber già citato un altro punto di riferimento, inarrivabile ed inavvicinabile, è stato sicuramente Rino Gaetano, il mio primo grande amore musicale. Poi tutta la scuola cosiddetta d’autore italiana da De André a De Gregori passando per Dalla, Bennato, Finardi, Daniele ecc. Negli ultimi anni ho poi approfondito settori diversi, la canzone d’autore francese, in particolare Serge Gainsbourg, il britpop degli Oasis, e tutta quella fetta che è stata poi ribattezzata indie-pop dai Thegiornalisti e Calcutta fino a Brunori Sas e Colapesce. Infine e per me fondamentali la musica e i testi di Francesco Bianconi e dei Baustelle.
“Preferiamo Nichilismi misti a Fashion Week” recita la canzone “Indie e De Gregori”. Il brano sembra fare il verso a ciò che oggi si definisce “indie”, strizzando l’occhio alle sonorità dei Baustelle da un lato, citando Calcutta, Colapesce e i Cani dall’altro. Qual è il messaggio dietro l’ironia del brano e del video?
C’è grande ironia, un’ironia contrastiva oserei dire. La seriosità del testo e della musica sono in realtà uno sfondo di grande amarezza sia per quello che è stato definito indie-pop, che più che un genere vero e proprio appare una grande etichetta mediatica, sia per la generazione a cui appartengo che appunto molto spesso sembra muoversi tra nichilismo e fashion week. Non manca chiaramente l’autoironia visto che a volte anche io mi sento un po’ nichilista. Il video infine, ideato e diretto da Stefano Poletti, rimanda in maniera parodica al videoclip di ‘Del verde’ di Calcutta.
Altro pezzo di punta del tuo album è indubbiamente “Yuppie ’92”. Di che parla?
Yuppie ’92 è la storia di un ragazzo del sud laureato in economia che decide di spostarsi a Milano più per moda che per reale esigenza. Anche qui è un po’ uno specchio ironico e generazionale che si muove tra locali dei Navigli e negroni sbagliati, tra viaggi ad Amsterdam e Rio de Janeiro. Alla fine però per dare ascolto al capitale umano distorto e confuso, il nostro Yuppie perde una delle poche certezze che aveva, l’amore per Caterina.
La pandemia ha messo in stand-by il mondo dello spettacolo, dal teatro ai concerti, alle presentazioni. Hai di recente scritto un romanzo “Scie ad andamento lento” e sei attualmente impegnato in un secondo libro “A-mare”. Come stai vivendo questo difficile periodo, da scrittore e performer?
Non posso certo dire di viverla bene. Credo sia una sciocchezza quella di pensare che questo tempo possa essere guadagnato, questo tempo purtroppo è stato perso. L’altalena umorale è forte però posso dire che questo 2021 sarà un anno di ripartenza e di nuovi entusiasmi.
Teatro, musica, scrittura. Con quali progetti ci stupirai ancora?
Spero tutti e tre. Teatro, canzone e scrittura sono vasi comunicanti, almeno nel mio caso e ci sono tante novità che stanno fiorendo e che non vedo l’ora di condividere al più presto!
Ringraziamo Giacomo e segnaliamo “Indie e De Gregori”, il pezzo che ci è piaciuto di più del suo disco
Laureata in marketing e masterizzata in comunicazione e altro che ha a che fare con la musica. Fiera napoletana, per metà calabrese e arbëreshë, collezionista compulsiva di vinili, cd o qualsiasi altro supporto musicale. Vanto un ampio CV di concerti e festival.