L’ecosistema pugliese non smette di sorprendere. Nelle profondità del mar Adriatico, a circa 40 e 70 metri dalla superficie, c’è un vero e proprio “Tesoro dell’abisso”. A fare questa scoperta è stato il direttore del Dipartimento di Biologia dell’Università di Bari, Giuseppe Corriero. Si tratta, di fatto, di un ecosistema che si estende da Bari a Monopoli, fino ad arrivare verso nord, toccando addirittura le isole Tremiti, ma non solo. Passando per Otranto, fino ad arrivare alle coste albanesi e del Montenegro, nel cuore dell’abisso pugliese c’è, di fatto, una preziosissima miniera di informazioni sottomarine costituite, accresciute dalla sedimentazione degli scheletri calcarei.
In particolare parliamo di una barriera corallina che si trova ad una profondità compresa tra i 30 e i 55 metri sotto il livello del mare, maggiore rispetto alle barriere coralline caraibiche o delle Maldive. Proprio perché si trova più in profondità rispetto alle barriere coralline più conosciute, la struttura di questa mediterranea è diversa: “Nel caso delle barriere delle Maldive o australiane i processi di simbiosi tra le madrepore, ossia gli animali marini che costituiscono i banchi corallini, sono facilitati dalla luce, mentre quella pugliese vive in penombra e quindi le madrepore costituiscono queste strutture imponenti di carbonato di calcio, in assenza di alghe“, ha dichiarato in un’intervista Giuseppe Corriero, aggiungendo: “C’è molto meno pesce e i colori dominanti sono più soffusi e dati da spugne policrome con tonalità che vanno dall’arancione, al rosso, al viola. Non ho dimenticato le polemiche – ricorda ancora Corriero – su quanto fosse corretto o meno parlare di barriera corallina. Chiamiamola, se si vuole, biocostruzione a coralli. Di sicuro risponde a un modello che rimanda a quello tipicamente equatoriale. Ovviamente, come ho già avuto modo di dire, la dimensione ecologica non è di barriere tropicali con squali e tartarughe marine, semmai di un ambiente con murene e dentici. Per capirci, quando definiamo una foresta possiamo far riferimento indifferentemente alla Foresta di Mercadante, alla Foresta Umbra e alla Foresta Amazzonica, sottintendendo livelli di complessità ecologica e di biodiversità con ordini di grandezza diversi. Tutte però hanno un modello di sviluppo ecologico simile e sono aree di alta diversità ecologica. D’altra parte chiamiamo barriere coralline, senza che nessuno si indigni, costruzioni, comprese quelle equatoriali, che dovremmo in realtà definire barriere madreporiche». Per questo i colori che si vedono nelle fotografie della barriera corallina pugliese sono meno accesi. Somigliano però a quelle della barriera corallina del mar Rosso, a sua volta più in profondità rispetto a quelle australiane e caraibiche.
Ai pugliesi certo potrebbe valere un’opportunità in più, se già non ce ne fossero a sufficienza in termini di bellezza del territorio, di attrarre nuovi turisti.
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