Sex worker – I lavoratori sessuali moderni in Italia e nel Mondo

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Nel 1958, con l’entrata in vigore della legge Merlin, le cosiddette case di tolleranza hanno chiuso per sempre, accentuando le problematiche relative alla prostituzione, “lavoro” già di per sé critico e di difficile gestione. Migliaia di persone hanno manifestato il proprio dissenso, ponendosi innumerevoli interrogativi: lasciare i lavoratori sessuali a sé stessi, senza regolamentazione alcuna, non è forse più pericoloso e degradante? Chiudere gli occhi di fronte all’evidenza e crogiolarsi in una sorta di proibizionismo all’italiana non è peggio che prendere la situazione in mano per tutelare i cittadini?

Negli anni il dibattito è tornato attuale in tantissime occasioni, senza mai scatenare la reazione adeguata. Tuttavia, nonostante il mancato intervento dello Stato, questo mestiere è cresciuto e mutato assieme alla società, dando vita a diverse forme di mercificazione del corpo, spesso consenzienti. Come già ribadito qui, è necessario discernere tra lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione e la libera scelta di utilizzare il proprio corpo come meglio si crede, facendo un doveroso distinguo tra prostitute e operatori sessuali. I sex worker – termine utilizzato oggi perché meno stigmatizzante – sostengono di mettere in pratica il libero arbitrio e si appellano al diritto di libertà sul proprio corpo. La tematica è di sicuro controversa e – perlomeno qui in Italia – viene ancora affrontata con riluttanza. 

 

Ma come viene vissuto questo particolare lavoro da chi lo sceglie consapevolmente? E quali sono le differenze con il resto del mondo? Ho intervistato Ninfea*, autrice del blog Diario di una ninfomane, sex worker BDSM e Jennifer*, ex cam girl di Chicago.

Cominciamo dal principio: parlami di te, chi sei, cosa ti piace al di là del tuo lavoro?

N: Mi chiamo M., ho 25 anni e sono una ragazza normalissima. Mi piace uscire, leggere, guardare serie TV e ascoltare musica.                

J: Ciao! Ho 28 anni, amo l’arte, la musica, i cosplay, leggere e giocare ai videogiochi.

Quando hai intrapreso questo tipo di carriera? È stato casuale o hai programmato tutto?

N: È iniziato così per caso. Già praticavo il BDSM ma senza farmi pagare. Poi ci ho riflettuto e ho deciso di farlo diventare un lavoro. 

J: Ho iniziato a 19 anni, più che altro per curiosità.

Parlami della tua giornata lavorativa tipo, la tua routine. 

N: Non ho una giornata lavorativa tipo, mi accordo con il cliente per fare un incontro a tale ora e ci vediamo. Prima dell’incontro preparo il tutto, disinfetto e sterilizzo sex toys e oggettistica varia.

J: Solitamente, mi svegliavo, facevo una buona colazione, mi truccavo e vestivo al meglio e pensavo a che tipo di video e foto fare quel giorno e, dopo averle fatte, le postavo sui social che utilizzavo per lavoro e rispondevo ai commenti dei fans. 

Che tipo di servizi offri?

N: Sessioni BDSM, incontri con feticisti dei piedi, sexting, sex cam, dominazione finanziaria, raramente rapporti sessuali. 

J: Oltre ai video e alle foto classiche, realizzavo anche audio ASMR e facevo spettacoli sessuali via webcam.

Come funziona una tua sessione di lavoro?

N: La sessione viene accordata prima. Appena arriva il cliente, gli offro qualcosa da bere e lo metto a suo agio, poi parliamo un po’ e mi faccio ripetere i suoi limiti e la sua safeword, infine mi faccio pagare e iniziamo l’incontro.

J: Quando facevo spettacoli via webcam, spesso offrivo un “menù” dove chi guardava poteva scegliere quello che preferiva. Questo comprendeva ovviamente richieste sessuali, ma anche canzoni o la possibilità di farmi domande personali. Le persone spesso amano stabilire una connessione con le camgirl.

Quali sono le richieste più strane che hai ricevuto?

N: Non considero nulla strano. Tra le richieste più particolari, c’è stata quella di schiacciare insetti con i piedi. Un’altra volta, invece, mi è stato chiesto di fare dei video in cui sgozzavo dei peluche.

J: Una volta mi è stato chiesto di  controllare virtualmente una macchina che rilasciava scariche elettriche ai testicoli del cliente. Un altro cliente voleva coprire la mia testa con del sorbetto all’arancia. Ma dopo molti anni, non c’è niente che io consideri davvero strano: la sessualità umana è per tutti differente. Mi piace l’idea di dare la possibilità alle persone di esplorare i propri desideri.

Utilizzi degli strumenti del mestiere?

N: Preservativi, lubrificante e spray disinfettante per gli oggetti innanzitutto.

J: Sì, utilizzo un set di luci ed una luce circolare. Ho anche vari sfondi e strumenti che uso ogni tanto per dare un po’ di varietà. Prima usavo anche una telecamera professionale, ma ho capito che i clienti preferiscono i lavori amatoriali. Utilizzo anche dildo e simili.
Successivamente uso vari tipi di frusta, candele, dildo, vibratore, corde, collare e guinzaglio, cavigliere, manette, gabbie di castità, plug anali e molto altro.

Hai un costume di scena?

N: No.

J: Sì, molto spesso indosso il costume di un personaggio della TV o di un anime.

Quanto prendi mediamente a prestazione?

N: Per le sessioni online dai 30 euro in su, mentre per gli incontri reali partiamo dagli 80 euro.

J: Dipende da cosa faccia durante la sessione e dalla fortuna. Spesso si crede che il sex work faccia guadagnare soldi facilmente, ma spesso non è così.

Con che tipo di persone hai a che fare?

N: Ho clienti di tutti i tipi: c’è chi vuole provare per la prima volta, ci sono gli uomini di mezz’età che amano essere sottomessi dalle ragazze più giovani, ecc.

J: Ho avuto a che fare con tantissimi tipi di persone differenti: figli di celebrità, persone sposate, coppie, ecc.

Quali sono le problematiche maggiori a cui vai incontro?

N: Mi è capitato di incontrare persone che omettessero dettagli significativi sulla propria salute, rischiando di mettere in pericolo sia me che loro stessi.

J: Le persone su internet possono essere veramente crudeli e quando fai questo lavoro devi avere la tua corazza. Può capitare di incontrare stalker o simili.

La sicurezza personale è un problema? Come lo gestisci?

N: Fortunatamente faccio una buona selezione all’inizio, mi è capitato una volta sola che ho avuto una bruttissima esperienza. Me ne sono semplicemente andata, e non faccio sessioni al di fuori di dove vivo e al massimo in albergo.

J: Sono molto selettiva e uso sempre location differenti. Cerco anche di non includere nell’inquadratura dettagli che possono portare a me.

Le persone vicine a te conoscono il tuo lavoro? È un tabù o va bene parlarne?

N: Faccio tutto alla luce del sole, i miei amici ne sono al corrente, mia sorella lo sa. Le uniche persone a cui non l’ho detto esplicitamente sono i miei genitori.

J: Parlo del mio lavoro con amici e parenti solo se me lo chiedono, perché ho capito che non tutti amano parlare di sesso apertamente.

Hai difficoltà a parlare in pubblico del tuo lavoro?

N: Quando mi chiedono che lavoro faccio e vedo che la persona non è bigotta rispondo semplicemente “di giorno la promoter e di sera la misstress”.

J: Molte persone hanno accettato il mio lavoro tranquillamente. Vivere negli USA aiuta in questo senso.

Credi che la società accetti il tuo lavoro come un lavoro qualsiasi? Credi che ci sia ancora lavoro da fare in questo senso?

 N: No, assolutamente non è visto come un lavoro qualsiasi. È pieno di pregiudizi e non è per niente regolamento a livello di tasse e contributi Inps. Non siamo in nessun modo tutelati.

 J: Io credo che  i politici non dovrebbero entrare nel merito della vita privata di ognuno. Credo sia necessario legalizzare questo tipo di lavoro.

Come pensi che potrebbe migliorare la tua vita lavorativa? Maggiori tutele statali ecc? Cosa può essere fatto a livello politico a riguardo?

N: Per migliorare la situazione bisognerebbe mettere in atto varie riforme tra cui legalizzare la prostituzione volontaria, riaprire le case chiuse, creare una partita iva apposta o comunque un modo per permettermi di pagare tasse e contributi.

J: Recentemente negli USA è passata la legge chiamata SESTA/FOSTA che ha reso la vita di noi operatori sessuali più difficile. Non credo siano stati fatti dei passi in avanti in questo senso e sarebbe ora di cambiare rotta.

Come funziona la questione del consenso? Qual è la differenza tra una giornata lavorativa che non hai voglia di affrontare e la molestia?

N: Allora, se ho preso già un impegno con il cliente e io non sto in bene e decido di fare lo stesso l’incontro non la vivo come una violenza. Per m sarebbe una violenza se il cliente mi obbligasse. Fortunatamente non mi è mai capitato.

J: Per me la questione del consenso è molto importante. Molti uomini cercano di costringerti a realizzare le loro richieste anche senza la tua volontà e spesso sono costretta a bloccarli. Nel mio piccolo, ho cercato di “educare” i miei clienti al consenso, ma è molto difficile.

 Il tuo lavoro ti soddisfa?

 N: Assolutamente sì, sto realmente valutando la possibilità di dedicarmi solo a questo.

 J: Ho amato questo lavoro. Nonostante non credo sia un lavoro adatto a tutti, devo ammettere che è stato spesso divertente.


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