Pasticca Lunare

La Pasticca Lunare: come gliele canta la letteratura a Sailor Moon?

Bentornati miei cari impasticcati. Oggi ci occupiamo di cose dell’altro mondo, o meglio di altri satelliti. Ebbene, eccoci alla nostra prima (e ultima) Pasticca Lunare. No, non sto parlando dell’oroscopo di Branco e nemmeno di Armostrong. Sto parlando di quel satellite che spesso influenza le maree e gli zebedei agli uomini (ma anche alle donne) notoriamente conosciuto come “Luna” declinato nella nostra bella letteratura italiana.

Luna, etimologia e religione

Nella lingua italiana, la parola “luna” deriva dal latino “luna”. La sua  radice indoeuropea “leuk” o “luc” che significa “splendere”. Il termine latino, quindi, equivarrebbe ad una parola che viene tradotta “la luminosa”. Altri sostengono che il latino “Luna” sia la contrazione di “Lucina”, appellativo dato alle dee lunari Diana e Giunone allorché venivano in aiuto alle donne che stanno partorendo.

E la luna nella letteratura

La luna è uno dei simboli più magici relegati al viaggio, un vero e proprio miraggio quasi, un sogno. L’uomo è arrivato sulla luna, ma la fantasia e la grande immaginatio di diversi autori dei secoli passati vagava e arrivava fino al meraviglioso corpo celeste, tanto vicino al nostro bel “pianetozzo”. Infatti come ben sappiamo, e abbiamo già trattato prima dell’allunaggio avvenuto, solo l’altro ieri il  buon Ludovico Ariosto immagina un viaggio intergalattico fino al satellite lunare ed è Astolfo a raggiungere la luna, per andarsi a riprendere la cabeza! Ciò avviene  nel XXXIV canto dell’Orlando Furioso, Ma molti dei nostri grandi letterati parlarono della bellissima sfera alza maree e cogl…. ah no!

Dal 1969 alle colonne d’Ercole

Ma partiamo dai nostri giorni. Appare chiaro che il primo passo sulla luna è stato mosso esattamente il 20 luglio 1969 , quando ci fu proprio la prima impronta sul suolo lunare, ma la luna quell’impronta nella nostra testa e nelle nostre pagine l’aveva già lasciata, anche moltissimi (issimi, issimi) secoli prima, precisamente nel secondo secolo dopo la venuta di Jesus.

Luciano di Samosata, immaginava per il suo trattato: “Una storia vera” un viaggio con una nave (speriamo non lo Concordia) sulla luna, oltre le colonne d’Ercole.

Il secondo canto del Paradiso di Dante

Pasticca LInare

Fonte: Il Giornale dell'arte

Il secondo Canto della Divina Commedia che tratta degli affari tra la Bice e il Dante, in Paradiso, appare al lettore quasi come un trattato sulla scienza lunare. O meglio ci vuole spiegare per quale ragione sul suole del nostro satellite ci sono delle parti più scuri e altre parti meno chiare. Secondo il nostro Marcantonio della letteratura italiana, esse sono causate dalla diversa densità dei corpi. Beatrice, però, dà una spiegazione di natura metafisica al fenomeno: la maggiore o minore intensità degli astri o di parti di essi è legata al diverso grado di compenetrazione nei cieli della virtù angelica(e se non ne avete capito niente anche voi, chiedete delucidazioni direttamente alla Bice).

La Luna per Petrarca e Leopardi

Petrarca e Leopardi utilizzano il più grosso satellite dell’universo per spiegare i loro stati d’ombra, malinconia e tristezza, a tratti anche molto romantici. Soprattutto nei versi poetici del buon giacominco che ce la racconta ne “Il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia”, dove costui si chiede: “Che fai tu, Luna, in ciel? Dimmi che fai, silenziosa luna?” La luna, dunque, è una presenza amica e consolatrice, ove le luci si spengono dopo l’angoscia generata dalla coscienza del reale contrapposto all’eterno. Dal buio che imperversa quando arriva la notte.

Giuseppe Ungaretti e la sua Luna Nuova

All’alba dei nostri tempi chi racconta a parole l’esperienza di Armostrong sulla luna è proprio il caro Giuseppe Ungaretti, che con il suo “m’illumino d’immenso” ci ha fatto sempre molto sognare. Egli descriveva cosi quello che da sempre i più grandi poeti avevano immaginato di poter fare:

“Questa è una notte diversa da ogni altra notte del mondo. Ogni uomo ha desiderato da sempre conquistare la luna…oggi è stato raggiunto l’irraggiungibile, ma la fantasia non si fermerà…”

E voi la vostra Luna come la descrivereste? Come i poeti di allora? Come i poeti di oggi? O semplicemente come qualcosa d’inspiegabilmente stupendo, solo se visto da lontano?