(in foto, Zeus – Giove per i Latini -, che parteggia per i troiani ma nulla può contro i greci e sua moglie, Era)
Dicevamo, l’altra volta (clicca qui), che ‘sti dei, tutto sommato, non facessero niente dalla mattina alla sera. Non erano di certo liberi di influenzare la vita dell’uomo a piacimento: certo, potevano antropomorfizzarsi, magari ci scappava pure la storiella, ma di base erano tutti sottoposti al Destino, la nera Moira. Uno degli esempi più sfiziosi di quanto gli autori davvero credevano nelle divinità, invocandole persino per dapprima di redigere dei poemi, è il celeberrimo proemio dell’Iliade.
Cantami l’ira fatale di Achille, o Dea,
del figlio di Peleo, che dolori senza fine
portò agli Achei e molti grandi eroi,
pasto ai cani e agli uccelli di rapine,
trascinò nell’Ade. Così volle Zeus da quando
un odio pstinato divise il figlio di Atreo,
re di forti guerrieri, e il valoroso Achille.
Questa è la versione tradotta niente popò di memo da Salvatore Quasimodo, quello del “Ognuno sta solo sul cuore della terra / trafitto da un raggio di sole: / ed è subito sera” insomma. Il poeta di Modica aveva la fissa delle traduzioni e si dilettò persino nel portare al grande pubblico nostrano molte opere di William Shakespeare. Ma per ora, non è che ci interessi più di tanto. Tornando al Proemio, Omero – o chi per lui, ‘sta ‘na questione omonima aperta… – la compose di due parti che pure un analfabeta noterebbe: l’invocazione alla Dea e la protàsi, una sorta di mini riassunto dell’evento. Un po’ come la rubrica Pasticche Letterarie di Hermes Magazine. Ecco, potremmo asserire che la seguente sia una protàsi, un po’ più lunga. Un compendio meno noioso di quelli che usano gli studenti di Giurisprudenza insomma.
Ma chi era la Dea? Beh, Calliope. Costei ispirava e aiutava a fornire immagini alla mente di chi la invocava. Insomma, se siete scrittori, invocatela – o, se siete avvezzi all’esoterismo, “evocatela” – e fatevi suggerire che scrivere. Un po’ come Dio con Matteo, Marco, Luca e Giovanni. O forse, nel Nuovo Testamento, era mera ispirazione? Boh, vedremo nelle prossime puntate.
Nel frattempo, cerchiamo di vederci chiaro circa la questione omerica. No, non inerisce ai problemi ossei. Gli archeologi e i critici letterari ritengono, non di rado, che Iliade e Odissea non siano ascrivibili alla stessa tastiera. O penna. O calamaio, vallo a capì. In effetti, lo stile delle due opere è diverso. Provate a leggerle – tanto in tre-quattro giorni le terminate. Si trovano gli ebook gratis, scrocconi che non siete altro… – e ditemi se anche voi non abbiate percepito delle notevoli differenze di ambientazioni, di uso della scenografia, di narrazione delle battaglie con uno stile molto violento nell’Iliade e un tono pacifico ma non pacifista nell’Odissea. Insomma, finché non apparirà alcun comunicato stampa da Omero, potremmo farci l’idea che vogliamo.
Beninteso che, secondo taluni, Omero fosse cieco; in tal caso: chi diamine ha scritto ‘sti due mattoncini?