Com’è il Carosone di Andrea Sannino all’Augusteo?

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Cosa è cambiato dagli anni ’50 ad oggi? Il 5 novembre scorso l’Augusteo gremito di gente ha assistito al debutto di un’esperienza temporale, tra flashback e sprazzi di presente. Carosone l’americano di Napoli”, in scena dal 5 al 14 novembre al Teatro Augusteo di Napoli, è un condensato di anni ’50 vs anni ’20, trap vs musica napoletana, realtà vs fiction. Un coinvolgente omaggio all’immenso artista Renato Carosone.

La trama

Ad aprire la scena, un goffo ma determinato Fefè (Geremia Longobardo), giornalista ossessionato da Carosone, alla disperata ricerca di un elemento, un indizio che spieghi il motivo del suo ritiro dalle scene all’apice della carriera, allo scopo di realizzarne una fiction rivelatrice.

Il pubblico viene fin da subito trasportato nel mondo onirico del ragazzo dalle grandi ambizioni, ritrovandosi faccia a faccia con l’apparizione del grande Carosone (Andrea Sannino), uomo d’altri tempi, ma al passo con i tempi, che saggiamente fornirà al giornalista numerosi spunti per una attualissima sceneggiatura.

Coadiuvato dai compagni del celebre trio,  Peter Van Wood (Raffaele Giglio)  e Gegè di Giacomo (Giovanni Imparato) Carosone incanta, coinvolge e travolge la platea con il suo repertorio, svelando il lato romantico, sensuale e ironico dell’amore.

Nel sogno di Fefè, l’intreccio temporale apre più di uno squarcio sul presente, grazie al corpo di ballo delle Maruzzelle e dei Sarracini, coreografati da Ferdinando Arenella.  “Tu vuò fa l’americano” e altri grandi successi si prestano ad una temporanea trasformazione assumendo le sembianze di pezzi da club, per lasciare subito dopo spazio all’essenzialità anni ’50.

È  proprio qui che Andrea Sannino alias Carosone mostra il suo sorprendente talento: intrattiene, diverte e interpreta con carisma l’ampio repertorio d’autore, da Pigliate na pastiglia a Giuvanne cu ‘a chitarra, da vivaci medley a intime confessioni canore come Maruzzella, con i preziosi arrangiamenti di Lorenzo Hengeller dominando il palco teatrale come fosse da sempre il suo habitat naturale.

 L’inedito a sorpresa “‘A signora!”

Impossibile a fine serata non rimanere affascinati da ‘A Signora! l’inedito riscoperto che Carosone scrisse nel 1992 ispirandosi a Sharon Stone, icona indiscussa di sensualità.

Renato Carosone sembra aver fatto un viaggio nel tempo, un salto nel futuro, intuendo il segreto dell’eterna contemporaneità, al di là dei confini temporali.

Quindi, cosa è cambiato, anzi cosa è rimasto invariato dagli anni ’50 ad oggi? Federico Vacalebre, direttore artistico e Luigi Russo, alla regia, con “Carosone, l’americano di Napoli” ci forniscono un importante spunto per rispondere, lasciando la parola all’immenso patrimonio artistico di Carosone, all’insegna dell’eternità dell’arte, quella che con semplicità e con ritmo travolgente, racconta il lato romantico, sensuale e ironico dell’amore.

Il drappo pesante del sipario si abbassa, le luci si riaccendono. La platea è un brulicare di voci, risate commenti. Il palco rivive i passi pesanti di attori, ballerini e musicisti. Le pareti accolgono e trattengono piacevolmente il caotico entusiasmo del tanto atteso ritorno a teatro.


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