Il Canto di Natale, chiamato anche “Cantico di Natale”, “Ballata di Natale” o “Racconto di Natale”, è un romanzo semplice, breve e fantastico scritto nel 1843 di Charles Dickens. È anche una delle opere più famose e popolari nella letteratura straniera. È il più importante della serie dei Libri di Natale, una serie di storie che include anche “Le campane” (non ci è dato sapere se quelle da morto o giù di lì), “Il grillo del focolare” (famosissimo parente di quello parlante di Collodi), “La battaglia della vita” (come se non lo sapessimo della grande rottura di scatole che ci aspetta fuori dall’utero materno) e “Il patto col fantasma” (auguro con tutto il cuore che sia stato un accordo con Slymer oppure Casper, al protagonista).
Qualche chicca sull’autore
Fonte foto: the Art Newspaper
Appurato che di queste nozioni didattiche interesse ben poco alla maggior parte delle persone, partiamo dal presupposto che parlare di Carlino e della sua opera di maggior successo per me è sicuramente un grande onore. Ma chi è Carlino (per gli amici d’élite Charles o Charlie)?
Dunque cari lettori, sappiate che il Charlie ha fatto un sacco di cose, troppe anche per la sottoscritta. E’ stato anche il fautore di un romanzo alquanto conosciuto a puntate per un giornale britannico: David Copperfield. Che non si è ancora capito se si trattasse di un don Giovanni oppure di un simpatizzante di Mago Merlino. Nell’opera a fondo autobiografico si possono riconoscere personaggi e situazioni che lo stesso Dickens pare avesse vissuto in prima persona. Diciamo che fin dalla prima adolescenza il caro Dickens non è che abbia avuto chissà quale fortuna a livello familiare, non viveva una bella situazione da figlio e neppure da coniugato tanto che nel 1858 si separa definitivamente dalla sua sposa, screditandola sui giornali e accusandola di non aver mai saputo badare ai figli e alla famiglia, nonostante inizialmente pareva andassero d’amore d’accordo. Insomma la solita tiritera delle coppie sposate che dopo cinque anni e qualche figlio iniziano a sfracellarsi i cosiddetti di vivere sotto lo stesso tetto, perché la convivenza con figli e figlie non è sicuramente quella che ci propinqua la gallina del mulino di Antonio Banderas. Dickens continua comunque a mantenerla (e ci mancherebbe pure) e mette a sua disposizione una casa in cui possa vivere (che pare il minimo indispensabile, ma che non sempre è così scontato, perché gli stronzi sono ovunque). La moglie morirà dopo venti anni. E Georgina, sua sorella, si muove in suo aiuto negli ultimi anni della vita della povera Catherine. Voci di condominio parlano di un flirt tra Charles e la cognata (parte la sigla di Beautiful).
L’infelicità nel rapporto coniugale e la sua predisposizione a far diventare cervi le sue amanti e le sue spose si palesa anche quando, nel 1855, si reca ad incontrare una certa Maria Beadnell, il suo primo amore che, pur essendo sposata, sembra cada in (e sul) fallo di lui con un sonoro “oplà” nel rivivere il romantico ricordo che il Charlie ha di lei.
Il buon Dickens prima di lasciare questo mondo, decide di provare un’emozione forte che vada oltre il salto della quaglia e il giorno 9 giugno 1865 si trova coinvolto nell’incidente ferroviario di Staplehurst, nel corso del quale ben sei carrozze del treno sul quale Dickens viaggiava cadono rovinosamente da un ponte in riparazione; l’unica carrozza di prima classe che rimane sul ponte è proprio quella in cui si trova lo scrittore. Vedi tu che fortunello, questo Carlino.
La sua ora però giunge esattamente cinque anni dopo il disastro ferroviario che l’aveva visto coinvolto.
Negli ultimi mesi del 1865 si reca ancora in America per un giro di letture delle sue opere. Il suo stato di salute peggiora giorno dopo giorno. Alla fine gli viene diagnosticato un attacco di paralisi. Nel 1868, tre anni dopo pare essere risorto a vita nuovo e incurante dell’eta che avanza continua il suo tour di letture in America, leggendo libri a sbafo ovunque: Filadelfia, New York, Baltimora e Washington. Voci di popolo dicono che abbia letto anche un libro di favole ad Andrew Johnson, allora presidente degli Stati Uniti per farlo addormentare e procedere con uno scandalo tipo Lewisky alla Casa Bianca con la consorte dell’allor capo di stato. L’ anno successivo fu un anno difficile per le sue cornee in quanto lessero circa 72 delle 100 letture pubbliche che aveva intenzione di fare. Tanto che il suo medico, Francis Beard, (che evidentemente ne aveva capito qualcosa dell’avanzare dell’età) gli consiglia vivamente di cessare le letture e l’utilizzo del viagra preistorico, pena gravissimi danni al suo fisico e di salute mentale di tutti. La raccomandazione del dottore sortisce un buon effetto e le condizioni di Dickens migliorano. Tuttavia nel 1870 aumenta la frequenza dei fastidi ad un piede e l’8 giugno è colto da uno svenimento causato da un’emorragia cerebrale. Morirà alle ore 18.10, esattamente a cinque anni di distanza dal tragico incidente tra treni. Quando il destino non contento ti viene a ricercare e ti trova anche senza foto segnaletica.
Il canto di Natale
dal film "A Christmas Carol" 2009
Ma ora parliamo dell’opera che più mi rende fiera di aver studiato di quest’autore durante i miei cinque anni di liceo: “Il canto di Natale” in inglese “A Christmas Carol”. Una novella, di poche pagine che racconta la notte della vigilia di un vecchio banchiere tirchio chiamato Ebenezer Scrooge, protagonista della favola. Scrooge, insieme all’ormai defunto amico Marley passa molti anni della sua vita dedicandosi alla tendenza di accumulare avidamente ricchezze su ricchezze, solo per sé stesso. Talmente infastidito dalla festività natalizie Scrooge non solo lavora ogni giorno con turni più lunghi di quelli degli operai nelle fabbriche, ma costringe il suo umilissimo impiegato contabile Bob Cratchit, al quale dà uno stipendio da fame, a fare altrettanto, obbligandolo a presentarsi al lavoro rimanendo in ufficio fino a molto tardi anche il giorno della Vigilia di Natale e il giorno di Santo Stefano concedendogli però con enorme risentimento di non lavorare il giorno di Natale.
Insomma oltre ad essere peggio del Grinch, quest’uomo aveva una grande qualità, che diciamo a molto gente di oggi non farebbe male: “il saper risparmiare”, per il lavoro potrebbe essere molto simile al carpentiere bergamasco. Solo che lo sappiamo tutti il troppo stroppia, e quindi, nella gelida sera, prima di festeggiare la natività, Scrooge fara’ degli incontri davvero speciali, che manco uno strafatto di lsd, si aspetterebbe.
Scrooge durante il percorso dal luogo del lavoro a casa non ricambia neppure i saluti e gli auguri degli abitanti del suo paese, scartando i poveri meglio di un difensore del Barḉa e del piccolo George figlio di William d’Inghilterra, ma….arrivato sulla soglia di casa, gli sembra di intravedere tra la neve, specchiato nel picchiotto del suo portone, il volto del defunto socio in affari Jacob Marley, morto esattamente sette Vigilie di Natale prima, visione che lo turba profondamente (e come dargli torto). Il povero Marley lo segue con le sue lunghe catene e i piombi ai piedi, fino alla sua camera, dove Scrooge tenta invano di addormentarsi ma,… quella notte, non sarà cosi facile addormentarsi e risvegliarsi come il giorno prima. Con la visita di tre spiritelli simpatici (ma non del tutto) Scrooge si ricorderà di chi è stato, di che cosa è diventato e di che cosa potrebbe essere se riuscirà almeno a cambiare le ombre del suo presente.
Una sorta di redenzione romanzata come siamo stati abituati a leggere anche nella Divina Commedia, solo che qui, invece di un viaggio ultraterreno abbiamo la possibilità di viaggiare nella storia personale del protagonista.
Il “Canto di Natale” ha aperto la strada per una vera e propria filosofia del racconto del periodo, facendolo diventare un piccolo genere letterario a sé stante, di cui poi si sono impossessati anche scrittori ed anche molti registi: insomma diciamo che Dickens è stato il pioniere di “Una poltrona per due” e forse ha fatto molto meglio.
Mi chiamo Alessia, scrivo per difendermi, per proteggermi e per dare una mia visione del mondo, anche se in realtà io, una visuale su tutto quello che accade, non ce l’ho, e probabilmente non l’ho mai avuta. Ho paura di ritrovarmi e preferisco perdermi.
Culturalmente distante dal pensiero comune. Emotivamente sbagliata. Poeticamente scorretta. Fiore di loto, nel sentiero color glicine. Crisantemo all’occorrenza. Ho più paure che scuse. Mi limito a scrivere e leggere la vita. Mi piace abbracciare Biscotto, anche da lontano. Anche se per il mondo di oggi sembra tutto più difficile.
Scrivo per questo magazine da circa un anno. Ho pubblicato anche un libro ( ma non mi va di dire il titolo perché qualcuno penserebbe “pubblicità occulta”). Ho aperto un mio blog personale: “Il Libroletto” dove recensisco libri per passione.