“Carrie”: il primo libro di Stephen King

Fonte foto: Libri & Cultura e Bompiani

 

Cos’è successo dopo?”

“Dopo? Be’, dopo aChamberlain è arrivato il demonio.”

 

Il 19 agosto 1966 a Chamberlain, una piccola città del Maine, succede un fatto curioso. Una pioggia di pietre cade dal cielo su Carlin street, provocando piccoli danni all’abitazione della signora White. Fuori, in giardino, c’è sua figlia di 3 o 4 anni, Carrie White, che guarda torva la sua vicina di casa crogiolante al sole. Già a quell’età, Carrie ha qualcosa di inquietante nei suoi occhi; Stella Horan, intervistata qualche anno più tardi, lo ricorda ancora. 

 

Da quel giorno, la bambina non ha più manifestato alcun sintomo della sua “malattia”, un qualcosa che sarebbe stato ricondotto banalmente a una sorta di instabilità psichica di carattere umano dalla Commissione White,  l’organo di investigazione deputato a svolgere le indagini riguardo alla catastrofe che avrebbe colpito la tranquilla cittadina di Chamberlain. Si tratta di telecinesi, qualcuno è stato abbastanza assennato da considerarne la possibilità.

 

A sedici anni, Carrie ha il suo primo ciclo. Accade a scuola, nelle docce, davanti a tutte le sue compagne. Lei sanguina, piange sgomenta sul pavimento mentre le altre la mettono alla berlina tirandole addosso assorbenti come se fosse un fenomeno da baraccone. Lei è umiliata, triste e confusa. Perché sta sanguinando in mezzo alle gambe? Non sa nemmeno cosa siano le mestruazioni. Sua madre, un’invasata religiosa che crede che sua figlia sia frutto di un peccato inespiabile, non le ha mai spiegato nulla al riguardo. La maltratta spesso, costringendola a stare per ore e ore in uno sgabuzzino a pregare davanti a una luce azzurra, lasciandola affogare in mezzo ai suoi stessi escrementi. 

 

La signora White ricorda benissimo l’ultima volta in cui sua figlia ha perso il controllo, i suoi occhi la osservavano pregni di terrore. Carrie è triste, nessuno la capisce, viene schernita da tutti come un mostriciattolo brufoloso, figlia di fanatici cristiani. Tutti commetteranno lo stesso grave errore: dopo gli eventi che si verificheranno, Chamberlain non sarà più la stessa. 

 

“C’è una cosa che nessuno ha mai capito a proposito di quanto è successo a Chamberlain la notte del ballo studentesco”, commenterà poi Susan Snell, una dei superstiti.“Non l’hanno capita né la stampa né gli scienziati della Duke University, non l’ha capita nemmeno David Congress (sebbene ‘L’ombra che esplose’ sia l’unico libro decente che sia stato scritto sull’argomento) e di sicuro non l’ha capita la Commissione White, che mi ha usata come un comodo capro espiatorio. […] Davanti ai funerali di 400 persone e alla distruzione di un’intera città, è facile dimenticare una cosa: che eravamo dei ragazzini. Eravamo dei ragazzini che cercavano di fare del loro meglio…”

 

“Carrie” è il primo libro di Stephen King, ma potrebbe essere anche l’ultimo o uno di quelli scritti nel mezzo della sua eccezionale carriera. In effetti, fin dall’inizio lo scrittore dimostra di possedere già una penna matura, uno stile vissuto e chirurgico, lasciando a bocca aperta i lettori sia per la suspense e il brivido, sia per il modo di raccontare, fluido e avvolgente. Una particolarità da rimarcare è la sua abilità di rendere credibile un fenomeno paranormale: la realtà e il surreale si miscelano tra loro, al punto tale da cucire sulla pelle del lettore le sensazioni dei protagonisti, le gioie e i dolori, il grottesco sapore del terrore. Attraverso la sua narrazione, King rende plausibile immagini cui si assiste spesso al cinema e che sappiamo essere irreali; ma in questo libro, pur essendo consapevole di ciò, chi legge si immedesima nelle sensazioni di chi agisce, e un po’ lo comprende, sfiorando appena un senso di stupore frammisto a inquietudine. Più volte il lettore, nel percorrere le pagine del romanzo, si guarderà intorno con la parvenza di essere osservato o che qualcosa, da un momento all’altro, sbucherà fuori, o sentirà un’esplosione da qualche parte nel buio della strada. Riuscirà perfino a percepire le varie fasi del processo di degenerazione della psiche di Carrie White. Il lettore, così come la protagonista, sentirà uno strappo nella sua testa, un tonfo, una “flessione”, che sarà poi la premessa letteraria di quella “Luccicanza” (o “Shining” per gli anglofili) che diventerà un topos letterario.

 

E pensare che King non voleva nemmeno propore questo romanzo alle case editrici. È stata infatti la moglie Tabitha a convincerlo, poiché egli non riponeva particolare fiducia nella storia. Nel corso degli anni, “Carrie” è stato uno dei libri più censurati nelle scuole statunitensi. King, nel ringraziare la moglie per aver creduto in lui, e in quello che in origine era un semplice racconto, dice: “A Tabby, che mi ha fatto entrare in questo incubo, e poi me ne ha fatto uscire”.