La prefica: un lavoro davvero dell’altro mondo

È lunedì, la sveglia suona alle sei e, che tu lo voglia o no, sei obbligato ad alzarti e ad andare a lavoro. Il blue Monday è un trauma universale, ma che ne diresti se il tuo lavoro fosse considerato stravagante o sconosciuto ai più?

Secondo un antico proverbio, “chi piange il morto, indarno si affatica”. Chi si dispera per una persona che non c’è più, infatti, non ottiene nulla: la morte è irreversibile ed irreparabile. Tuttavia, esiste un’antica figura che potrebbe smentire questo modo di dire: la Prefica.

Origini di questo mestiere

La prefica è una persona che viene pagata per partecipare ai funerali e compiangere il defunto in modo teatrale. Pare che questo lavoro risalga addirittura ai tempi dell’Antico Egitto. Anche da noi è sempre esistito, in passato infatti era facile scovarne qualcuna durante le cerimonie funebri, soprattutto nel Sud Italia: spesso si trattava di donne, disposte a calarsi nella parte così bene, da battersi il petto, tirarsi i capelli e graffiarsi la faccia. Venivano chiamate anche chiangimorti, vestivano abiti scuri in segno di lutto, avevano un velo sul volto, e intonavano canzoni e lamenti in dialetto adatti all’occasione. In alcuni paesi, a sfilare dietro al feretro piangendo erano i bambini, ancora meglio se orfani (e in quel caso a guadagnarci erano gli istituti che li ospitavano).

La prefica oggi

Sebbene esistano testimonianze recenti di questo rito, la pratica di onorare il morto con canti e dolore a pagamento sembra quasi estinta in Italia. Tuttavia, in alcune zone dell’Europa e dell’Oriente, esistono uomini e donne che fanno ancora questo lavoro dell’altro mondo. In Cina e Giappone, è ancora possibile guadagnare per presenziare ai funerali degli sconosciuti e mostrare rammarico. Lo stipendio si aggira attorno ai 25 mila euro annui e le richieste provengono per lo più dalle zone rurali, in cui le tradizioni resistono al passare del tempo e alla modernità.