Fonte foto: Comune.Cuneo.it
Se c’è un teatro che possa a buon titolo definirsi “dei cittadini”, questo è il Teatro Toselli di Cuneo, creato nel lontano 1803 proprio grazie alla volontà di trentanove intraprendenti cuneesi.
All’epoca e per tutto il ‘700, le rappresentazioni teatrali nella cittadina erano allestite in teatri occasionali, spesso all’interno di palazzi nobiliari. L’insediamento dei francesi, che aveva avuto tra le conseguenze lo scioglimento degli ordini religiosi, in applicazione della loro legislazione, aveva reso provvidamente disponibile il convento e l’annessa chiesa dei frati Cappuccini, proprio nel momento in cui stava nascendo l’esigenza di donare una pianta stabile al teatro. Cogliendo quindi l’occasione al balzo, un gruppo di volenterosi abitanti di Cuneo, riunitosi nella “Società degli Azionari”, in accordo con il Comune, decise di trasformare gli spazi dell’edificio in sala per spettacoli.
Al prezzo annuale di 200 lire del tempo, il Municipio affittò l’ex-chiesa e, con l’aiuto economico dell’associazione dei cittadini, incominciò i lavori di trasformazione del luogo in spazio atto alle rappresentazioni. Dopo nove mesi, il teatro fu inaugurato con la messinscena della commedia Teresa Vedova, cui seguirono innumerevoli altre di autori importanti quali Federici, Goldoni, Pindemonte, Alfieri, Voltaire e Avelloni, a volte seguite da una farsa brillante, a volte da un ballo mascherato.
Una curiosa abitudine che durò a lungo – e che sicuramente in molti, visto il periodo complicato, amerebbero rimettere in funzione – era quella delle “recite a benefizio” della prima attrice o del primo attore, cui veniva devoluto l’intero incasso.
Due altre curiosità di questa “prima versione” del Teatro Toselli attirano l’attenzione dello spettatore odierno:
- in platea non erano presenti poltrone, ma bisognava portarsi sedie pieghevoli da casa o, alla peggio, affittarle direttamente in loco;
- l’intervallo fra i due tempi di una pièce durava minimo un’ora, per dare la possibilità di recarsi alla vicina osteria e rifocillarsi.
Teatro Toselli - interno Fonte foto:Comune.Cuneo.it
Nel 1828 si decretò che gli spazi necessitassero una sana e robusta ristrutturazione: il Comune di Cuneo acquistò dalla Confraternita della Misericordia, che allora li possedeva, i locali e i siti annessi per affidare il progetto all’architetto Carlo Barabino, rinomato per aver realizzato il Teatro Carlo Felice di Genova.
Il giorno di Natale dello stesso anno il teatro, completamente rinnovato, riaprì i battenti, tra lo stupore del pubblico che ne ammirò l’eleganza degli stucchi dorati in stile impero e dei rivestimenti in velluto rosso. Per l’occasione fu messo in scena il Moisé di Rossini. La signorilità del nuovo decoro fu apprezzata anche, pochi mesi dopo, dal re Carlo Felice che, con la sua regal consorte, vi si recò per assistere alla rappresentazione di una commedia goldoniana.
Ulteriori migliorie al teatro furono approvate dal Consiglio comunale cittadino:
- nel 1849 fu installato lo storico sipario (ora conservato al Civico Museo), dipinto dal milanese Gaetano Borgocaratti, che rappresenta l’insurrezione degli abitanti di Caraglio contro il feudatario del luogo e la loro conseguente fuga che, leggenda vuole, diede origine nel 1198 alla Città di Cuneo;
- nel 1852 venne avallato un progetto per l’affissione di un orologio nella parte ornamentale del teatro, l’allargamento del palcoscenico, una nuova illuminazione a gas, compresa di altrettanto nuovo e imponente lampadario.
Come il Teatro Civico si trasformò nel Teatro Toselli
Nel 1857 il cuneese Giovanni Toselli costituì la “Compagnia drammatica nazionale” con l’intenzione di portare il dialetto piemontese sul palcoscenico dei teatri. L’iniziativa conobbe un forte successo, sia sul posto sia in tournée, ma Toselli volle dimostrare la sua fedeltà e il suo amore per la città natale costruendovi a sue spese una struttura, inaugurata nel 1874 e chiamata “Teatro d’Estate”, poiché era attiva in particolare per i mesi estivi e con una serie di spettacoli più popolari rispetto a quelli normalmente di scena al Civico.
Nonostante i successi di queste rappresentazioni, a causa di forti problematiche economiche il teatro dovette essere ceduto al Comune di Cuneo che lo rilevò per 35 mila lire e, dopo la morte del celebre capocomico, lo rinominò in suo onore Teatro Toselli.
Teatro Toselli: Giovanni Toselli Fonte foto: Wikipedia
In seguito, a inizio ‘900, a causa del rovinoso incendio del Teatro di Nizza, il Civico venne chiuso per motivi di sicurezza e i suoi spettacoli trasferiti proprio nell’edificio dell’ex-Teatro d’Estate di Toselli. Durante il primo conflitto mondiale, il Teatro Civico cadde in completo abbandono, divenendo un deposito militare, mentre nel 1920 fu la volta del vecchio Teatro d’Estate di venir demolito, per far nascere al suo posto il nuovo Palazzo delle Poste.
Contemporaneamente alla fine dell’ex Teatro Toselli vennero iniziati alcuni lavori per consentire un’apertura limitata del Civico, che si decise ufficialmente di dedicare al grande attore dialettale cuneese con questa lapide:
“Mentre si abbatte il teatro eretto da Giovanni Toselli perchè sorga nella sua sede il palazzo delle Poste e dei Telegrafi, la città di Cuneo auspicando alla costruzione di un nuovo edificio degno del principe della scena piemontese, intitola al suo nome questo teatro glorioso di antiche tradizioni ad attestare che il ricordo di lui vive perenne nel cuore dei suoi concittadini – febbraio 1920”.
Il Civico Teatro Toselli fu riammodernato 7 anni più tardi dall’ingegner Cesare Vinaj e inaugurato solennemente il 12 maggio 1928 con la commedia I quattro Rusteghi.
Nel secondo dopoguerra il Comune concesse in locazione il teatro alla società che gestiva tutti i cinema cittadini: venne così sfruttato da privati per svariate iniziative, dalle feste goliardiche, ai lussuosi veglioni, dalle recite e concerti alle rappresentazioni di filodrammatiche dilettanti e/o studentesche.
Persisi un po’ l’anima più vera e significativa di questo luogo di cultura, il sindaco Tancredi Dotta Rosso nel 1966 decise di procedere con modifiche e innovazioni atte a ripristinare la natura originale del Teatro Toselli: la galleria fu ampliata, l’ingresso fu spostato al centro del teatro, ci furono altre migliorie al palcoscenico. E, una volta di più, l’araba fenice riemerse dalle ceneri e una nuova, ulteriore, solenne e sfarzosa inaugurazione ebbe luogo: il 5 ottobre 1968 con un’esaltante rappresentazione de Le Mosche di Sartre.
Da allora il teatro ha ospitato i più illustri e celebri attori italiani, importanti compagnie europee (nell’ambito della rassegna “Cuneo teatro alternativa”), alcune trasmissioni in diretta in prosa della RAI, e non solo.
Come ha affermato il regista Nanni Loy:
“Il teatro ha spezzato l’isolamento di Cuneo. La cultura ha ricollegato la città all’Italia, anticipando le autostrade, le ferrovie. Io dico che altre città avranno migliori strade, migliori illuminazioni od altro, ma non hanno certamente la luce, la tradizione, la fama, che circonda il Teatro Toselli”.
Scrivo da sempre. Da quando ancora non sapevo farlo, e scrivevo segni magici sulle tende di mia nonna, che non sembrava particolarmente apprezzare. Da quando mio nonno mi faceva sedere con lui sul lettone, per insegnarmi a decifrare quei segni magici, e intanto recitava le parole scritte da altri, e a me sembravano suoni incantati, misteriosi custodi di segreti affascinanti e impenetrabili, che forse, un giorno lontano, sarei riuscita a comprendere e che, per il momento, mi limitavo ad assaporare sognante. Sogno ancora, tantissimo, e nel frattempo scrivo. Più che posso, ogni volta che posso, su ogni cosa mi appassioni, mi incuriosisca o, più semplicemente, mi venga incontro, magari suggerita da altri.
Scrivo per Hermes Magazine e per altri siti, su vari argomenti, genericamente raggruppabili sotto il termine di “cultura“. Scrivo anche racconti, favole, un blog che piano piano prende forma, un libro che l’ha presa da un po’ e mi è servito a continuare a ridere anche quando tutti intorno a me sembravano impazzire (lo trovate ancora su Amazon, mai fosse vogliate darmi una mano a non smettere di sognare).
Scrivo perché vorrei vivere facendolo ma scriverò sempre perché non riesco a vivere senza farlo.
Scrivo perché, come da bambina, sono affascinata dal potere di questi segni magici che si trasformano in immagini, in pensieri, in storie. E, come da bambina, sogno di possedere quella magia che permette loro di prendere vita dentro la testa e nell’immaginazione di chi li legge.