Lo chiamano “Babyloss” ed in italiano lo si traduce con le parole “perdita di un bambino”. Oggi se ne celebra la giornata mondiale per sensibilizzarne la consapevolezza. In Italia, lo si traduce anche con “lutto perinatale” o meglio un dramma, di cui non si parla e non si racconta mai, abbastanza, -forse per troppa paura, perché certi dolori mica li puoi spiegare a voce, e mica tutti li possono comprendere- ma che accomuna più di 2 mila genitori l’anno solo nel nostro paese. Ogni giorno, proprio qui, infatti, secondo dati più o meno recenti, purtroppo muoiono circa 6 bambini di cui 3 entro i primi 7 giorni di vita.
Come farfalle, diventeremo immensità. L’immensità, sai, vola, vola con un soffio, vola in un unico respiro”.
Katia Zattoni
Cos’ è il lutto perinatale?
Non solo il lutto perinatale considera anche il periodo tra la 28ª settimana di gestazione fino ai primi sette giorni di vita del piccolo. La metà delle morti dei bambini avviene proprio in questo arco di tempo. Un dolore grande, che porta con sé non solo lacrime, ma anche tutto il post trauma e tutto il prima di. Perché dietro questi bimbi e questi genitori esiste già una storia pregressa. Spesso non semplice, ma a volte anche “normale”. Eppure succede. “Non c’è battito” “Non respira” e tutti si ferma. E’ il dolore intimo e straziante che vivono molte mamme e papà (che non vanno mai dimenticati) di bimbi che se ne sono andati troppo presto. Va capito, compreso, e raccontato, perché esiste, ed il mondo e le istituzioni mediche e non, hanno il dovere morale di prendere consapevolezza di tutto ciò.
Fonte foto: Carta de un angel a su madre
La consapevolezza del dolore
La consapevolezza è necessaria, fondamentale ed incredibilmente importante. Proprio per questo il 15 ottobre si celebra questa giornata. Per non spegnere la luce sul dolore e per far comprendere a tutti, dalle istituzioni agli ospedali, a chi si occupa in prima persona di queste nascite, passando anche dai parenti dei genitori, che bisogna dare un aiuto ed un supporto psicologico a chi sopravvive a questo trauma. Partendo e da un ambiente di cura (che sia ospedale, consultorio, pronto soccorso, ambulatorio specialistico) orientato ad un approccio “umano” e non solo medico, che può fare una grande differenza nel modo in cui i genitori elaboreranno la perdita del loro piccolo, cercando di conviverci in modo salutare nella loro quotidianità, nonché nel modo in cui essi affronteranno le gravidanze successive e la nuova genitorialità dopo una perdita come quella di un figlio appena nato.
La famiglia: un sostegno non sempre in grado di…
Questo dolore è da sempre un passaggio –che non passa mai– complicato e difficile, ma non insuperabile. La famiglia e gli amici dei genitori in lutto dovrebbero capire che la sofferenza non viene lenita dalla presenza di fratelli maggiori, e non diminuisce mettendosi subito alla ricerca di una nuova gravidanza. Va rispettato il tempo del dolore e dare spazio alle conoscenze intorno alla morte perinatale accaduta. Inoltre bisogna ricordare che la condivisione di questo dolore e il rispetto del bambino perduto, sono strumenti molto importanti che devono essere gestiti nella maniera più corretta, anche tra le mura di casa.
La situazione in Italia
In Italia è necessario attuare uno sforzo formativo per assicurare che tutti i professionisti in campo medico e non che interagiscono e sono a contatto con le famiglie colpite siano in grado di accompagnare il dolore, i bisogni ed i diritti dei genitori, per far sì che siano comuni e diffusi in ogni punto nascita ed in ogni terapia intensiva neonatale attraverso l’utilizzo di protocolli adeguati già adottati in anche altri paesi, che pongono al centro della mission l’accompagnamento della famiglia in lutto, e il rispetto del bambino che non c’è più. Dalla sua nascita fino alla sepoltura. Fino a non molto tempo fa, la ricerca scientifica non si è mai data da fare in questo campo. Soltanto in questi ultimi anni diversi medici e ricercatori hanno cominciato ad applicarsi e formarsi per lo studio delle cause sulla morte perinatale e sulle morti bianche (o in culla).
Ad oggi sta cominciando a divenire nozione comune l’idea che è necessaria una specifica ricerca scientifica per lo studio delle cause della morte perinatale e per la sua prevenzione.
L’impegno di CiaoLapo
Fonte foto: ATSNEWS
Per questa ragione, le attività volte a diffondere la conoscenza del problema, ad ottenere riconoscimenti amministrativi ed a condividere i risultati della ricerca scientifica non saranno mai troppe. Ma sono essenziali. In Italia, dal 2007 è nata CiaoLapo è una associazione non a scopo di fondata nel 2006 da Claudia Ravaldi, medico psichiatra e psicoterapeuta e Alfredo Vannacci, medico farmacologo. CiaoLapo da sostegno psicologico e assistenza alle famiglie che affrontano la complessa e dolorosa esperienza della morte di un bimbo durante la gravidanza o dopo la nascita, per qualunque motivo e a qualunque età gestazionale. L’impegno di questa associazione sbocca su molti fronti. Proprio per questo vi consiglio di dare un occhiata al sito.
E noi cosa possiamo fare?
Quello che si chiede di fronte a qualsiasi dolore dato da una perdita, è il rispetto, verso la vita altrui. Ogni genitore, ogni fratello o sorella, ogni nonno, ogni parente, ha diritto di viversi il proprio “stare male” come meglio crede. Piangere, sfogarsi, nel silenzio, nella raccolta, nella preghiera, nel parlare, nel non dire assolutamente nulla, ma ogni persona, ogni madre e ogni padre hanno il diritto di essere compresi.
L’aria che sa di cielo
«Perché chi viene alla luce, illumina…»
Non è un dolore che passa. E’ una sofferenza, una cicatrice che resta. E da questa cicatrice, non si guarisce. Ci si convive. Non bisogna, sminuire nulla, non bisogna mettere fretta. Non ricadere nella superficialità estrema di quel “Siete ancora giovani, siete ancora in tempo” “o “potete avere quanti figli volete”. No, non è vero, quel bambino era un figlio atteso, quello era uno di quei figli, era parte di una storia. Di una settimana? Di un mese? Di nove mesi? Poco importa, quel bambino, ha il diritto di avere la stessa dignità di un respiro. Soprattutto se quell’aria sa di cielo.
Mi chiamo Alessia, scrivo per difendermi, per proteggermi e per dare una mia visione del mondo, anche se in realtà io, una visuale su tutto quello che accade, non ce l’ho, e probabilmente non l’ho mai avuta. Ho paura di ritrovarmi e preferisco perdermi.
Culturalmente distante dal pensiero comune. Emotivamente sbagliata. Poeticamente scorretta. Fiore di loto, nel sentiero color glicine. Crisantemo all’occorrenza. Ho più paure che scuse. Mi limito a scrivere e leggere la vita. Mi piace abbracciare Biscotto, anche da lontano. Anche se per il mondo di oggi sembra tutto più difficile.
Scrivo per questo magazine da circa un anno. Ho pubblicato anche un libro ( ma non mi va di dire il titolo perché qualcuno penserebbe “pubblicità occulta”). Ho aperto un mio blog personale: “Il Libroletto” dove recensisco libri per passione.