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In Lombardia, precisamente situata in provincia di Bergamo, esiste una piccola città di nome Treviglio che vi consiglio di non perdervi. Grazie alle sue dimensioni ridotte è decisamente indicata per una breve gita fuori porta, magari in giornata oppure durante il weekend. Le sue origini sono decisamente antiche. Dobbiamo infatti tornare nell’anno 964 per poterle conoscere. Di gran stile è il centro storico, lungo il quale potrete passeggiare indisturbati e perdervi lungo la sua storia e l’arte che le appartiene.
Treviglio è conosciuta anche come “La città dei trattori” e la sua nascita è dovuta grazie all’unione di tre città. Inoltre è situata in una posizione molto strategica a livello turistico. Essa infatti è molto bene collegata con Bergamo, Brescia, Lodi, Cremona e Milano. Se siete curiosi di conoscerla meglio, eccovi qualche suggerimento su ciò che non potete assolutamente perdervi visitando questa piccola città della bassa bergamasca.
Cosa vedere a Treviglio?
Come già detto, particolarmente degno di nota è il centro storico della città. Decisamente da non perdere, già che ci trovate lì, è la Basilica di San Martino. E il relativo campanile, che con i suoi 60 metri d’altezza è il simbolo della città. La Basilica ospita moltissime opere d’arte. La più famosa è di certo il “Polittico di San Martino”, di Bernardino Butinone e Bernardo Zenale.
Una volta visitata la Basilica di San Martino, non potete farvi mancare il Santuario della Madonna delle Lacrime. Esso è conosciuto per essere luogo di pellegrinaggio, oltre che per le sue numerose opere artistiche appartenenti tra gli altri ai fratelli Galliari e a Butinone.
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Non pensiate però che Treviglio sia solamente arte e storia: non è affatto così. Dovete infatti sapere che potrete fare meravigliose passeggiare anche immersi nel verde. Vi è il Parco del Roccolo, con il suo giardino di 45.000 mq e i parco giochi adatti ai bambini. Infine, ultimo ma non ultimo, potete visitare anche il Parco della Gera d’Adda, oasi naturale a mio avviso imperdibile.
Sono quella che in prima elementare si annoiava mentre la maestra spiegava le lettere dell’alfabeto ai suoi compagni di classe, perché le conosceva già da almeno un anno. Sin da quei tempi, durante i temi in classe sarei stata capace di riempire con pensieri e parole dieci fogli protocollo. Scrivere per me è un’esigenza, la mia costante, una delle poche cose che mi fanno realmente sentire giusta in questo mondo, insieme alla gentilezza e ai miei sorrisi. Trentatré anni, diplomata come tecnico dei servizi sociali e qualificata assistente di studio odontoiatrico, ho cambiato diverse volte strada, ma il bisogno di scrivere mi ha sempre seguito come se fosse la mia ombra.