Tina Merlin, il coraggio della denuncia giornalistica

Tina Merlin, il coraggio della denuncia giornalistica

Non tutti i giornalisti sono uguali. Lo vediamo molto bene oggi. Il giornalista vero cerca la notizia, la indaga, la disvela e la racconta nonostante i rischi che può correre.  E poi la racconta ancora fino a quando nessuno potrà in alcun modo negarla. Tina Merlin era una giornalista vera. Non ebbe paura di affrontare un processo pur di denunciare quello che stava avvenendo nella sua terra. Se solo l’avessero ascoltata.

Tina Merlin, il coraggio della denuncia giornalistica

Fonte foto: Archivio dell'Associazione Culturale Tina Merlin, Fondo Tina Merlin

Le origini

Nata a Trichiana, in provincia di Belluno, il 19 agosto 1926, in una famiglia umile. Ultima di otto fratelli fin da piccola, oltre alle faccende di casa, svolge lavori nei campi o presso altre famiglie per contribuire al mantenimento della numerosa famiglia. Le pesa non essere considerata come i fratelli maschi:

«Da piccola ho molto desiderato essere un maschio per venire maggiormente considerata dai miei genitori e dalla gente. Rimuginavo spesso tra me, su queste differenze che ci attribuivano costringendoci a farci sentire, noi ragazze, inferiori ai fratelli».

Tina Merlin, il coraggio della denuncia giornalistica

Fonte foto: Archivio dell'Associazione Culturale Tina Merlin, Fondo Tina Merlin

La resistenza

Quando scoppia la guerra si trova a Milano dove lavora come domestica e bambinaia. Torna a casa e nel luglio del 1944 entra nella Resistenza assieme al fratello Toni che morirà in battaglia. Le ragioni di questa scelta sono diverse: una forte coscienza di classe, il desiderio di pace, lavoro e giustizia che le derivano dall’educazione cattolica ricevuta in famiglia e in parrocchia. Sarà staffetta partigiana nella brigata 7° Alpini consumando le ruote della bici trasportando informazioni e quant’altro da un avamposto all’altro. Tra i partigiani conosce Aldo Sirena che sposerà nel 1949 e dal quale avrà un figlio, Antonio.

Tina Merlin, il coraggio della denuncia giornalistica

Fonte foto: Archivio dell'Associazione Culturale Tina Merlin, Fondo Tina Merlin

Il giornalismo

Inizia la sua carriera di giornalista, nonostante il parere contrario della madre, intorno al 1950 dopo aver ottenuto la seconda posizione in un concorso indetto da l’Unità.

Pubblica racconti nella Pagina della donna del quotidiano per farsi conoscere. A cavallo degli anni ’60 del novecento si dedica anima e corpo a quanto sta accadendo attorno alla costruzione della diga del Vajont. Ma non lo fa come molti suoi colleghi stando comodamente seduta in ufficio. Lei va a Longarone, a Erto e a Casso. Parla con la gente. Si fa accompagnare nei boschi e vede le crepe che si vanno formando nel terreno sulla costa del Monte Toc. E scrive, denuncia il pericolo che la gente di quella valle sta correndo. Già nel 1959 viene processata, a seguito di una denuncia voluta da Vittorio Cini presidente della Sade, e assolta, al Tribunale di Milano per «diffusione di notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico». E continuerà fino alla fine nel vano tentativo di fermare quella che era una strage annunciata. Collaba con l’Unità fino al 1981 e con varie riviste quali «Patria Indipendente», «Vie Nuove» e «Protagonisti», la rivista dell’Istituto Storico Bellunese della Resistenza.

Tina Merlin, il coraggio della denuncia giornalistica

Fonte foto: Archivio dell'Associazione Culturale Tina Merlin, Fondo Tina Merlin

Sulla pelle viva

Tina Merlin non è  solo una giornalista ma anche una scrittrice. Nei suoi libri racconta storie del quotidiano dei paesi di montagna in cui è nata. Il più famoso lo scrive per mettere insieme tutto quello che aveva scoperto durante le inchieste sul Vaiont e si intitola “Sulla pelle viva. Come si costruisce una catastrofe. Il caso del Vajont”. Ci impiega fino al 1983 per trovare un editore che glielo pubblichi senza timore di pestare i piedi ai signori della Sade, dell’Enel o della Politica. Leggerlo aiuta a capire come sono andate le cose. Come le leggi sono state ignorate e i controllori erano al soldo dei controllati.

Tina Merlin, il coraggio della denuncia giornalistica

Fonte foto: Archivio dell'Associazione Culturale Tina Merlin, Fondo Tina Merlin

Dopo il Vajont

Il comune di Longarone attribuisce un premio ai giornalisti ma Tina lo rifiuta perché non vuole che il suo nome sia mischiato con quello di chi non vide o, peggio, vide e tacque. È una montanara testarda e lo rimarrà fino alla fine.

L’anno successivo alla sua morte, il 22 dicembre 1991, venne fondata l’Associazione Culturale Tina Merlin con lo scopo di continuare la ricerca e l’impegno che Tina Merlin aveva dedicato a temi quali i diritti civili, la condizione femminile e la giustizia sociale.

Tina Merlin, il coraggio della denuncia giornalistica

Fonte foto: Archivio dell'Associazione Culturale Tina Merlin, Fondo Tina Merlin

Nemo profeta in patria

Il nome di Tina Merlin è dunque indissolubilmente legato alla Strage che si è consumata sul Vajont eppure l’articolo più famoso su quella vicenda è di Buzzati e inizia con le parole

“Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d’acqua e l’acqua è caduta sulla tovaglia. Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri il sasso era grande come una montagna e sotto, sulla tovaglia, stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi.”

Quante volte l’ho letto ed ogni volta mi viene da urlare che il sasso non è caduto, è stato fatto cadere. E non si è trattato di un evento imprevedibile. I montanari lo dicevano inascoltati. Tina Merlin l’ha urlato inutilmente. Gli interessi economici hanno prevalso sulla salvaguardia della vita umana e per quello è successo.

Tina Merlin, il coraggio della denuncia giornalistica

Fonte foto: Archivio dell'Associazione Culturale Tina Merlin, Fondo Tina Merlin

Il 10 ottobre 1963, il giorno successivo all’ecatombe che distrusse paesi interi e migliaia di vite umane Tina afferma:

“Oggi tuttavia non si può soltanto piangere, è tempo di imparare qualcosa.”

Molte volte mi capita di pensare che ce lo dovremmo ripetere ogni giorno di questi tempi.