La morte di Marat (La Mort de Marat) è un’opera del pittore e politico francese Jacques-Louis David, realizzata nel 1793 ed esposta nel Museo reale delle belle arti del Belgio di Bruxelles.
Dipinto dal forte impatto emotivo, La morte di Marat si può considerare un manifesto politico dell’artista, attento studioso e attivo partecipante delle dinamiche del governo francese durante la Rivoluzione francese. Ma cosa rappresenta l’opera? Chi era Marat? Scopriamolo attraverso un’analisi dettagliata dell’opera.
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Chi era Marat?
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Jean-Paul Marat, soprannominato l’Amico del popolo, è stato un medico e rivoluzionario francese, nonchè uno dei protagonisti della Rivoluzione francese (1789). Giornalista e presidente del Club dei Giacobini, fu un autorevole tribuno in primis contro la monarchia, e poi contro i rivoluzionari più moderati. Considerato un personaggio scomodo, trovò la morte per mano della filo-girondina Charlotte Corday, la quale lo assassinò mentre si trovava nella sua vasca da bagno.
Jacques-Louis David, sconvolto dall’omicidio dell’amico, decise di immortalarlo in un’immagine celebrativa che lo ha reso, agli occhi dei posteri, un martire della Rivoluzione.
Analisi dell’opera
Si tratta di un dipinto a olio su tela (165×128 cm) in cui il soggetto, Jean-Paul Marat ormai privo di vita, è il protagonista indiscusso.
L’uomo è all’interno della sua vasca da bagno, come era solito fare per dare sollievo a una malattia della pelle che lo affliggeva da anni. Sulla testa, reclinata sul lato destro, indossa uno stretto turbante bianco. L’espressione sul suo volto non è sofferente, bensì quasi rassegnata, incosciente. Sul petto presenta una ferita da arma bianca, causata da un coltello che compare anche nell’opera in basso a sinistra. Le sopracciglie ancora corrugate, la bocca schiusa e il fatto che tenga una lettera ben salda fra le mani, leggermente sollevata dalla superficie, fanno presumere che sia ancora vivo, ma prossimo al trapasso.
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Grazie alla cura per i dettagli più minimi, è possibile addirittura leggere il contenuto della missiva, su cui è scritto: “Du 13 juillet 1793 / Marie Anne Charlotte / Corday au citoyen / Marat. / Il suffit que je sois / bien malheureuse / pour avoir droit / à votre bienveillance” (“13 luglio 1793. Marie Anne Charlotte Corday al cittadino Marat. Basta che io sia tanto infelice per aver diritto alla vostra benevolenza“). Sembra quasi un testamento che Marat stava scrivendo proprio poco prima di essere accoltellato a morte.
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La mano destra cade sul pavimento e impugna una piuma d’oca. Sulla destra dell’opera è presente una base di legno sulla quale sono posti un calamaio, una penna intinta e altri fogli di carta. Sulla base si legge la scritta: “À MARAT, DAVID. 1793. L’AN DEUX” (“A Marat, David. 1793. L’anno secondo“).
Si tratta di una scena drammatica e cruenta, soprattutto osservando le tracce di sangue nell’acqua della vasca, divenuta completamente rossa, e sui teli bianchi posti dietro il corpo morente di Marat.
Il significato dell’opera
Jacques-Louis David ha voluto realizzare un dipinto celebrativo che raffigurasse il momento di massima drammaticità: non la scena dell’omicidio, bensì quella che segue e che preannuncia la morte di Marat.
Lo scopo dell’artista era proprio quello di onorare l’amico e le sue doti morali. Un uomo sempre pronto ad accogliere le richieste di aiuto, virtuoso e generoso nel suo modo di operare per il bene altrui. Tutto ciò traspare anche dalla semplicità con cui David ha realizzato gli arredi dell’abitazione dell’uomo.
Dall’opera, inoltre, traspare anche un evidente richiamo religioso: la mano destra abbandonata verso il pavimento è un chiaro un riferimento alla figura del Cristo morto della Deposizione Borghese di Raffaello. La luce dorata che illumina Marat dall’altro, per di più, è un riferimento alle tavole religiose medievali.
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Si tratta, senza ombra di dubbio, di un’opera che fa riflettere sul significato della vita e della morte. Per ammirarla dal vivo nella sua maestosità, dunque, non dovete che recarvi a Bruxelles, città che ha accolto la dipartita dello stesso Jacques-Louis David.
Da bambina leggevo i fumetti di Dylan Dog, poi – senza nemmeno accorgermene – sono entrata nel vortice dei grandi classici e non ne sono più uscita. Leggo in continuazione, in qualsiasi momento, e se non leggo scrivo. Scrivo per riempire gli spazi bianchi e vuoti della mente, ma anche perché è l’unica cosa che mi fa sentire viva. Cosa voglio diventare da grande? Facile: una giornalista.