Ci sono canzoni da studiare, cha hanno un profondo senso nel momento storico in cui vengono scritte, o legate a una città, una cultura specifica. E poi ci sono canzoni assolute, come «Mare mare» di Luca Carboni, che non hanno bisogno di essere interpretate, ma solo sentite, magari ricordate, addirittura vissute.
Nel 1992, Il mondo si stava rilassava agli annunci di distensione tra Usa e Urss; «Mediterraneo» di Salvatores gareggiava per l’oscar come miglior film straniero. In ufficio parlavamo della sentenza Tyson, condannato per stupro nell’Indiana, lo stato roccaforte del Ku Klux Klan, e da una giuria di suoi “pari”, solo uno dei quali era nero. Nei nostri discorsi fece capolino anche un certo Mario Chiesa e la corruzione generale del sistema politico, ma tanto, ci dicevamo, non sarebbe mai cambiato nulla. Ci si chiedeva se avremmo dovuto seguire l’onda di Windows 3.1, il nuovo sistema operativo della “cattiva” Microsoft, ma alla fine tutti già sognavamo le prossime vacanze estive. Il mare, le ragazze e i nostri sogni d’amore.
Poi tutto crolló in un’escalation senza tregua. Salvo Lima, la guerra in Bosnia, il fuoco del razzismo del caso Rodeny King e… infine Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani, dilaniati insieme a Giovanni Falcone sull’autostrada Palermo – Punta Raisi.
Silenzio. Trattenni il fiato per un periodo interminabile. Fino a luglio non pensai ad altro.
Poi Emanuela Loi, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina, Agostino Catalano e Vincenzo Li Muli, vennero ilaniati, ancora, in una cronaca di una strage annunciata dallo stesso
Borsellino.
Con il fiato persi l’innocenza, la fiducia nella mia nazione, nello stato. Mi rimase solo il mito dell’amore.
L’estate
Ovviamente la vita andò avanti, e noi italiani invece di scendere in piazza a chiedere giustizia facendo fuoco e fiamme da Trieste in giù, avevamo l’appuntamento con il mare e i tormentoni musicali. Aspettavamo il Festivalbar che non si ferma mai, e la promessa delle cosce di Sharon Stone alla prossima proiezione di «Basic instinct». Ma più di tutto, volevamo i nostri i sogni d’amore, di abbracci serrati e baci bagnati dal sale del mare. Per qualche strano motivo, la colonna sonora dell’estate del ’92 divenne un brano poco urlato, con un tromba quasi in sordina, un ritmo monotono e una melodia malinconica, e quella voce graffiata più che graffiante, sofferta, di Luca Carboni.
“Ho comprato anche la moto
Usata, ma tenuta bene
Ho fatto il pieno e in autostrada
Prendo l’aria sulla faccia
Olè, tengo il ritmo, prendo un caffè
Lo so, questa notte ti troverò
Per uno strano caso del destino, mi ero veramente comprato una moto usata con l’idea di andarci al mare, ma rimase in garage a lungo. Ma una settimana dopo il rientro dalle ferie in una località balneare sull’adriatico, costrinsi un gommista milanese a cambiarmi le ruote un’ora prima della chiusura del venerdì sera, perché il giorno dopo dovevo partire la mattina presto per un lungo viaggio. Urgente.
Son partito da Bologna
Con le luci della sera
Forse tu mi stai aspettando
Mentre io attraverso il mondo
Olè, questa notte mi porta viaMare, mare, mare
Ma che voglia di arrivare lì da te, da te
Sto accelerando e adesso ormai ti prendo
Dovevo partire per andare da Irma. Il tragitto era ben più lungo del Bologna–Rimini di Carboni, e pioveva a dirotto su tutta la Milano-Venezia. Ma la mia moto era molto veloce, anche sotto l’acqua di fine agosto, e io mi tenevo al caldo immaginando che lei mi aspettasse sulla nostra panchina. Non un solo bacio, quell’estate, ma io immaginavo mi aspettasse li dove ci salutammo.
Mare, mare, mare
Ma sai che ognuno c’ha i suoi sogni da inseguire, sì
Per stare a galla e non affondare no, no, yeah
Sfuggente e sfuggita tutta l’estate, mentre l’acqua mi entrava dentro il collo della tuta, ero convinto che questa volta, complice il mare, non avrebbe potuto resistere, al mio gesto, a me.
Chiamo chiamo chiamo
per sentire la sua voce qui vicino
ma risponde un ragazzo assonnato
Muto Muto Muto
finchè lei strappa il telefono “ah ciao”
“che sorpresa, ma sono qui con Mario. Ci sentiamo o yeah”
“Ci sentiamo? Ma, Irma, non hai capito… io sono qui ora sotto casa tua” ma il telefono era già muto.
Mare, mare, mare
Cosa son venuto a fare se non ci sei tu
No, non voglio restarci più, no, no, no
Mi rimetto in sella, rassegnato ad altre ore di pioggia martellante sul casco, quando vedo una cameriera sbacciarsi per salutare. Solo Marta poteva fare una cosa simile. E gridare a squarcia gola “Hei, ma cosa ci fai qui? Con questo tempo poi, sei pazzo“
Mare, mare, mare
Avevo voglia di abbracciare tutte quante voi
Ragazze belle del mare, mare
“E perché non mi hai chiamato prima? Mi sarei liberata. È l’ultima settimana della stagione, non c’è più molto lavoro e poi… chi se ne frega. Se solo mi avessi chiamata prima, saremmo stati insieme tutto il giorno. Ma cosa ci fai qui?“
Mare, mare, mare
Poi lo so che torno sempre a naufragare qui
“Vabbè, sei il solito pazzo… ma che bella che mi hai fatto… dai, balliamo un po’”
Mare, mare, mare
Ma che voglia di arrivare lì da te, da te
Sto accelerando e adesso ormai ti prendo
Giuro, è quasi tutto vero
Testo completo
Ho fatto il pieno e in autostrada
Prendo l’aria sulla faccia
Olè, tengo il ritmo, prendo un caffè
Lo so, questa notte ti troverò
Con le luci della sera
Forse tu mi stai aspettando
Mentre io attraverso il mondo
Olè, questa notte mi porta via
Alè, questa vita mi porta via
Mi porta al mare
Ma che voglia di arrivare lì da te, da te
Sto accelerando e adesso ormai ti prendo
Mare, mare, mare
Sai che ognuno c’ha il suo mare dentro al cuore, sì
E che ogni tanto gli fa sentire l’onda
Mare, mare, mare
Ma sai che ognuno c’ha i suoi sogni da inseguire, sì
Per stare a galla e non affondare no, no, yeah
A parlare all’infinito
Le ragazze che sghignazzano
E mi fan sentire solo
Sì, ma cosa son venuto a fare
Ho già un sonno da morire
Vabbè, cameriere un altro caffè, per piacere
Alè, tengo il ritmo, ballo con me
Cosa son venuto a fare se non ci sei tu
No, non voglio restarci più, no, no, no
Mare, mare, mare
Ma cosa son venuto a fare se non ci sei tu
No, no, non voglio restarci più, no, no, no
Mare, mare, mare
Avevo voglia di abbracciare tutte quante voi
Ragazze belle del mare, mare
Mare, mare, mare
Poi lo so che torno sempre a naufragare qui
Antonio Di Cesare, classe 68, lavoro nel mondo dell’informatica. Negli anni ’90 pubblico articoli tecnici e di costume sul mondo ‘nerd’ su alcune riviste specializzate. Recentemente riscopro il piacere di scrivere in una dimensione più intima, quasi come strumento terapeutico, per cercare, per chiarire. E per esibire me stesso.