È un grande pannello di fibra (244x 122 cm) eseguita nel 1948, agli inizi del periodo Dripping, letteralmente gocciolamento, dell’autore: Jackson Pollock, uno dei suoi lavori più emblematici e famosi ai quali l’artista non dava titoli, ma solo numeri.
Per molti anni dopo la sua realizzazione, il dipinto è stato collocato in una collezione privata; successivamente è stato esposto presso il Museum of Modern Art di New York per poi essere di nuovo venduto ad un privato: il produttore di Hollywood David Geffen.
La sua recente notorietà risale infine, al 2006, quando la tela fu battuta all’asta di Sotheby’s, diventando improvvisamente l’opera d’arte più costosa creata dopo la seconda guerra mondiale e, quindi, legata all’arte contemporanea. Il “Numero 5” si trasferì in un’altra raccolta privata di un certo acquirente messicano per un record di 140 milioni di dollari.
Action painting
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La particolare tecnica inventata da Jackson Pollock consiste nel far, appunto, gocciolare, schizzare e lasciar colare il colore di smalti o vernici industriali, sulla tela distesa a terra e opportunamente preparata con un fondo monocromatico (nel caso del N° 5 il fondo è marrone). Il movimento dinamico di distribuzione cromatica ottenuto con pennelli o contenitori forati ha voluto essere per l’autore un mezzo creativo per esprimere le sue emozioni, la libertà di chi crea andando oltre la costruzione di immagini elaborando intrecci cromatici, in qualche modo distaccarsi dalla “rappresentazione” che fino ad allora ha costituito l’asse portante della filosofia artistica.
Il suo modo di lavorare che può apparire dissacrante o superficiale e che invece nasconde la ricerca della potenza e la capacità comunicativa del gesto che sarà poi sviluppata in ambito dell’informale europeo nei decenni successivi, ha destato all’epoca non poche discussioni tra chi nutriva grande rispetto per l’analisi di Pollock e chi invece riteneva indegne le sue opere.
L’artista
Fonte foto: Singulart
Personalità instabile e ribelle, Paul Jackson Pollock ancora ragazzo si trasferisce a New York dal nativo Wyoming. La sua passione per l’arte lo porta ad allontanarsi dal convenzionale e ad approfondito le sue forme uniche di espressione artistica. Dal 1947 in poi si interessò alle tecniche astratte e diviene uno dei leader dell’emergente movimento Espressionista Astratto americano. Morirà in un incidente stradale nel 1956.
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.