Da sempre le stelle hanno affascinato i nostri antenati. Il mistero di cosa fossero quelle infinite luci che sovrastano e solcano la sfera celeste ha d sempre sollecitato la curiosità e la fantasia degli uomini.
Se da una parte il firmamento e il cielo in generale, è stato creduto per lungo tempo la dimora degli dei, da un’altra ottica ha sollecitato risposte razionali e una più approfondita ricerca per cercare di capire cosa fosse realmente quell’incommensurabile baluginare notturno che ciclicamente mutava le sue posizioni.
Religione, scienza e arte si sono confrontate per millenni con questi interrogativi. Sin dalle decorazioni egizie nelle monumentali tombe le stelle, e in particolare la forma a cinque punte così a noi nota, hanno abitato innumerevoli le volte dei soffitti dei sepolcri. Senza tuttavia rispecchiare nessun riferimento astrologico se non nel movimenti più eclatanti come quello del sole o della luna.
Gli scadenzari
Un calendario per determinare i solstizi e i tempi propizi per l’agricoltura, sarebbe invece l’interpretazione attribuita al “Disco di Nebra”, un manufatto circolare in bronzo con inserimenti in lamina d’oro che rappresenterebbero la falce di luna crescente e il disco della luna piena, con stelle puntiformi, forse le Pleiadi e alcuni pianeti. Rinvenuto in Germania, appunto nei pressi della località di Nebra, risalirebbe all’età del bronzo, tra il 2100 e il 1700 a.C. È il più antico e avanzato modello di cielo notturno mai scoperto e la sua realizzazione sarebbe riferita proprio al territorio di rinvenimento.
La “Macchina di Anticitera”, databile intorno al 150 a.C., è un sofisticato meccanismo planetario recuperato all’interno di un relitto romano al largo dell’omonima isoletta greca. Gli archeologi hanno faticato molto a capire la natura di quel ritrovamento incrostato da millenni di permanenza sottomarina; ma le pazienti ricostruzioni hanno poi rivelato come in realtà fosse un incredibile e avanzato congegno a ingranaggi capace di calcolare i movimenti del sole, le fasi lunari, le posizioni dei cinque pianeti allora conosciuti e persino le eclissi.
Le interpretazioni artistiche
Una delle più affascinanti volte celesti si trova a Ravenna e precisamente nel “Mausoleo di Galla Placidia” (425 d.C. circa), la tomba monumentale romanica dell’imperatrice Galla Placidia, decorata internamente con mosaici in stile bizantino. La splendida cupola, che culmina con una croce, e i pennacchi laterali sono avvolti in un cielo notturno disseminato di stelle a grandezza decrescente verso l’alto che aumenta la sensazione di spazialità: l’infinito spazio della spiritualità cristiana.
Un altro cielo blu di lapislazzuli si trova a Padova presso la Cappella degli Scrovegni. Affrescata da Giotto (?-1337) nei primi anni del XIV secolo. Anche qui, come era in uso per quasi tutto il medioevo, nella volta a botte sono le stelle, questa volta a otto punte, a rappresentare “la dimensione dell’eternità”. Ma la particolarità è in uno degli affreschi del registro centrale superiore, nella rappresentazione della “Adorazione dei Magi”: per la prima volta nella storia la stella che guida i tre saggi è raffigurata come una cometa. Probabilmente l’artista si è ispirato alla cometa di Hlley che egli avrebbe avuto modo di vedere nel suo passaggio vicino al nostro pianeta nel 1301.
In ultimo vorrei ricordare i rutilanti nonché malinconici cieli notturni di Van Gogh (1853-1890) nei quali le stelle vorticano come sospinte da un vento cosmico intriso della sua solitudine.
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.