Al Palazzo Roverella la mostra “Renoir – L’alba di un nuovo classicismo” è stata inaugurata il 25 febbraio 2023 e sarà visitabile fino al 25 giugno di quest’anno.
In mostra circa quarantasette opere dell’artista francese di Limoges, provenienti da musei italiani, francesi, austriaci, svizzeri, tedeschi, danesi e olandesi, accostate alle opere di grandi maestri del passato quali: Carpaccio, Tiziano, Romanino, Rubens, Tiepolo, Ingres, nonché suoi coevi come Boldini, De Nittis, Zandomeneghi e artisti di generazioni successive come De Chirico, De Pisis e Carrà tra gli altri. Un percorso di ricerca e confronti per approfondire la “seconda” e meno nota fase artistica del pittore, contraddistinta dall’allontanamento dalla poetica e dagli stilemi dell’Impressionismo in favore di un nuovo modello pittorico dal gusto classicheggiante e neo-rinascimentale, che si può racchiudere nella definizione di “moderna classicità”.
“Pierre-Auguste Renoir: l’alba di un nuovo classicismo”, è curata da Paolo Bolpagni e dal Presidente Muraro. Di seguito le parole dei curatori:
«È un’operazione difficile quella di mostrare Renoir sotto una luce nuova», spiega il curatore Paolo Bolpagni, «abbiamo indagato aspetti che non erano stati sufficientemente approfonditi come ad esempio la fortuna italiana, opere di artisti italiani che al tardo Renoir si sono ispirati. C’è quindi uno sguardo profondamente italiano in questa mostra, non in senso nazionalistico, ma per mettere a fuoco dei temi finora poco toccati».
Proprio il viaggio in Italia del 1881 è individuato come punto medio attorno a cui ruota l’idea espositiva: partito durante una fase di profonda inquietudine creativa, Renoir è affascinato dall’arte del Belpaese, che attraversa da nord a sud avvicinando e apprezzando dal vivo l’opera dei Maestri rinascimentali e l’archeologia pompeiana, la “semplicità e grandezza” degli affreschi di Villa Farnesina e la luce mediterranea. Fu l’alba di una rivoluzione stilistica che condusse Renoir ad essere il precursore del gusto pittorico destinato ad affermarsi tra negli anni tra le due guerre.
Una mostra innovativa, che “propone cultura e non solo divulgazione”, afferma il Presidente di Fondazione Cariparo Gilberto Muraro, che aggiunge come siano già state ricevute “più di 10.000 prenotazioni di visite” a testimonianza dell’attesa e dell’interesse che la mostra ha suscitato nel pubblico già prima della sua inaugurazione. Sono più di 6000 invece gli ingressi registrati nei primi undici giorni di mostra, un ottimo inizio che premia l’originalità e la cura della proposta.
Una mostra innovativa che ci svela un “altro” Renoir
Della produzione artistica di Renoir, artista conosciuto per lo più, come uno dei massimi esponenti dell’Impressionismo, è evidenziato il momento che segue la breve parentesi impressionista, quando l’artista, spinto da una profonda pulsione creativa, decide di intraprendere, nel 1881, un viaggio in Italia. Un tour che ebbe inizio a Venezia, dove a catturare la sua attenzione furono soprattutto; Carpaccio e Tiepolo, proseguì per brevi tappe a Padova e a Firenze; e che trovò una meta fondamentale a Roma. Qui Renoir fu travolto dalla forza della luce mediterranea e sviluppò un’ammirazione per i maestri rinascimentali. Un’altra tappa del viaggio fu Napoli. Nella città partenopea, Renoir scoprì le pitture pompeiane, fu rapito dalla bellezza dell’isola di Capri e quasi soggiogato dai capolavori antichi esposti nel Museo Archeologico. Infine approdò a Palermo, dove incontrò Richard Wagner e lo ritrasse in un’opera divenuta famosa (ma non si può dire che fra i due scoccò la scintilla: anzi, il compositore gli concedette soltanto quarantacinque minuti di posa).
Fonte foto: Palazzo Roverella
Il viaggio in Italia, decretò quindi, un periodo di vera svolta creativa per l’artista, che culminerà nell’abbandono della tecnica e della poetica impressionista, che avvenne prima dell’ufficiale scioglimento del sodalizio nel 1886.
Il cambio di stile all’indomani del tramonto impressionista
Dalla joie de vivre delle scene mondane della borghesia parigina degli anni Settanta, Renoir passò quindi a uno stile aigre, aspro. Il pittore, allora poco più che quarantenne, recuperò un tratto nitido e un’attenzione alle volumetrie e alla monumentalità delle figure (riprendendo la lezione di Jean-Auguste-Dominique Ingres), nel segno di una sintesi che sfociò in una personale forma di classicismo, mentre le tendenze artistiche dell’epoca viravano verso il Postimpressionismo da una parte e il Simbolismo dall’altra. Nei primi due decenni del Novecento, nel mezzo della rivoluzione delle avanguardie, Renoir diede vita ad un’arte che rappresentò, un assaggio della nuova sensibilità che sarebbe divenuta prevalentemente dominante dopo il conflitto mondiale. Dipingendo in un deciso stile neo-rinascimentale, Renoir anticipava in tal modo vari aspetti del rappel à l’ordre: una scelta stilistica che superficialmente è apparsa a molti come un’involuzione, ma in realtà, non è stata altro che una premonizione di molta della pittura e della scultura che si sarebbero sviluppate tra le due guerre.
Fonte foto: Palazzo Roverella
“La moderna classicità” nella strutturazione della mostra
In mostra il percorso di visita prenderà avvio da un capolavoro della stagione impressionista di Renoir, lo studio preparatorio a olio su tela intitolato “Moulin de la Galette”, opera che fa da spartiacque testimoniando l’ultima parentesi impressionista e la deviazione stilistica che da essa verrà intrapresa.
Fonte foto: Palazzo Roverella
Al centro dell’indagine dunque, la produzione di Pierre-Auguste Renoir a partire dagli anni Ottanta del XIX secolo.
Fonte foto: Il Gazzettino
Seguirà poi l’evoluzione della sua pittura nei successivi sviluppi, dalla monumentalità classicheggiante e “neorinascimentale” delle figure, ai paesaggi della Provenza e della Costa Azzurra, indagando sia i rapporti con altri artisti, sia le “assonanze” con chi, nel periodo del “ritorno all’ordine”, ne mediterà e assimilerà la lezione.
Fonte foto: Palazzo Roverella
Non mancherà il fil rouge del racconto biografico delle vicende personali dell’artista, anche sulla falsariga della biografia che il figlio Jean, celebre regista, dedicò al padre all’inizio degli anni Sessanta del Novecento.
Studentessa di Didattica e Mediazione culturale del patrimonio artistico. Amante della musica, teatro, della danza, dell’arte in ogni sua manifestazione, appassionata di Monet, Klimt- Secessione viennese ed arte contemporanea orientale.