Il capolavoro che approfondiamo oggi, opera dello stesso Buonarroti, è il maestoso affresco conosciuto come La Creazione di Adamo. E utilizzo il termine ‘maestoso’ non solo perché in grado di toglierci il fiato dai polmoni, ma anche per le sue imponenti dimensioni.
L’affresco risale presumibilmente al 1511, ed è posizionato sulla volta della Cappella. Ad essere precisi, si trova sulla seconda metà dello spazio: il Maestro, infatti, aveva cominciato l’opera di decoro a partire dalle campate vicino all’ingresso della Sistina, per procedere poi ordinatamente verso quelle situate sopra l’altare; a metà dei lavori, nel 1510, il ponteggio nella prima “metà” del luogo fu smontato per essere poi ricostruito nella seconda. Possiamo quindi dire, grossolanamente, che la rappresentazione più iconica e conosciuta dell’intero gruppo di affreschi ha inaugurato la prima fase del secondo ciclo di lavori.
La realizzazione di questo capolavoro – che è comunque riduttivo definire tale – ha impiegato il Maestro per circa sedici giorni. Il gruppo formato da Dio e dal suo coro di giovani angeli è stato riprodotto utilizzando la cosiddetta tecnica dello spolvero (una soluzione pittorica che permette di riportare un disegno su svariate superfici), ad eccezion fatta per la tunica che, insieme alla figura di Adamo, è stata affrescata utilizzando la tecnica dell’incisione diretta.
Vale la pena, ora, spendere qualche parola per la rappresentazione del Primo Uomo. Come vi avevo già spiegato nel precedente articolo, Michelangelo aveva una concezione visiva della fisicità maschile molto influenzata dall’arte classica nella sua forma più pura. Avete presente le statue greche? Quegli uomini dai muscoli perfettamente scolpiti e tesi, belli come divinità alle quali prostrarsi – non a caso, se ci pensate, si usa spesso il modo di dire “Bello come un dio greco”? Ecco, per molto tempo, tutta l’arte è stata intrisa di questa concezione della figura maschile, tanto da influenzare innumerevoli artisti di molto successivi al periodo dell’arte ellenica.
Michelangelo non era da meno, ed ecco quindi che nelle sue raffigurazioni ci troviamo davanti a dei veri e propri manzi (perdonatemi il termine, sono sicura che le nostre lettrici apprezzeranno)!
Tuttavia, non è solo per senso estetico che l’uomo era solito essere rappresentato forte e vigoroso: all’epoca, le persone riscontravano in questo tipo di figura uno dei più alti ideali impregnanti la cultura rinascimentale, la dignità umana. E, poiché l’uomo doveva essere “a immagine e somiglianza” dell’Onnipotente, non poteva che incorporare la perfezione fisica e spirituale.
Un po’ di simbologia
Veniamo ora alla parte più interessante del dipinto: il suo significato e la simbologia celata dalle immagini. Scusate se mi farò prendere un po’ la mano, prometto che cercherò di essere breve!
Partiamo dal gruppo dell’Eterno e del suo seguito: proprio quest’ultimo, non viene rappresentato dai soliti Cherubini e Serafini, ma da figure rese umane colte nell’atto di sostenere il Creatore nel suo atto divino, la Creazione del Primo Uomo. Da notare in questo caso la straordinaria astuzia del Maestro nell’amplificare le figure in primo piano giocando con l’illuminazione e la nitidezza dei personaggi sullo sfondo. Il gruppo, poi, è raffigurato all’interno di un manto purpureo dalle linee dinamiche, mosso dal vento, diventato ormai iconico in quanto, stando ad una fetta di studiosi, richiamo alla forma del cervello umano per simboleggiare proprio come l’atto della Creazione sia un’“idea” divina. Un’altra parte di esperti ritiene che il manto rappresenti una conchiglia, ma, personalmente, propendo decisamente per la prima delle ipotesi, vista l’importanza che all’epoca veniva conferita al simbolismo. Solo recentemente, un gruppo di studiosi italiani – in una ricerca pubblicata poi anche sulla rivista Mayo Clinic Proceedings – ha ottenuto una sorprendente corrispondenza anatomica sovrapponendo la figura del manto rosso ad una sezione di utero post-partum; per quanto azzardata come ipotesi, è del tutto plausibile, vista la certezza che abbiamo degli studi anatomici compiuti da Michelangelo e la sua straordinaria maestria nel riprodurne ogni più piccolo dettaglio.
Arriviamo, ora, alla raffigurazione delle due figure centrali dell’affresco, nonché all’atto che dà il nome all’intera opera: la creazione di Adamo da parte dell’Eterno. Sulla rappresentazione fisica dei due non mi soffermo oltre, visto che già ve ne ho parlato al paragrafo precedente. Da notare è il dettaglio delle braccia protese l’uno verso l’altro e dei due indici alzati, posti proprio al centro dell’affresco a catturare l’attenzione dello spettatore. L’insieme funge da efficace metafora per la scintilla divina che ha dato origine al Creato, infondendogli la sua potenza e la sua spiritualità; il fatto che le dita si sfiorino, senza però entrare in contatto, è visto da molti come decisione artistica voluta, nell’intento di rappresentare la non raggiungibilità della perfezione divina da parte degli esseri mortali.
Niente critiche, solo apprezzamenti
Se avete letto l’articolo che vi ho citato, vi ricorderete come, ad un certo punto, vi ho parlato di quanto una parte del popolo e del clero fosse contraria alla rappresentazione del Giudizio proposta da Michelangelo, tanto da costargli quasi il titolo di eretico. Ebbene, in questo caso al Maestro andò un po’ meglio, ottenendo un ampio consenso e apprezzamenti generali. Vi riporto qui le parole spese in merito dal Vasari, uno dei maggiori storici dell’arte dell’epoca, nonché pittore e architetto:
“[Nella] Creazione di Adamo, [Michelangelo] ha figurato Dio portato da un gruppo di Angioli ignudi e di tenera età, i quali par che sostenghino non solo una figura, ma tutto il peso del mondo, apparente tale mediante la venerabilissima maiestà di quello [Dio] e la maniera del moto, nel quale con un braccio cigne alcuni putti, quasi che egli si sostenga, e con l’altro porge la mano destra a uno Adamo, figurato di bellezza, di attitudine e di dintorni di qualità che e’ par fatto di nuovo dal sommo e primo suo creatore più tosto che dal pennello e disegno d’uno uomo tale.”
– Le Vite
Laureata in Finanza e Mercati, sono da sempre appassionata di arte e letteratura. Uno dei miei migliori difetti: divoratrice (e compratrice) compulsiva di libri – soprattutto rosa! Nel 2021 esce il mio romanzo di esordio, “Ho provato a non amarti”.