Il Cristo Redentore di Maratea: l'opera imponente e discreta allo stesso tempo

Il Cristo Redentore di Maratea: l’opera imponente e discreta allo stesso tempo

“La statua sorgerà candida sulla cima del monte di San Biagio, imponente, ma discreta; non un urlo dal mare verso le valli, ma un pacato richiamo ad accoglier e raccogliere, a rinfrancare la speranza.”

Queste sono alcune delle considerazioni presenti negli appunti dello scultore fiorentino Bruno Innocenti, che realizza fra il 1963 e il 1965 la statua del Cristo Redentore di MarateaSi tratta di un’opera raffigurante un Cristo di 21,13 metri avente una testa di 3 metri e che con le sue braccia estese e rivolte al cielo copre, da una mano all’altra, all’incirca 19 metri.

Nonostante la sua immensa statura il Cristo Redentore di Maratea si comporta proprio come Innocenti pronostica nei suoi appunti. La statua in marmo di Carrara mista a cemento si integra organicamente con il golfo e il mare sottostante, senza togliere maestosità al monte che la ospita. La naturale umiltà del Cristo che torna per camminare al fianco degli esseri umani si palesa attraverso i piedi scalzi che poggiano direttamente sul terreno ma la sua natura divina lo chiama così che il suo corpo indica una direzione ben precisa. Seguendo l’andamento della statua si volge lo sguardo verso la Basilica in stile romanico di San Biagio, all’interno della quale sono custodite le reliquie del santo patrono di Maratea. La posizione del Cristo Redentore di Maratea come ulteriore riprova della sua nuova venuta in favore dell’umanità, poiché lo pone con lo sguardo rivolto verso l’entroterra, come se il panorama divino che si staglia alle sue spalle, fatto di cielo e mare, non sia per lui di alcun interesse.

Nonostante la leggerezza della quale sembra essere dotata la statua si tratta comunque di un’opera dal peso di 400t circa ed è più che naturale che le sue fondamenta siano state rafforzate con barre di acciaio che penetrano in profondità nel terreno e che costituiscono anche nell’alzato lo scheletro sul quale è stata formata l’intera opera. L’armoniosità della statua è data dal lieve movimento nel quale è stata resa eterna, l’accenno di un passo che permette di giustificarne la morbidezza delle vesti e del braccio destro leggermente più sollevato verso il cielo rispetto al sinistro.

Fra le scapole della statua, e quindi rivolto verso il panorama del golfo, è stata posta una lapide commemorativa in ricordo del suo committente Stefano Rivetti, il conte di Val Cervo che insiste per poter far realizzare quest’opera. Infatti se Maratea vanta questa eccezionale statua è perché il conte Rivetti rimase fortemente colpito dalla bellezza e dalla simbologia del Cristo di Corcovado, visto durante uno dei suoi viaggi. La bellezza del Cristo di Corcovado unita all’amore per Maratea e alla smisurata fede del conte sono stati i moventi che hanno portato il conte non solo a far realizzare l’opera, facendosi carico di tutte le spese annesse, ma anche a donare alla città la statua una volta portata a compimento.