“Toni al màtt”, come lo chiamavano a Gualtieri, il paesino dell’Emilia Romagna, dove Antonio Ligabue (1899 –1965) viene mandato dopo essere stato espulso dalla natia Svizzera.
La sua vita inquieta, vessata e sfortunata lo vede ancora solitario, con lavoretti saltuari e la grande passione per la pittura, vagare nelle lande della Bassa Padana. Sino a che la critica, i colleghi artisti e il pubblico non si accorgeranno della genialità e unicità della sua arte, del cromatismo vivace, della tensione drammatica, dei soggetti agresti e delle capacità artistiche sottese a un linguaggio formale semplice ma incisivo.
Gli animali
Fonte foto: Archimagazine
Da sempre Ligabue è attratto dagli animali. Sin da piccolo colleziona figure e cartoline con effigi animali. Sono soggetti che ritroviamo spesso nei suoi lavori sia con connotazioni di ferocia, come nelle rappresentazione di tigri, leonesse o rapaci che immagina in una giungla dal sapore rousseauniano, nell’atto di aggredire le loro prede, quasi come alterego nelle sue visioni fantastiche di una propria rivalsa sul mondo, sia quelli che incontra nelle aie e nei cortili delle fattorie della Bassa, gatti cani e buoi che dipinge in atmosfere più quiete e realistiche.
Gli autoritratti
Fonte foto: La Repubblica
Molti sono peraltro gli autoritratti che il pittore ha realizzato nel corso della sua vita. La sua immagine ci riporta un uomo scarno, dimesso, dai tratti duri del viso. Gli occhi furtivi, sempre un accenno di barba incolta da cui traspare il disagio di vivere che l’accompagnerà continuamente . Talvolta nell’atto di dipingere, o in sella alle sue amate motociclette, tanti i primi piani che scandiranno il passare del tempo e come sfondo i paesaggi lineari della pianura dove talvolta sono gli alberi a cadenzare lo spazio, una barca in lontananza o il volo di un uccello solitario.
Un artista tormentato e geniale a cui la vita ha riservato molto dolore e una tardiva fama.
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.