C’è un tratto comune nell’opera di due artisti vissuti a 150 anni l’uno dall’altro. Questo elemento che unisce Francisco Goya (1746-1828) e George Grosz (1893-1953), spagnolo l’uno e tedesco l’altro, è la crudezza e il disincanto con cui esprimono la loro visione del mondo e della parte più oscura della condizione umana.
Palazzo Pigorini a Parma ospita, sino al 13 gennaio 2023, la mostra “Goya – Grosz. Il sonno della ragione”, una grande esposizione nella quale sono esposti i disegni dei due grandi artisti.
Il sonno della ragione genera mostri
Epigrafe morale molto profonda e senza tempo anzi, se vogliamo, più che mai attuale, riportata appunto su uno degli ottanta “caprichos” in mostra; il numero 43, che Goya realizzò con la tecnica dell’incisione nel 1797. È emblematica dello spirito dell’esposizione che raccoglie le tavole, i disegni e i dipinti che i due artisti hanno creato riportando in chiave grottesca e satirica i vizi e gli istinti, le brutture della guerra, i drammi del genere umano, certo non dissimili nelle loro epoche come anche, purtroppo, nella nostra.
Questo è l’intento che i curatori della mostra, Didi Bozzini e Ralph Jentsch: lasciare che i due artisti dialoghino con il pubblico, mettendo in luce la realtà senza tempo delle brutture di cui è capace l’uomo e dalle quali la “ragione”, la ponderatezza e la tolleranza ma anche la consapevolezza della loro esistenza, possono psicologicamente salvaguardarci.
Goya
Fonte foto:arte.it (Elisabet Kief)
Francisco José de Goya y Lucientes, oltre a essere considerato il pioniere dell’arte moderna con la sua versatilità immaginativa nella pittura e nell’incisione, è stato capace di dare forma a uno stile visionario e tragicamente potente che caratterizza soprattutto l’evoluzione della seconda parte della sua carriera, quando, sia per eventi personali che hanno determinato una profonda lacerazione spirituale nell’animo dell’artista, che per gli avvenimenti storici di quel momento, ha abbandonato un realismo classicheggiante, tipico dei dipinti della giovinezza, per inoltrarsi nel terreno ancora sconosciuto dell’irrazionale e dell’inconscio, traendone spunto per la forza dei suoi lavori.
Grosz
Fonte foto: Ralph Jentsch
George Grosz fondatore del movimento Dada berlinese, con la sua pittura e i disegni satirici ha denunciato la decadenza e il degrado della società tedesca tra le due guerre. La sua visione sprezzante della borghesia e del potere politico in genere lo ha portato a riferire nelle sue opere di un’umanità impazzita, corrotta e avida, con uno stile asciutto e sobrio, a tratti quasi infantile che, rifuggendo da qualsiasi stile accademico, ha il potere di aumentarne l’effetto corrosivo e l’impatto emotivo. Durante il nazismo sarà inviso al regime che bollerà la sua produzione come “arte degenerata” e dovrà emigrare negli Stati Uniti dove otterrà una cattedra a New York.
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.