Archeoplastica: il museo dei rifiuti del mare

Archeoplastica: il museo dei rifiuti del mare

Fonte foto: Archeoplastica

Archeoplastica, un termine che non è ancora entrato nei vocabolari, ma che è già un progetto ben avviato: trasformare i vecchi oggetti in plastica in pezzi da museo.

L’idea nasce dalla mente creativa di Enzo Suma che, partendo dall’azione di pulizia delle spiagge pugliesi, ha pensato di utilizzare la grandissima quantità di plastica recuperata per creare un museo dei reperti restituita dal mare. Ci sono oggetti che hanno decine di anni di vita, che provengono da chissà dove e che sono stati archiviati in un sito creato all’uopo.

L’idea è quella di sensibilizzare le coscienze di chi visita quel museo virtuale riguardo al pericolo e alla vita praticamente infinita della plastica, nonché a tutte quelle difficoltà e pericoli che può creare nella nostra vita e al nostro ambiente.

La pulizia delle spiagge è stata l’iniziativa che ha mosso primariamente il progetto. Fra i rifiuti raccolti molti rivelavano la loro età: c’erano oggetti risalenti anche a decine di anni prima del momento del loro ritrovamento.

Enzo Suma non è nuovo ad iniziative ambientaliste. Già dieci anni fa ha fondato il gruppo Millenari di Puglia. Sensibilizzato dal suo ruolo di guida naturalistica, ha deciso di diffondere l’educazione ambientale e la valorizzazione del territorio salentino. Cinque anni fa il suo impegno si è ampliato al tema dell’inquinamento provocato dalla plastica. Durante la pulizia delle spiagge toccate dal mare Adriatico, ha rinvenuto oggetti risalenti anche a 50 anni fa, ancora in buono stato, datati grazie proprio alla possibilità di leggere marca e prezzo (ancora in lire). La ricerca lo ha visto attivo sul web, nel tentativo di dare un’età a quei reperti con ricerche, non sempre facili, malgrado la vastità di diffusione di Internet.

Il Museo

Tre anni di raccolte che hanno collezionato oltre 500 articoli la cui origine si può far risalire, con sicurezza, agli anni ‘60, ‘70 e ‘80, ma anche di anni successivi e che adesso fanno mostra di sé nel museo Archeoplastica.

C’è un po’ di tutto: dal pallone dei Mondiali di calcio Italia ‘90, a molti flaconi di creme solari e altri curiosi oggetti recuperati in mare e provenienti non solo dall’Italia. Ci sono addirittura i contenitori di quei gelati a forma di pipa che molti di noi ricordano perché, una volta finito il gelato, diventavano utili per fare le bolle di sapone. Guardare le pagine di fotografie del museo Archeoplastica ci ricorda, inevitabilmente, i nostri anni passati. E più siamo in là con gli anni e più generano perfino nostalgia.

Archeoplastica - pallone Italia 90 - archeoplastica

Fonte foto: Archeoplastica

Ma un pensiero, in realtà, deve muovere questa iniziativa: quanto tempo la plastica rimane in una sua vita anche in mare? Quanto pericolo crea per la fauna marina? In qual modo possiamo risolvere il problema?

Enzo Suma chiede spesso notizie a chi ne ha ricordo, attraverso i canali social e il successo è stato dilagante: 180 mila followers su Instagram; 70 mila sulla nuova esposizione su TikTok; video che hanno ormai superato il milione di visualizzazioni. Insomma una grande popolarità, con la certezza di arrivare a centinaia di migliaia di coscienze che si convinceranno degli aspetti più pericolosi della vita della plastica.

Le mostre

E per chi non potesse avere accesso a Internet c’è il tour con la mostra itinerante che già ha portato Archeoplastica ad organizzare un calendario di presenze in giro per l’Italia e, soprattutto, ha risvegliato l’attenzione di National Geographic, un alleato potente per diffondere le notizie diffuse da Archeoplastica.

Nel frattempo gli oggetti ancora da classificare si accumulano nei depositi di Enzo Suma, perché il suo lavoro di pulizia delle spiagge e raccolta dei rifiuti continua senza sosta.