Presso il Museo del Tesoro di San Gennaro in via del Duomo a Napoli è in corso, sino al 14 maggio prossimo, l’esposizione di tre sacre reliquie legate sia alla devozione del popolo napoletano che alla storia della città partenopea e alle sue preziose manifatture di oreficeria.
Si tratta dei collari che adornano il busto reliquiario del Santo Patrono e della collana della statua lignea di San Vincenzo Ferrer protettore del Rione Sanità.
Per la prima volta insieme nella “sala della Mitra” del complesso museale, i “Tre Collari. I gioielli della devozione“, come è titolata la mostra a cura di Laura Giusti, mette a raffronto i tre magnifici oggetti, insieme alle fotografie di Simone Florena che ritraggono la statua lignea di San Vincenzo e il busto reliquario di San Gennaro mentre indossano i preziosi pettorali, quali testimonianze della venerazione che le due sante figure hanno significato non solo per il popolino ma anche per l’elite napoletana.
Il collare Solenne
Fonte foto: Simone Florena
È il pettorale che adorna il busto di San Gennaro nelle occasioni solenni. È arricchito da migliaia di pietre preziose tra diamanti, smeraldi, rubini e zaffiri. La banda superiore del gioiello risale al 1679, quando la Real Deputazione del Tesoro di San Gennaro la commissionò all’orafo Michele Dato. Solo successivamente, nel XIX secolo furono aggiunti la fascia inferiore e le altre preziose componenti del grandioso collare che oggi possiamo ammirare.
Il collare Spera
Donato dalla famigli Spera nel 1706 e detto “collare feriale” è frutto dell’accorpamento di gioielli più modesti in origine concepiti per un uso profano e solo a posteriori elaborato in un raffinato intreccio per adornare il sacro busto. Offuscato per lungo tempo dalla magnificenza del collare solenne, rappresenta un oggetto unico nella storia dell’oreficeria napoletana.
Il collare di San Vincenzo Ferrer
Fonte foto: Simone Florena
Più dimesso degli altri due, dal punto di vista della ricchezza dei materiali, possiede tuttavia una fattura complessa e pregna di simbolismi. Proviene dalla Basilica di Santa Maria della Sanità, conosciuta come la chiesa di San Vincenzo “‘o Munacone”, santo che. Secondo la tradizione, riuscì a fermare l’epidemia di colera che colpì Napoli nel 1836-37. Ancora oggi la statua lignea del Santo viene portata in processione con due ricchi ornamenti realizzati tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo successivo: il collare e il grembiule, quest’ultimo frutto dell’assemblaggio su un supporto in tessuto di gioielli donati al santo in epoche diverse.
Dopo aver seguito studi artistici si interessa appassionatamente ad approfondire i meccanismi e l’evolversi della storia dell’arte contemporanea.
Proprio in qualità di critico d’arte e corrispondente, negli anni ’80 e ’90, ha firmato saggi e recensioni per alcuni dei maggiori periodici del settore, tra i quali: Terzoocchio delle edizioni Bora di Bologna, Flash Art di Milano Julier di Trieste ed il genovese ExArte .
Inoltre affiancherà attivamente come consulente la famosa galleria d’Arte avanguardistica Fluxia durante tutto il periodo della sua esistenza.
Ha partecipato all’organizzazione di numerosi eventi, tra i quali l’anniversario del centenario dell’Istituto d’Arte di Chiavari e la commemorazione del trentennale della morte del poeta Camillo Sbarbaro a S. Margherita L.
Nel 2010 pubblica il suo primo romanzo: “La strana faccenda di via Beatrice D’Este”, un giallo fantasioso e “intimista”.
Nel 2018 pubblica il fantasy storico “Tiwanaku La Leggenda” ispirato alla storia ed alle leggende delle Ande pre-incaiche.
Attualmente collabora con alcuni blog e riviste on-line come “Chili di libri, “Accademia della scrittura”,
“Emozioni imperfette”, “L’artefatto”,” Read il magazine” e “Hermes Magazine” occupandosi ancora di critica d’arte e di recensioni letterarie.