Le tre mostre da non perdere a Roma

Le tre mostre da non perdere a Roma


A Roma è una primavera decisamente freddina come clima, ma di certo per la cultura piena di idee e di spunti interessanti. Per le mostre, come in ogni periodo dell’anno, c’è l’imbarazzo della scelta! Vediamo le tre più rilevanti  che potrebbero attrarre un pubblico numeroso.

1. Mostra alla Centrale Montemartini: Architetture inabitabili

“Architetture inabitabili” è il titolo della mostra presente dal 25 gennaio fino al 5 maggio presso la Centrale Montemartini. La mostra è stata promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, organizzata e realizzata da Archivio Luce Cinecittà, ideata dalla Presidente di Cinecittà Chiara Sbarigia, curata da   Dario Dalla Lana e dai servizi museali di Zètema Progetto Cultura. Il fine è quello di indagare il rapporto tra abitare e costruire: alcuni edifici della città sembrano inconciliabili con l’aspetto pratico ed altri, viceversa, con l’aspetto estetico di un’opera d’arte. Così resta spesso irrisolto il dilemma della bellezza estetica non pratica oppure della praticità, della comodità e di tutti i confort che però deturpano l’aspetto esteriore artistico. La mostra  illustra otto esempi presenti in tutta Italia attraverso una scelta di immagini che li ritraggono per tipologia, destinazione d’uso ed epoca di costruzione. Le fotografie e i filmati che le illustrano provengono in buona parte dall’Archivio Luce e anche  dall’ Archivio Alperia, Museo Alta Val Venosta, Fondazione Benetton, Fondazione Burri, ed altri.. Tra le circa 150 immagini che fanno parte della mostra, spiccano le foto di grandi autori italiani come Gianni Berengo Gardin, Guido Guidi, Marzia Migliora, e per gli stranieri quelle di Mark Power, Steve McCurry. Gli 8 percorsi in mostra sono dedicati ai seguenti edifici:

  • Il Gazometro di Roma, che emerge come un moderno Colosseo,  che offre al visitatore un  confronto critico  tra l’architettura e il mondo circostante.
  • Il Memoriale Brion ad Altivole, un complesso architettonico progettato dall’architetto Carlo Scarpa, ideato come luogo di sepoltura per la famiglia Brion.
  • Il campanile semisommerso di Curon, situato nel lago di Resia in Trentino-Alto Adige,  struttura romanica completamente trasformata dalla costruzione di una diga che portò alla creazione del lago per scopi idroelettrici, sommergendo il paese.
  • Il Cretto di Gibellina, installazione commemorativa dell’artista Alberto Burri, un grande sudario di cemento bianco che ingloba le macerie della città di Gibellina, distrutta nel terremoto del Belice del 1968. 5)  il Lingotto di Torino,  famosissimo complesso architettonico, progettato da Giacomo Matté Trucco, sede in passato della fabbrica della FIAT.
  • Gli Ex Seccatoi di Città di Castello, che nel 1966 ospitarono i libri alluvionati di Firenze,  qui vennero “curati” e restaurati; , dal 1990 ospitano gli ultimi grandi cicli pittorici di Alberto Burri.
  • La Torre Branca, progettata da Giò Ponti, concepita come una struttura temporanea per la Triennale del 1933, caratterizzata da una struttura a traliccio in acciaio e dotata di ascensore, che permette ai visitatori di raggiungere la cima e godere la vista panoramica di Milano.
  • I Palmenti di Pietragalla, testimonianza dell’ingegno dei vignaiuoli locali, un’architettura rupestre in pietra formata da oltre duecento costruzioni su vari  dislivelli, un tempo utilizzate come laboratori per la produzione del vino, che creano un impatto paesaggistico notevole, evocando atmosfere fiabesche. Ognuno di questi luoghi offre uno sguardo peculiare sulla propria inabitabilità e intrinseca bellezza.

2. Mostra di Giancarla Frare: “Abitare la distanza” a Villa Torlonia

Presso il Casino dei Principi a Villa Torlonia dal 25 gennaio al 5 maggio c’è l’interessante mostra dedicata a  Giancarla Frare dal titolo “Abitare la distanza”: si tratta di una mostra antologica che ripercorre la quarantennale carriera dell’artista. Nome tra i più autorevoli della grafica italiana, ma anche pittrice, fotografa e poetessaGiancarla Frare è protagonista delle opere  che sono state concepite dall’artista come variazioni del grande tema attorno al quale la sua ricerca si sviluppa: la conservazione della memoria attraverso la mappatura di ciò che si vuole sottrarre all’oblio. Pur se minimalista ed essenziale, la sua arte risulta estremamente innovativa rispetto  al  panorama troppo omogeneo  dell’arte contemporanea: contrastano infatti con il contemporaneo   le sue creazioni anticonformiste. Proprio per questo, evidentemente, il suo nome ha acquistato negli anni una risonanza internazionale: Frare nella sua ricerca artistica procede per cicli pittorici, ossia progetti concepiti come filoni attorno al tema della memoria. Lo sviluppo della carriera dell’artista viene raccontato da Antonella Renzitti, curatrice della mostra, in un percorso cronologico a ritroso nel tempo che svela progressivamente il senso delle opere.Tra i filoni tematici fondamentale appare il ciclo “Il Castello di Apice. Mappa Labirinto” (2015-2019). In mostra è esposto un video girato in soggettiva dall’artista con il semplice ausilio di cellulare e IPad e poi ibridato in sede di montaggio con l’innesto di disegni e frammenti fotografici riconducibili a un  ricordo infantile. Il ricordo è quello dell’infanzia trascorsa nel Castello dell’Ettore ad Apice, in prossimità di Benevento. Si tratta di un antico labirinto di pietra in cui il padre di Giancarla, capo della guardia forestale, occupava con la sua famiglia un alloggio di servizio. La capacità di esprimersi ai massimi livelli nei vari linguaggi dell’arte è una delle più vistose peculiarità di Giancarla Frare, dovuta soprattutto ai grandi Maestri con i quali è entrata in contatto nell’arco della sua vita. Allieva negli anni ‘70 dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, Frare ha studiato pittura con Armando Di Stefano, scultura con Umberto Mastroianni e Augusto Perez, incisione con Bruno Starita, scenografia con Franco Mancini, fotografia con Mimmo Jodice, storia dell’arte con Nicola Spinosa e, persino, antropologia musicale con Roberto De Simone: i protagonisti del nutrito clima  culturale degli anni ’70 hanno dunque apportato il loro prezioso contributo al servizio della sua formidabile  intelligenza creativa! La carta è il supporto scelto per imprimere una pittura velocissima che conduce lo spettatore attraverso desolati territori di pietra. Gli importanti cicli giovanili arrivano a dimostrare il “redde rationem” della sua arte:  l’assenza dell’uomo nei suoi quadri è soltanto  un espediente per la sua  ricerca che trae spunto dalla cultura, prodotto tipico dell’intelletto umano!. Non casualmente il suo primo grande successo arriva, nella seconda metà degli anni ’70, con Le Condizioni del volo, un ciclo di trentacinque grandi disegni a china – i tre presenti in mostra provengono dalle collezioni dell’Istituto Centrale per la Grafica che ha acquisito la serie quasi per intero – ispirati alla poesia di George Trakl, disperato cantore della dissoluzione della stagione della felix Austria. Negli anni ’80, a Roma, la sua ispirazione viene alimentata dall’interesse per il reperto archeologico. Le immagini di elementi scultorei catturate nel corso di lunghe battute fotografiche nel Nord Europa e in Italia vengono inserite in composizioni pittoriche minimaliste che creano una forte tensione dialettica tra linguaggio della fotografia e segno pittorico. In Stati di permanenza, la protagonista Gina, bellissima opera videografica costruita basandosi su una presenza umana, è una centenaria analfabeta che, pur avendo perso il ricordo della sua storia individuale, recita alla perfezione i versi della Divina Commedia imparati in gioventù, divenendo lei stessa un reperto archeologico grazie al quale viene stimolata la memoria culturale. 

Mostra di G. Frare a Villa Torlonia

3. Mostra a Palazzo Braschi su Giacomo Matteotti

Dal 1° marzo al 16 giugno  sarà  presente a Palazzo Braschi la mostra dedicata a Giacomo Matteotti per il centenario della sua morte intitolata “Giacomo Matteotti: vita e morte di un padre della democrazia”.

L’esposizione ripercorre la vita del leader socialista, deputato e segretario del Partito Socialista Unitario (Psu), dagli esordi giovanili all’affermazione nazionale, dalle battaglie per la democrazia all’opposizione al fascismo, di cui aveva compreso fra i primi la natura totalitaria, fino al brutale omicidio perpetrato dal regime mussoliniano. Grazie alla profonda dignità e all’alto senso civico dimostrati in  quel tragico momento della nostra storia, Matteotti è diventato il prototipo  dell’avversario tenace e incorruttibile del fascismo.

Mostra su Giacomo Matteotti a Palazzo Braschi

La mostra si pregia, inoltre, degli importanti prestiti di Fondazione Pietro Nenni, Archivio di Stato di Roma, Archivio Centrale dello Stato, Archivio Storico della Camera dei Deputati, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Accademia dei Concordi, Archivio Marco Steiner ed altre. Forte dell’autorevolezza delle istituzioni coinvolte e ricca di materiali inediti, la rassegna annovera documenti originali, come  atti istruttori e giudiziari, mai mostrati in precedenza, fotografie, manoscritti, oggetti, libri d’epoca, articoli di giornali e riviste, filmati e documentari, opere d’arte, sculture, ceramiche, quadri, nonché brani musicali dedicati al leader politico. Il percorso della mostra si divide in 4 sezioni, che ripercorrono la vita di Matteotti e il drammatico passaggio dallo Stato liberale alla dittatura fascista.

  1. Nella prima  sezione  il giovane Matteotti si impegnò in Polesine a favore di braccianti e mezzadri, della carriera accademica, dell’attività pubblicistica per “La Lotta”, dell’adesione al Partito Socialista.
  2. Quella sull’impegno politico nazionale 1919-1924,  distingue l’attività parlamentare, l’azione politica contro il fascismo, considerato da subito un pericolo mortale per le istituzioni democratiche, e gli squadristi, intesi quale “guardia bianca” degli interessi agrari e dei “collaborazionisti”, in seno al neonato Psu.
  3. La sezione Sequestro e morte 1924-1926, partendo dall’affermazione alle elezioni del 1924 del Psu quale partito più forte della sinistra, include il celebre discorso del 30 maggio 1924 in Parlamento contro i brogli e le violenze dei fascisti, fino al sequestro di cui fu vittima il 10 giugno 1924 a Roma, all’assassinio, al ritrovamento del cadavere il successivo 16 agosto e al processo-farsa di Chieti.
  4. Infine la sezione Il mito di Matteotti focalizza il lascito ideale del politico, dalle commemorazioni alle Brigate Matteotti fino alla perdurante residenza nell’immaginario collettivo perché, come lui stesso ebbe a dire: “Uccidete me, ma l’idea che è in me non la ucciderete mai… La mia idea non muore”! Il fine della mostra è quello di restituire al grande pubblico il valore di uno dei padri della nostra democrazia e di far conoscere alle nuove generazioni, con approfondimenti multimediali, attraverso varie iniziative formative e con un linguaggio immediato, un politico e intellettuale di notevole valore, oggi come allora.