“Homecoming” di Michael Ackerman alla Spot Home Gallery di Napoli

Michael Ackerman con “Homecoming”alla Spot Home Gallery di Napoli

Michael Ackerman è in mostra con “Homecoming” alla Spot Home Gallery di Napoli nello scrigno della fotografia contemporanea che sorge in via Toledo, grazie alla sua fondatrice Cristina Ferraiuolo. La mostra, è stata inaugurata giovedì 13 febbraio e sarà visitabile ancora fino al 30 giugno

“Homecoming” è una celebrazione del tempo tra New York e Varanasi. L’espressione compiuta di un’arte circolare.Tornare a casa è il moto del tempo che si compie, eternamente.

Allo stesso modo, la scimmia sul filo, i cavalli nella nebbia o la bambina sul sentiero esibiti in questa mostra “tornano a casa”, in altre parole hanno senso in uno spazio immaginario unico.

Proprio per questo la fotografia di Michael Ackerman è arte del tempo e del suo mistero.

Fonte foto: FotoCult

È tempo remoto che fa irruzione nel presente, come nelle immagini degli animali, dell’affetto profondo tra le specie, in cui ritroviamo un ricordo antico, una nostalgia profonda di unione e libertà.

È tempo istantaneo, come nei volti di queste star della strada illuminate dalle luci delle albe e dei tramonti.

Ed è tempo presagio, come nelle fotografie dei profeti dei bassifondi che salgono dal buio della grande città, figure meravigliose e sacre colpite da squarci di luce di un altro mondo, di un tempo a venire.

Varanasi e New York arrivano come due diversi racconti di uno stesso rito, dello stesso mistero che si compie davanti ai nostri occhi: profezie e leggende non meno reali della città che si vede e si tocca.

È questo il fatto straordinario raccontato in Homecoming: è davanti a noi, in ogni momento, la possibilità di trovare il tempo, di perderlo, aprirlo, seguirlo. Le fotografie di Ackerman raccontano di una possibilità sempre presente, di un atto poetico di affetto profondo, di commozione e simpatia per la gente e le loro storie che vanno e vengono, per vite consumate e fragili speranze.

Ogni personaggio porta un tempo che risuona, apre una piega nella memoria e scocca una freccia che va dritta al cuore dell’immaginazione, risvegliandola.

Napoli è fuori da ogni immaginazione ma si fa luogo di questo rito del tempo. E ha senso sottrarla alla rappresentazione ma segnalarla nel titolo della mostra, perché è nell’assenza di ogni iconografia che Napoli diventa soglia, spazio possibile dove città e storie che qui non sono mai passate diventano effettivamente comprensibili.

Come all’improvviso un luogo ha senso nel momento in cui abbiamo capito di essere tornati a casa.

Laura Lieto

Chi è Michael Ackerman 

Fonte foto: Exibart Street

Michael Ackerman è una delle più interessanti personalità nel panorama della fotografia contemporanea. Nato a Tel Aviv, emigra all’età di 7 anni con la sua famiglia a New York, dove già a 18 anni scopre la sua passione per la fotografia che lo porterà ad esporre in mostre personali e collettive in tutto il mondo. Fino a quando nel 1998 riceverà il prestigioso Infinity Award for Young Photographer dall’International Center of Photography di New York e l’anno successivo in Francia il Prix Nadar per la pubblicazione del libro End Time City edito da Robert Delpire. Nel 2009 otterrà lo SCAM Roger Pic Award per “Departure, Poland“e nel 2021, pubblicherà la nuova edizione di End time city, con una selezione delle sue fotografie più iconiche, arricchita da molte immagini inedite, realizzate nei suoi più recenti viaggi a Varanasi nel 2018 e 2020.

Il percorso espositivo di “Homecoming” e la sua impostazione

Homecoming è il titolo della mostra e raccoglie la ricerca visiva dell’artista a Varanasi, in India ed a New York. Danno corpo all’esposizione, straordinari scatti dal forte impatto visivo, i quali catturano lo sguardo del visitatore, immergendolo tacitamente, nel suo mondo interiore.

La prima parte della mostra è dedicata alle fotografie scattate da Ackerman a New York, nella città che l’ha visto crescere e dove si è formata la sua particolare visione artistica, fotografie nate principalmente da una nostalgia di casa, dall’amore per la città e da un profondo bisogno di entrare in contatto con la sua gente.

Fonte foto: FotoCult

La seconda parte è invece dedicata alla città di Varanasi, altra meta fondante del percorso artistico di Ackerman, dove negli anni ’90, realizza il suo primo grande progetto “End Time City”.

Nella città sacra agli induisti, il suo sguardo empatico si sofferma  sul mondo degli animali.

“Animali che – come ci spiega lo stesso artista – a Varanasi si confondono con gli uomini, perché camminano liberi per le strade”.

Il suo sguardo si sofferma su stormi frenetici di gabbiani siberiani che si lanciano in volo sul fiume Gange, su un elefante che sembra accennare un sorriso, una piccola scimmia che al pari di un funambolo cammina su un cavo elettrico che oscilla nel vuoto.

Fonte foto: FotoNerd

Su un cavallo bianco, che fa pensare ad un fantasma avvolto in una nube granulosa e tutto per magia sembra un grande sogno ad occhi aperti.

Fonte foto: Exibart

“La perfezione può essere una bugia, cerco attraverso la casualità e situazioni estreme di indagare la fragilità e la vulnerabilità dell’esistere”.

Note dell’artista

“Sono abbastanza certo di aver iniziato a fotografare a 18 anni come conseguenza del mio sradicamento personale e ancestrale. La fotografia è stata un linguaggio nuovo, una voce e un modo per entrare in contatto con un’umanità spesso fragile e vulnerabile.

È un’esplorazione di persone e luoghi profondamente stratificati, tormentati e trasformati. Non ho mai avuto la certezza di una casa. Sono nato in Israele, cresciuto a New York e ora vivo con mia moglie e mia figlia a Berlino. Ho sempre saputo di essere un outsider e mi sento legato ad altri outsider, ai paesaggi urbani e non, e agli animali che incarnano questo spirito. Sono guidato dal bisogno di guardare al di là della superficie e delle facciate. In un certo senso, di vedere l’invisibile.

Ci sono luoghi in cui amo stare, ai quali mi sento connesso, luoghi dove esistere e perdermi è puro piacere (New York, Varanasi, Napoli). Luoghi in cui mi sono sentito un po’ meno alieno.

La fotografia è un atto di riconoscimento profondo. Quando scatto una foto ho la breve illusione di appartenere.”