Ritorna in Italia il quadro di Artemisia Gentileschi

Ritorna in Italia il quadro di Artemisia Gentileschi

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La tela, datata intorno alla metà del diciassettesimo secolo, era stata esportata in Austria fraudolentemente nel 2019, come “dipinto di autore ignoto” per essere venduta dalla casa d’aste Doroteum di Vienna.

In realtà si trattava del prezioso olio su tela “La Carita Romana” di Artemisia Gentileschi conservato originariamente nel Castello Marchione di Conversano (Bari).

Le indagini e il pronto intervento dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Bari, assieme al Ministero della Cultura e con la collaborazione  della polizia austriaca, hanno riportato in Italia il capolavoro e saputo impedire che una ennesima importante testimonianza del nostro patrimonio artistico andasse definitivamente perduto nei meandri del mercato internazionale delle opere d’arte.

Il quadro

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Fonte foto: arte.it

La “Caritas” è un dipinto commissionato alla pittrice romana verso la metà del ‘600, dai mecenati: Giangirolamo II Acquaviva d’Aragona, conte di Conversano e duca di Nardò, e sua moglie Isabella Filomarino della Rocca, quali grandi collezionisti e promotori di un possibile nuovo  “rinascimento” nei loro feudi pugliesi.

Il quadro rappresenta una giovane donna che allatta un uomo anziano e vuole essere la raffigurazione di un episodio riportato dallo storico Valerio Massimo nel “Factorum et dictorum memorabilium libri IX”. È la storia di Cimone e Pero, nella quale la giovane Pero visita il padre Cimone ingiustamente carcerato e condannato a morire di stenti. La ragazza, madre da poco tempo, non può fare altro che offrire al padre il seno per tentare di salvarlo sfamandolo con il proprio latte. Nello specifico tale soggetto ha anche avuto la funzione di allegoria all’ingiusta carcerazione subita dal committente per diciotto mesi nel carcere di Napoli, perché vittima di intrighi politici.

Di chiara scuola caravaggesca il dipinto ha una costruzione centrale e piramidale su sfondo scuro che ne accentua, insieme alla incidenza delle luci e delle forti zone d’ombra, l’urgenza e la drammaticità della scena.

L’autrice

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Fonte foto: iiclondra.esteri.it

Artemisia Gentileschi (1593-1653) è figlia d’arte. Suo padre Orazio, pittore allora di chiara fama in Roma, grande amico e compagno di avventure di Caravaggio, la avvia con successo  alla conoscenza delle arti figurative e alla rivoluzione tecnica dell’uso della luce radente introdotta da Caravaggio. La sua vita è stata segnata dalla brutale violenza subita in giovane età da parte di Agostino Tassi, suo maestro di prospettiva, e dal successivo processo dal quale il Tassi, amico del Papa, uscì indenne, mentre Artemisia e la sua famiglia dovettero subire pesanti giudizi morali, oltre che supplizi fisici. Dopo il matrimonio riparatore con il pittore Pierantonio Stiattesi, si trasferisce a Firenze dove ha modo di conoscere Galileo Galilei, Cosimo II de’ Medici che la apprezzerà molto, affermandosi  come pittrice alla sua corte ed essere la prima donna a essere ammessa alla prestigiosa Accademia delle arti e del disegno.

Non avrà mai grandi committenze per affreschi o prestigiose pale d’altare e sarà sempre giudicata per la sua professione e la libertà di cui godeva. Ma la sua fama di ritrattista e interprete di scene bibliche in cui sono soprattutto le donne a essere protagoniste, la  porteranno a viaggiare in tutta l’Italia e persino a Londra dove collaborerà con il padre negli ultimi anni della carriera.

Una pittrice straordinaria e una vita presa a esempio e simbolo di un femminismo ante litteram.


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