Ci sono più scrittori che lettori? I dati

Ci sono più scrittori che lettori? I dati


Uno dei commenti ai dati sull’editoria italiana, che in un anno ha pubblicato oltre 76mila titoli, è stato: “Ci sono più scrittori che lettori“. Il paradosso sottolinea due verità: si pubblica molto in rapporto alla platea di lettori e c’è molta voglia di scrivere.

Nel solo campo della narrativa ci sono persone che scrivono e poi ripongono le loro opere nel cassetto. Ci sono poi coloro che svolgono con impegno quotidiano altre professioni e ottengono successo anche con i romanzi, in sostanza chiunque può essere uno scrittore, per professione o per diletto, l’importante è farlo con competenza.

I motivi per cui si è spinti a scrivere sono i più diversi, ma tutti gli autori di narrativa hanno un fattore comune che li unisce: sono stati e sono forti lettori. L’esperienza della scrittura, infatti, inizia e si conclude nella lettura.

Lettori e scrittori, che rapporto c'è?

Le percentuali europee di lettura

La Svezia è lo Stato europeo con più lettori, il 90% della popolazione ha letto almeno un libro nell’ultimo anno. in Danimarca la percentuale è l’82%.

Rientrare nel “Terzo mondo europeo” è svilente, soprattutto quando balzano all’occhio le statistiche dei lettori del Regno Unito (80%), della Germania (79%) e dei Paesi Bassi (86%).

Per quanto riguarda il Paese si riscontra che l’abitudine alla lettura è generalmente più diffusa nel Centro-nord. Nel 2022 ha letto almeno un libro il 46,1% delle persone residenti nel Nord, il 42,4% di chi vive nel Centro e il 27,9% di chi vive nel Mezzogiorno.

Tra tutte le riflessioni possibili in merito a queste percentuali, forse la più concreta e utile è un’indagine su come la lettura venga incentivata.

Gli spagnoli, ad esempio, partivano da una situazione simile alla nostra, ovvero un netto ritardo rispetto alle tendenze di lettura delle più grandi nazioni europee, e di certo nell’ultimo decennio non si sono risparmiati neanche loro crisi politiche ed economiche che avrebbero potuto distogliere l’attenzione da quello che poteva essere un problema meno urgente.

Invece hanno adottato un progetto lungimirante, potenziando la rete costituita da editori, librerie e biblioteche, in una legge del 2007 chiamata “Plan de fomento de la lectura”.

Da quel momento, riuscendo ad avvicinare i giovani ai libri, il numero dei lettori da percentuali simili alle nostre è salito al 60%, superandoci di circa 20 punti percentuali.

Qui in Italia un progetto analogo – il disegno di legge chiamato “Disposizioni per la diffusione del libro su qualsiasi supporto e per la promozione della lettura” – è rimbalzato dalla burocrazia dal 2016, anno della prima proposta di legge in merito.

Lettori e scrittori, che rapporto c'è?

Cosa porta a pubblicare tutti questi titoli?

Spesso ci si domanda come mai il numero dei titoli pubblicati aumenta in maniera esponenziale di anno in anno, nonostante le percentuali di lettori e i numeri riferiti alle vendite restano fermi?

L’editoria a pagamento e il self publishing sono i maggiori responsabili di questi aumenti sbilanciati, poiché pubblicare mettendo mano al portafoglio sta diventando sempre più semplice.

Spesso si pubblica al risparmio, affidando le proprie opere a “stampatori” che si spacciano per case editrici, prendendo soldi e non curando minimamente l’opera la immettono nel mercato così come viene consegnata, perché tanto loro hanno già guadagnato dallo sprovveduto autore e non hanno nessun rischio d’impresa, sperando in qualche vendita ad amici e parenti e lasciando allo sbando qualsiasi lavoro di promozione.

Discorso diverso per parecchi Self Publisher che, convinti di potersi arrangiare in tutto, mettono in commercio opere abbozzate e scorrette, solo per potersi fregiare del titolo di “scrittore”.

Come questo fenomeno fa aumentare gli scrittori e diminuire i lettori?

In un mercato ormai saturo di opere di dubbia qualità, il lettore si trova a dover spendere parecchi soldi per trovare libri degni di essere chiamati tali, presi dalla frenesia delle opere pubblicizzate solo perché si ha i soldi per poter assoldare un’agenzia, senza che il prodotto valga l’investimento.

Quello della cultura non dovrebbe essere un settore in cui prevalgono i soldi, ma dovrebbe fare la differenza il vero valore dell’opera.

Un libro che porta il nome del personaggio del momento viene scritto bene e avvicina nuove generazioni alla scrittura? Ben venga, l’importante è che questi libri insegnino a leggere e a scrivere bene, che facciano aumentare la curiosità verso altri scritti e non portino solo a voler emulare il vip di turno senza le dovute competenze “perché se lo ha scritto lui/lei posso farlo anche io…”

Ogni cosa ha il suo tempo, ogni persona ha le proprie inclinazioni e le proprie doti da poter sviluppare, ma è ora di finirla che il mondo proceda mettendo le mani al portafogli perché, come nel caso dell’editoria, non fa bene e non aumenta la cultura.