È sin dalla notte dei tempi, cioè dalla narrazione della mela colta nel Giardino dell’Eden nelle Sacre Scritture, che l’uomo ha rappresentato il valore simbolico del cibo nella letteratura.
Le vicende, reali o immaginarie, riguardanti personaggi delle storie narrate per intrattenere i propri simili e le generazioni future, si sono spessissimo intersecate con la descrizione di piatti, bevande, preparazioni più o meno elaborate. La ragione di ciò è tutta nel fatto che il cibo è amore, accoglienza, passione, sesso ovvero comunicazione in generale e quindi traslativamente è anch’esso un sentimento, o quantomeno un agente che veicola sentimenti.
E siccome “Dio fece il cibo, il diavolo il condimento“, numerosissimi scrittori più o meno famosi, hanno letteralmente costruito i loro romanzi “arricchendoli” col cibo, quasi fino a far diventare le descrizioni di sontuose cene o frugali pasti, sottotrama che descriveva indirettamente i personaggi. Iniziando dall’esempio più fulgido ed emblematico della letteratura mondiale, il romanzo che tutti vorrebbero aver letto, ma sul quale in pochi si sono cimentati, come non citare le famosissime madeleine di Proust. Trattasi del primo dei sette libri di cui è composta Alla ricerca del tempo perduto in cui i dolcetti intinti nell’infuso di tiglio accendono immagini, sensazioni, odori, sapori dei pomeriggi passati a casa della zia:
“All’improvviso il ricordo è davanti a me. Il gusto era quello del pezzetto di madeleine che a Combray, la domenica mattina, quando andavo a darle il buongiorno in camera sua, zia Leonida mi offriva, dopo averlo inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio“.
C’è un detto che dice: chi ti ama ti chiede se hai mangiato. Ed è questo che sembra celebrare Jorge Amado nel suo Dona Flor e i suoi due mariti, una favola scanzonata e divertita intrisa degli umori vitali brasiliani, che descrive la voglia di gioire e di godere che pervade tutto e tutti. Ogni parte si apre con una divagazione sulla cucina baiana di ricette della protagonista che, rimasta vedova, apre una scuola di cucina per sbarcare il lunario:
“Era il piatto prediletto di Vadinho, mai più lo servirò alla mia mensa. I suoi denti mordevano il granchio molle, le sue labbra colorite di dendê. Ah mai più la sua bocca, le sue labbra, la sua lingua, mai più la sua bocca ardente di cipolla cruda”.
Sono ormai proverbiali le scorpacciate del Commissario Salvo Montalbano ideato da Andrea Camilleri che ha introdotto nel linguaggio parlato termini di un siciliano caricaturale ed evocativo, ma anche ricette tipiche come la pasta ‘ncasciata, le anciovi, il tumazzu. Ne Il campo del vasaio descrive l’incontro del Commissario con la bellissima svedese Ingrid:
“Arrivarono al ristorante <Peppucciu ‘u piscaturi> (…). Menù: antipasto di mare (anciovi fatte còciri nel suco di limone e condite con olio, sali, pepe e prezzemolo;anciovi <sciavurusi> al seme di finocchio;’ nsalata di purpi, fragaglia fritta); primo piatto: spaghetti alla salsa corallina; secondo piatto: aragusta alla marinara (cotta sulla braci viva, condita con olio, sali e tanticchia di prezzemolo). Si scolaro tri buttiglie di un vino bianco tradimintoso”.
Un simposio, non certo conviviale, viene descritto ne La cena di Herman Koch in cui due fratelli con le rispettive mogli si incontrano in un ristorante di lusso per discutere, tra un manicaretto e l’altro, di come salvare i rispettivi figli adolescenti dalla prigione dopo che hanno ucciso una barbona davanti a un bancomat dandole fuoco. Nella liturgia della cena e nell’avvicendarsi delle portate si dipana l‘ipocrisia e i vecchi rancori su cui si fonda il rapporto tra i protagonisti. Da questo libro è stato tratto un film, appunto The dinner con Richard Gere nel 2017. Il risultato di questa tutt’altro che esaustiva disamina è che nei romanzi si mangia. Si mangia perché il tempo è fondamentale e può dilatarsi all’infinito. L’azione viene delineata, cesellata, si arricchisce di digressioni e sotto trame, quale modo migliore di descrivere i personaggi se non mettendoli a tavola?
Avvocato, cuciniera affettuosa, amo i tacchi e i mandorli in fiore. Piccola, ma solo fuori.