Il giornalismo ha nome e cognome: Enzo Biagi

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Fonte foto: Il Giornale

«Considero il giornale un servizio pubblico come i trasporti pubblici e l’acquedotto. Non manderò nelle vostre case acqua inquinata.»

(Enzo Biagi nel suo editoriale il primo giorno di direzione al Resto del Carlino)

L’inizio della vita da giornalista

Enzo Biagi nasce a Lizzano in Belvedere, il 9 agosto 1920 e muore a Milano il 6 novembre 2007. Ha fatto la storia del giornalismo italiano come giornalista, scrittore, conduttore televisivo e grande partigiano italiano. È stato uno dei volti più influenti del ventesimo secolo.

Biagi ha sempre avuto la verve del giornalista fin da bambino, tanto che a soli diciassette anni collaborò con il quotidiano bolognese L’avvenire d’Italia. Cominciò a coltivare la sua grande passione in un periodo complicato come quello della Seconda guerra mondiale e riuscì a comparare i suoi ideali con la sua passione per l’informazione. Nonostante fosse stato chiamato alle armi, non venne mai realmente messo al fronte a combattere, o meglio il suo comandante, infatti, pur senza dubitare della sua fedeltà alla patria lo trovava troppo gracile. Quindi all’inizio gli assegnò compiti come quello di staffetta, e successivamente gli affidò la stesura di un giornale partigiano, Patrioti, di cui Enzo Biagi era in pratica l’unico redattore e con il quale informava la gente sul reale andamento della guerra lungo la Linea Gotica.

Del giornale uscirono appena quattro numeri perché la tipografia fu rasa al suolo dai tedeschi. Biagi considerò sempre i mesi che passò da partigiano come i più importanti della sua vita: in memoria di ciò, espresse il desiderio che la sua salma il giorno del funerale fosse accompagnata al cimitero sulle note di Bella ciao.

Terminata la guerra, Enzo Biagi fu uno dei primi, se non il primo, a entrare con le truppe alleate a Bologna e ad annunciare dai microfoni del Psychological Warfare Branch l’avvenuta liberazione d’Italia dai nemici. Successivamente fu assunto come inviato speciale e critico cinematografico nella testa del Resto del Carlino che al tempo si chiamava Giornale dell’Emilia. Nel 1946 seguì come inviato speciale sportivo il Giro d’Italia, nel 1947 prese parte al matrimonio della regina Elisabetta in Gran Bretagna. Questo fu il primo di una lunga serie di viaggi all’estero che lo rese “testimone del tempo” che contrassegnò tutta la sua vita.

Biagi lascio il segno anche alla televisione, soprattutto quella della Rai, dove condusse dal 1977 al 1980 Proibito, programma in prima serata su Rai 2, che si occupava d’attualità. Con questo programma, Biagi iniziò a occuparsi di interviste televisive, genere del cui sarebbe divenuto un vero e proprio maestro.

Le prime apparizioni in televisione

Nel programma furono intervistati politici e molti criminali storici internazionali e non, creando ogni volta scalpore e polemiche, personaggi-chiave dell’Italia dell’epoca come l’ex brigatista Alberto Franceschini, Michele Sindona, il finanziere coinvolto in inchieste di mafia e corruzione, e soprattutto quella più storica di tutte con il dittatore libico Mu’ammar Gheddafi nei giorni successivi alla tragedia di Ustica. Ghedaffi sostenne che si trattava di un attentato organizzato dagli Stati Uniti contro la sua persona e che gli americani quel giorno avevano soltanto “sbagliato bersaglio”; l’intervista finì al centro di una controversia internazionale e il governo dell’epoca ne proibì la messa in onda sulle reti italiane. Anche l’incontro fu poi regolarmente trasmesso circa un mese dopo.

“Il fatto”, miglior programma giornalistico della Rai

Correva l’anno 1995 quando Enzo Biagi iniziò a condurre la trasmissione Il Fatto, un programma di approfondimento dopo il TG1 sui principali fatti del giorno, di cui Biagi era sia  autore che grandissimo conduttore; tra le interviste andate in onda nella trasmissione, vanno segnalate quelle a Marcello Mastroianni, a Sophia Loren, a Indro Montanelli e soprattutto le due realizzate al meraviglioso  Roberto Benigni. Nel 2004 Il fatto venne proclamato da una giuria di critici televisivi come il miglior programma giornalistico realizzato nei primi cinquant’anni dalle reti Rai.

La cosa che più resta impressa nelle convinzioni di Biagi sono anche le controversie con il presidente del consiglio Silvio Berlusconi, che lo portarono ad abbandonare il suo programma dopo 814 puntate e a non rinnovare il contratto con la Rai.

Gli ultimi anni: il ritorno in televisione

In questo stesso periodo, Biagi fu colpito da due gravi perdite: la morte della moglie Lucia il 24 febbraio 2002 e della figlia Anna il 28 maggio 2003, cui era legatissimo, scomparsa improvvisamente per un arresto cardiaco. Questa morte improvvisa lo segnò per il resto della sua vita. Tornò in televisione per qualche puntata di Che tempo che fa, intervistato da Fabio Fazio e da Adriano Celentano

La Morte

Il caro Enzo è stato ricoverato per oltre dieci giorni in una clinica milanese, a causa di un edema polmonare acuto e di sopraggiunti disfunzioni renali e cardiache. Ci ha lasciati all’età di 87 anni dopo anni di onorato servizio all’informazione più vera e limpida la mattina del 6 novembre 2007.

Si racconta che pochi giorni prima di morire, aveva detto a un’infermiera: «Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie», ricordando il sonetto di Ungaretti, e aggiungendo «ma tira un forte vento».

Sicuramente come il vento il caro Enzo ha smosso molti animi e fatto luce su tante cose poco chiare. È stato un esempio da seguire e soprattutto da raccontare.


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