I 5 libri più noiosi secondi i lettori

Da quando Internet ha preso il sopravvento nelle nostre vite, la mia passione per i libri ha trovato un nuovo sfogo: i gruppi di letteratura sui Social Network. Coadiuvati da caffè letterari e altre realtà fisiche affini a questo mondo, essi hanno aperto un ventaglio di magnifiche possibilità per noi poveri nerd destinati ai confini della società. Sul web ci sentiamo liberi di discutere per ore (e a volte giorni) dei nostri autori preferiti, di disquisire sui talenti altrui, di mostrare il nostro gusto senza timori. Ciò, unito a presentazioni ed eventi dal vivo, ci ha dato una certa libertà di espressione e confronto con l’altro.

Tuttavia, esisto tematiche che infiammano anche gli utenti più mansueti, a prescindere se il luogo del dibattito si trovi nel mondo reale o in quello virtuale.

Un esempio su tutti: alcuni capolavori classici e contemporanei, a causa del numero delle pagine, dello stile astruso o della trama apparentemente inconsistente, vengono impietosamente definiti noiosi. Senza mezzi termini.

È davvero così? Le grandi opere sono intoccabili o se ne possono evidenziare anche i difetti?

Vediamo insieme quali sono i libri definiti noiosi

– La scuola cattolica di Edoardo Albinati. –  Pubblicato da Rizzoli nel 2016 e vincitore, nello stesso anno, del Premio Strega. Ambientato negli anni Settanta, le vicende ruotano attorno al delitto del Circeo. Il romanzo tocca temi attualissimi come quello della violenza dell’uomo. Tuttavia, non è possibile definirlo un testo breve e conciso: si tratta di circa 1300 pagine.

– L’eleganza del riccio di Muriel Barbery – Qui credo che il “problema” riscontrato da alcuni lettori consista nella complessità filosofica dell’opera. Attraverso un racconto lento e denso (nel senso buono del termine secondo me), viene analizzato il senso del vivere.

– Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa – Uno dei miei romanzi preferiti in assoluto. Tuttavia, provo un senso di vergogna ogni volta che lo affermo ad alta voce: le vicende del Sud Italia nella metà dell’Ottocento non sembrano riscuotere lo stesso successo tra tutti. O meglio, non con lo stile di scrittura dell’autore.

– Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar – Si tratta di un romanzo epistolare in cui l’imperatore si sfoga con l’amico Marco Aurelio. Forse a causa delle disgressioni storiche o della forma scelta, ma anche questo è stato – ahimè – definito noioso da tantissimi lettori.

– Il nome della rosa di Umberto Eco – Il famoso giallo deduttivo è strutturato su più livelli di scrittura: la Storia (nel senso di ambientazione dell’epoca), le vicende del protagonista e la riflessione teologica. La complessità e i numerosi riferimenti alle origini della religione rendono la lettura faticosa.