Pierfranco Bruni intervista

Pierfranco Bruni: «L’artista opera in uno stato di follia»

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Il nuovo libro di Pierfranco Bruni è un inno alla gioia del trovare sé stessi, nel modo meno ordinario possibile. Si tratta, infatti, di un’opera fuori dal comune, che permette al lettore di spaziare con la fantasia, di spingersi oltre i propri limiti e di mettersi a nudo.

Senza prefazione, né introduzione, Disordinatamente conta 160 pagine ed è pubblicato da Luigi Pellegrini Editore nella collana Zaffiri. Il cartaceo è disponibile in tutte le librerie fisiche e online al prezzo di 12 euro.

Pierfranco Bruni, calabrese illustre

Pierfranco Bruni è nato in Calabria, ma vive a Taranto da molti anni. È un archeologo, direttore del Ministero dei Beni Culturali e componente della Commissione UNESCO per la diffusione della cultura italiana all’Estero. Si occupa del piano di studi sulle Presenze minoritarie in Italia per conto del MiBac e di numerosi progetti affini per la promozione della letteratura. Nel 2016 e di nuovo nel 2023 è stato candidato al premio Nobel per la Letteratura.

Pierfranco Bruni

 

Disordinatamente 
di Pierfranco Bruni, Archeologo

 L’intervista

Cosa si può definire normale e cosa follia secondo lei?

“Direi che sul piano metaforico, e quindi letterario, non vedo una misura per creare una distinzione. L’artista opera in uno stato di follia. Perché inventa. L’invenzione è un gioco tra finzione e mistero. Se poi scendiamo in un campo clinico la follia ha i suoi aspetti psichiatrici. Ma non so cosa sia la normalità. La norma la lascio alla giurisprudenza.”

Da dove nasce l’idea per questa opera?

“Dal mio vivere la filosofia della letteratura come costante conflitto con la le mie esperienze reali. Tra realtà e letteratura ci sono separazioni di fondo anche se io cerco di insistere sul rapporto tra vita e letteratura.  Il dannunzianesimo è un mestiere di vivere. Ovvero trasporto la vita nella letteratura ma non come rappresentazione del reale bensì come processo onirico.”

Cosa possiamo aspettarci da essa?

“Nulla di particolare. Ho scritto sempre inizialmente per me stesso. Ascoltare un altro piccolo “pezzo” di confessione.”

Disordinatamente non è la sua prima prova letteraria: a quale tra le sue opere è più affezionato e perché?

“Quasi a tutte. Credo che ci sia sempre un legame tra la prima e l’ultima. Perché considero lo scrivere un diario. Non credo nei generi. La confessione è un genere letterario stesso. Da ‘Paese del vento’, anni lontani, a ‘Al canto del Muezzin’, recente, ho appunto cercato di scrivere un diario.”

I suoi testi spaziano dal genere poetico al saggio: come coniuga il rigore scientifico della ricerca con l’estro artistico? La sensibilità è un valore aggiunto in questi casi?

“Ci sono testi scritti per necessità esistenziale e per vocazione. Altri per il lavoro che ho svolto sul piano professionale. Questi ultimi dovrebbero avere forse un po’ di scientificità. A volte è stata adottata. Il più delle volte volutamente no. È difficile trovare miei libri con annotazioni di note. Pensare e scrivere. Scrivere è usare il linguaggio del pensiero. Sono un a-sistematico per vocazione e scelta.”

Crede che la sua terra di origine, la Calabria, abbia dei meriti rispetto alla sua cultura per quanto riguarda i simboli del mito, del sacro e del rituale in generale?

“La Calabria è lo scavo nel mito. È un archetipo che mi riporta all’infanzia, alla casa, al nostos. È il senso nell’orizzonte. È il luogo della memoria che è metafisica dell’anima. Ma i luoghi che ho abitato, i miei viaggi, i mari e le terre che ho attraversato restano comunque dentro di me. E si fanno letteratura.”

Quali sono i suoi progetti editoriali futuri?

“Proprio in questi giorni sto lavorando nuovamente a due libri. Un mio nuovo e antico Pavese e a un libro su Eleonora Duse. Anzi all’amore teatralizzato tra Eleonora e D’Annunzio. Anche se su questi ho già scritto molto. Comunque uscirà nei prossimi mesi il mio Kafka.”


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