Han Kang (한강, 韓江) è la prima scrittrice sudcoreana che lo scorso 10 ottobre è stata insignita con il Premio Nobel per la Letteratura 2024. La motivazione che ha spinto l’accademia svedese a premiare la Kang è da rintracciare ne “la prosa intensamente poetica che si confronta con i traumi storici e che espone la fragilità della vita umana” che caratterizza le opere della scrittrice.
Han Kang, biografia e opere del Premio Nobel per la Letteratura 2024
Originaria di Gwangju, città storica e artistica nel sud-ovest della Corea del Sud, nasce negli anni settanta e ben presto segue le orme del padre, lo scrittore Han Seung-won. Infatti, conseguiti gli studi in letteratura coreana all’Università di Seul, Han Kang esordisce nel 1993, a ventitré anni, con una raccolta di poesie pubblicata sulla rivista coreana “Letteratura e società”.
L’anno successivo pubblica il suo primo romanzo; seguiranno a questa “opera prima “ cinque romanzi. Nel 2013 ottiene la cattedra per insegnare scrittura creativa al Seoul Institute of the Arts. Nel 2016 uno dei suoi romanzi, particolarmente noto in Italia, La vegetariana viene premiato con il Man Booker International Prize, mentre nel 2017 vince il Premio Malaparte per il libro Atti umani.
La vegetariana
Han Kang è conosciuta a livello internazionale, e soprattutto in Italia, per il romanzo La vegetariana, pubblicato in Corea del Sud nel 2007 e tradotto in Italia da Adelphi nel 2016. Questo libro le valse il prestigioso Man Booker International Prize nel 2016, premio letterario internazionale assegnato nel Regno Unito che premia autori che non fanno parte dell’aria anglofona.
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La vegetariana narra la storia di Yeong-hye, una donna che, dopo una serie di incubi, smette di mangiare carne, scegliendo una vita di rinuncia e annichilimento, simile a quella di una pianta. La sua decisione sconvolge profondamente la famiglia: in Corea del Sud, il vegetarianismo è una scelta rara e spesso vista come una deviazione dalle norme sociali. Il marito, un uomo mediocre e insensibile incapace di comprendere la scelta della moglie, reagisce con un sadismo sessuale, il padre autoritario la disconosce, mentre il cognato, un artista d’avanguardia, documenta ossessivamente la sua trasformazione fisica della donna in un corpo sempre più emaciato e passivo attraverso una performance ai limiti del pornografico.
In questo libro la scrittrice esplora le forme di resistenza alla violenza dello stato sull’individuo attraverso la rinuncia, rappresentata in questo caso dalla scelta di privarsi della carne, che portano la protagonista a distaccarsi dalla realtà. Più nello specifico indaga la condizione della donna nel patriarcato coreano, scandendo il ritmo narrativo in tre tempi, ovvero in tre capitoli, che si configurano come motivi che la Kang dona al lettore per non sottrarsi dalla lettura di questo romanzo.
Il coreano, una lingua ponte
Se la vittoria del Man Booker International Prize accese i riflettori su La vegetariana, lo fece anche la polemica creatasi sulle traduzioni inglesi di quest’ultima. Infatti Deborah Smith, la traduttrice, fu fortemente criticata da alcuni lettori sudcoreani per aver alterato nella sua versione, a detta loro, lo stile originale. La colpa della Smith sarebbe stata, secondo Charse Yun del Los Angeles Times , quella di “aver amplificato lo stile sobrio e tranquillo di Han, abbellendolo con avverbi, superlativi e scelte lessicali enfatiche assenti nell’originale”, rendendo il testo più accattivante per il pubblico anglofono, ma allontanandosi dall’essenzialità tipica della letteratura coreana.
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In Italia, La vegetariana è stata tradotta da Milena Zemira Ciccimarra, ma a partire proprio dalla versione inglese. Questo è un esempio di traduzione attraverso una “lingua ponte”, pratica comune per le lingue meno studiate. Nonostante il dibattito ancora aperto sulla puntualità della traduzione inglese, questa scelta ha comunque consentito al pubblico italiano di scoprire una delle opere più significative della letteratura sudcoreana contemporanea.
La scelta del silenzio
L’unica persona a non aver commentato la vittoria del Premio Nobel per la Letteratura di Han Kang è stata proprio lei. Suo padre, lo scrittore Han Seung-wo, ha spiegato che il suo silenzio è una scelta politica: le recenti guerre in corso e il numero dei morti in costante aumento hanno portato la scrittrice coreana a rinunciare alla consueta conferenza stampa che segue l’assegnazione del Nobel, ma non ha rilasciato alcuna dichiarazione pubblica in merito, se non l’inciso del padre che chiede ai lettori della figlia comprensione per la sua scelta.
Il suo silenzio è diventato argomento di dibattito in Corea del Sud, dove è sotto i riflettori siccome è la prima scrittrice sudcoreana a ottenere il prestigioso riconoscimento. Nel frattempo, le librerie sono state prese d’assalto e i suoi libri vanno a ruba.
Chi conosce le opere di Han Kang sa che uno dei temi centrali della sua scrittura è la violenza dello Stato sull’individuo e in un periodo storico in cui la brutalità della violenza sembra riaffermarsi in modo così palese, la sua scelta di rimanere in silenzio assume un significato ancora più potente.
Sono una Boomer intrappolata nel corpo di una Millennial a cui piace scrivere. Ho un background variegato, sono eclettica e la semplicità non sempre fa parte di me (fortunatamente). Ho qualche laurea che attesta la mia specializzazione nel settore food, ma la verità è che mi piace comunicare il cibo in ogni sua forma, mi occupo di formazione, adoro la cultura coreana, la musica underground e vorrei essere perennemente affetta dalla sindrome di stendhal. A livello associazionistico, ricopro il ruolo di Responsabile Comunicazione, Marketing, Ufficio Stampa e Social Media Manager di Slow Food Roma & MULTI, viaggio alla scoperta delle culture e cotture che ci uniscono, evento a cura di Slow Food Roma & Lucy – Sulla cultura, ormai alla sua seconda edizione. Ho collaborato con media territotiali e riviste on line, ma Hermesmagazine è stata l’opportunità per entrare a far parte di una vera e propria redazione giornalistica ed avere uno spazio dove esprimermi e permettere alla mia natura dinamica di captare nuovi stimoli e trasformarli in occasioni per imparare e superare i miei limiti.