Stefano Dal Bianco intreccia il quotidiano e il sublime, creando poesie che sussurrano segreti nascosti tra il silenzio e la luce. Dal Bianco è un poeta che abita la soglia, uno di quelli che ti costringe a fermarti e guardare il tempo mentre si sfalda.
Ma chi è questa voce fortemente cromatica, ricca di creatività linguistica e un corollario iconografico potente?
Stefano Dal Bianco: biografia e opere
Nato nel 1961 a Padova, porta con sé una voce che non cerca clamore ma una verità da scoprire, quasi sottovoce. È studioso, docente, ma prima di tutto è un ascoltatore: della natura, del silenzio, del quotidiano che si rivela nei dettagli minimi, dove il senso si annida.
Le sue opere sono finestre aperte su paesaggi interiori. Ritorno a Planaval, nel 1986, è già un manifesto di delicatezza, una poesia che osserva senza fretta. Con La bella mano (1991), il poeta inizia a confrontarsi con il peso dell’esistere, trasformando il verso in un ponte tra l’intimo e l’universale. Ma è con Prove di libertà (2012) che Dal Bianco si spinge oltre, scavando nel profondo, cercando risposte che forse nemmeno pretende di trovare. L’ultima raccolta, L’avventura di Maria (2019), si muove tra quotidianità e sacralità, un viaggio che non separa ma intreccia.
Dal Bianco scrive come chi misura le parole per paura che si spezzino: ogni verso è un filo teso, pronto a vibrare. La sua poesia è fatta di pause, di silenzi che non sono vuoti, ma spazio per ascoltare ciò che spesso non riusciamo a dire. È il respiro lento della natura, il passo incerto dell’uomo che cerca ancora una bellezza semplice, un ordine nascosto.
Chi legge Dal Bianco non si aspetti risposte definitive. Dal Bianco è un viaggio tra pause e rivelazioni, dove il linguaggio diventa una bussola per orientarsi nell’invisibile.
Le sue poesie sono tracce, frammenti di una conversazione che continua anche quando chiudi il libro.