Con Poor Things! ( Povere Creature! in italiano) Yorgos Lanthimos si conferma uno dei registi più straordinari nel panorama cinematografico internazionale. Il suo cinema è sconcertante ma sempre affascinante e ogni suo film riesce a convincere sia pubblico che critica, rappresentando ogni volta un connubio tra follia e genialità.
Eppure tutti i lavori del regista greco si mostrano coerenti con una stessa idea di base, che rende il suo uno stile ormai ben riconoscibile: il filo conduttore è quello di creare dei piccoli universi distopici, che trasmettano il concetto di assurdità e innaturalità vigente nel nostro mondo, sempre con un umorismo cinico e intelligente.
E se le storie drammatiche portate finora sullo schermo hanno sempre fatto discutere, non da meno è il suo ultimissimo capolavoro che, non a caso, ha già ricevuto tanti premi e ben undici nominations agli Oscar 2024.
Le “povere cose”, i corpi senz’anima
La pellicola, adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo del 1992 scritto da Alasdair Gray, è una rivisitazione femminile del tema classico della creatura di Frankenstein. Racconta la storia di Bella Baxter (Emma Stone), una giovane donna riportata in vita dal brillante scienziato Godwin Baxter (Willem Dafoe).
Bella è una giovane donna che vive inizialmente nella casa-studio del suo creatore-padre ( ricorrente anche il gioco di parole tra il nome “GODwin” e “God” inteso come “Dio”, “creatore” appunto), uno scienziato dall’aspetto deturpato che ha dedicato tutta la sua vita alla medicina, fino a diventare lui stesso cavia di suo padre. Capiamo subito il significato del titolo – che tradotto letteralmente è “povere cose” – perché le povere cose sono quelle che popolano l’abitazione del medico: tra cani-oche e maiali-galline, Bella è un altro esperimento del Dottor Baxter, una “povera cosa” con l’accezione di “corpo- oggetto”, “cadavere”, “corpo senza anima”, laddove il film guida il nostro sguardo focalizzandosi su questo concetto.
Bella si comporta come un bambino di pochi anni, è goffa, cammina meccanicamente, è istintiva e sconclusionata. Ci viene svelata la verità: Godwin ha recuperato il corpo di Victoria, una donna incinta che aveva deciso di togliersi la vita gettandosi nel Tamigi, vi aveva impiantato il cervello del feto sopravvissuto dando quindi vita alla sua Bella Baxter.
Ma questo esperimento non è fine a se stesso: la donna-bambina progredisce rapidamente e dimostra una spiccata intelligenza, memorizzando 15 parole al giorno e dimostrando precocemente una spiccata libido a cui dà sfogo con l’autoerotismo. Entrata in quella che è praticamente l’adolescenza e trasformandosi in un essere sempre più senziente e autonomo, Bella diventerà presto impaziente di conoscere ciò che sta al di là del suo focolare domestico e coglierà quindi l’occasione per scappare con l’astuto donnaiolo Duncan Wedderburn ( Mark Ruffalo), dando inizio ad un’avventura sorprendente, con un percorso itinerante che parte da Londra e tocca Lisbona, Alessandria e Parigi.
Una sceneggiatura audace
Poor Things è uno dei film più audaci di quest’anno. Lanthimos esplora la vita di una donna a cui è stata data una seconda possibilità di vivere la vita che desiderava. Nella sua vita passata, Bella ha dovuto prendere una decisione dovuta all’infelicità del suo matrimonio (decisione davanti alla quale si ritroverà per una seconda volta alla fine del film).
Bella sente di poter fare qualsiasi cosa senza trattenersi. È qui che la sceneggiatura di Tony McNamara brilla tantissimo: una scrittura tagliente, divertente e persino educativa. Attraverso gli occhi di Bella, vengono messi in luce tutti gli stereotipi della società patriarcale e, di contrasto, la spontanea impertinenza della fanciulla, abituata a fare ciò che vuole quando vuole, sfida queste regole ordinarie.
Epici sono i siparietti tra Emma Stone e Mark Ruffalo. In particolare la scena del ballo è già diventata iconica: Duncan cerca visibilmente di dominare Bella e di “guidare” la danza come farebbe normalmente un uomo ma Bella si defila in ogni modo possibile per poter ballare da sola.
La parabola di Bella mostra in questo la sua crescita dall’essere un esperimento e dal non avere il controllo del suo corpo fino alla comprensione di quelle che sono le sue necessità. La performance di Emma Stone è in questo una delle migliori della sua carriera. L’alchimia con Ruffalo poi è assolutamente perfetta, anche lui superlativo e divertente nella sua interpretazione.
Una visione in technicolor: il design, la fotografia, i costumi
Quando incontriamo Bella per la prima volta è nella sua casa di Londra, un luogo stravagante pieno di decorazioni e stranezze, tra cui anche i già citati animali domestici “non convenzionali”. In questa prima parte del film vediamo in bianco e nero perché la nostra visione coincide con lo status della protagonista: si tratta della fase embrionale della vita della sua vita, in cui tutto è ancora ignoto e oscuro come lo è agli occhi di un bambino.
Poi però, quando Bella si avventura nel mondo reale, le immagini virano verso colori saturi e vibranti. Attraverso i suoi occhi scopriamo paesaggi variopinti e vivaci: Bella ha scoperto la vita. Le immagini fantasiose del film sono il prodotto di set estremamente lavorati, creati dagli scenografi Shona Heath e James Price. Mentre i film precedenti di Lanthimos tendono ad essere ambientati in un’unica location o – come Il sacrificio del cervo sacro – mostrano una tavolozza di colori più tenui, Poor Things! risulta assolutamente un cambio di direzione in questo senso.
Le scenografie si calano in modo preciso e impeccabile in un’atmosfera vittoriana, ma con elementi legati ad una modernità steampunk. Si è trattato di una produzione molto impegnativa, realizzata alla perfezione grazie alla commistione di vari artisti che hanno creato ogni particolare da zero. Tutte le surreali ambientazioni, in particolare quelle di Lisbona e Alessandria, sono una versione fiabesca e iper-suggestiva delle città stesse. L’aspetto e la composizione unici del film sono stati resi possibili con l’aiuto di diverse tecniche di effetti visivi che vanno dagli enormi fondali LED dipinti, alle miniature, al significativo lavoro in CGI.
La fotografia del film è stata firmata dal direttore Robbie Ryan ( che ha lavorato già una volta con Lanthimos per La favorita ), il quale ha utilizzato una molteplicità di pellicole e obiettivi innovativi per raccontare l’assurda storia di Bella Baxter. Ryan ha dichiarato in particolare di aver preso spunto dal film di Francis Ford Coppola Dracula di Bram Stoker. È vero infatti che in Poor Things! Ci sia un palese artificio cinematografico, dato da giochi di luce, colori e tecniche di ripresa ben studiate. Circa il 30% del film è stato girato con una particolare pellicola (Ektachrome da 35 mm) che mette in evidenza i colori e i contrasti di luce. Innovativi anche gli obiettivi scelti da Ryan, con un grande utilizzo di grandangoli e fish eye.
Il fish eye in particolare viene utilizzato diverse volte nel corso del film, a sottolineare momenti salienti della narrazione e forse anche per evidenziare il ruolo dello spettatore onnisciente che può guardare tutto dall’esterno, avendo una visione d’insieme.
Frequenti anche le zoomate lente in avanti o indietro che sottolineano poeticamente una battuta o un’immagine o un’emozione, come lo stupore e la commozione provati da Bella durante l’ascolto di un canto tra le strade di Lisbona.
Una menzione particolare va poi anche agli straordinari costumi indossati dalla protagonista, strutturati come lussuosi palazzi e tinti in sintonia con la sua personalità: c’è il giallo mango, che esprime energia e vitalità; c’è il blu simbolo di un equilibrio e un risveglio interiore; c’è il bianco indossato ad Alessandria e poi con il vestito da sposa, metafora del ritrovamento di una purezza originaria; ci sono l’arancio e il viola dell’ultimo abito, abbinamento deciso che è forse simbolo della trasformazione decisiva della protagonista.
Un messaggio che va oltre l’ode all’autodeterminazione femminile
Il tema trattato in Poor Things! è contemporaneo sotto ogni aspetto. Si tratta sicuramente del percorso che una donna compie per rendersi indipendente dalla società prevalentemente maschilista, ma – lungi anche dal modo più superficiale in cui questo tema è stato affrontato in Barbie – il viaggio interiore compiuto dall’eroina Bella Baxter va oltre questo concetto e va a rappresentare un ideale di libertà ed emancipazione che è individuale ed è probabilmente desiderato da chiunque.
Molte le scene di sesso con i “furiosi sobbalzi” che hanno fatto storcere il naso a molti – probabilmente perché non hanno mai visto i film precedenti del regista -, su cui Lanthimos si sofferma perché è proprio il sesso l’emblema dei tabù esistenti nella nostra realtà, quella cosa innominabile che sta alla base della vita stessa.
Quel senso di sé scoperto da Bella coincide – e qui sta la parte più contestata del film – con il risveglio sessuale del suo corpo: quando Bella scopre per caso che può darsi piacere da sola, può raggiungere autonomamente e quando vuole la “felicità”, come definita da lei stessa, inizia quel percorso di indipendenza e autodeterminazione che passa anche per la sua esperienza di prostituzione a Parigi e la porta ad una nuova consapevolezza di sé.
Bella fa quello che in fondo rappresenta un’utopia per ni tutti: vivere fregandosene di ostacoli e pregiudizi, di barriere o norme sociali. E una volta scoperto anche il lato oscuro del mondo, ormai totalmente insofferente di fronte alla realtà, Bella non è più manipolabile. Vuole assaporare la vita in ogni senso, ingozzandosi di dolci e scoprendo il suo corpo in totale libertà, anche a sue stesse spese poiché si renderà conto che anche il sesso può renderla un oggetto manovrabile. Esplora da sola le strade della città, i vicoli malfamati e i panorami mozzafiato, fa sesso per soldi e con quei soldi pensa a se stessa e appaga i suoi sensi.
Perchè “c’è un mondo da assaporare, circumnavigare”.
Sulla scia anche di un finale fantastico – in cui il peggior nemico di Bella ( il dispotico marito della sua vita precedente) diventa un uomo-capra grazie all’intervento di lei stessa, diventata un medico come il suo “God” – Poor Things! ci lascia con emozioni diverse: abbiamo riso, abbiamo sofferto, siamo rimasti sbigottiti di fronte all’assurdità. Ma nel complesso ci è stata regalata una storia incredibile, con un cast impeccabile e una densità di significati che vanno al di là della sola ode all’ autodeterminazione femminile.
Laureata in Archeologia, Storia delle Arti e Scienze del Patrimonio Culturale alla Federico II di Napoli. All’età di 5 anni volevo fare la “scrittrice”, mentre adesso non so cosa di preciso mi riserverà il futuro. Ma una cosa certa è che la scrittura risulta essere ancora una delle mie attività preferite, una delle poche che mi aiuta di tanto in tanto ad evadere dal mondo.