Blockbuster, la storia del colosso americano

Blockbuster, la storia del colosso americano

Ripercorriamo la storia di una delle più grandi società di distribuzione mai esistita, divenuta prima un colosso quasi per caso, diventata poi vittima dell’innovazione.

La storia di Blockbuster

Dallas, anni ’80: la crisi petrolifera iniziata nel 1973 ha portato effetti rovinosi sentiti principalmente dalle medie industrie e imprese. Tra gli sfortunati c’è anche David Cook, proprietario della Cook Data Service, un’azienda che fornisce software informatici al settore energetico. Ormai destinato al fallimento, accetta il consiglio della moglie, appassionata di cinema, e si immerge in un moderno settore destinato ad affermarsi: il videonoleggio.

Cook decide di chiamare il suo store “Blockbuster”, il nome che veniva dato alle più grandi bombe utilizzate nella Seconda Guerra Mondiale dalla Royal Air Force. Questo termine verrà in seguito utilizzato per indicare un evento o spettacolo di grande successo.

Il 19 ottobre 1985 apre il primo store Blockbuster a Dallas ed è un totale successo: il negozio è talmente affollato che Cook è costretto a chiudere le porte per evitare la calca. Organizzato con lunghi scaffali in modo da dare la massima visibilità possibile ai prodotti in esposizione, Blockbuster mette a disposizione 8000 videocassette e 6500 titoli stracciando così la concorrenza.

I barcode sono applicati direttamente nelle videocassette e associati alle tessere di acquisto dei clienti, in questo modo oltre a ottenere le transazioni in tempi ridotti, possono essere tracciati tutti i movimenti dei VHS. Blockbuster vive in pochissimo tempo un’ininterrotta crescita e un forte successo espandendosi per tutti gli Stati Uniti.

Nel 1987 Cook decide di vendere un terzo della società per 18,6 milioni di dollari alla Waste Management Inc., un altro colosso formato da tre investitori: John Melk, Donald Flynn e Wayne Huizenga. Il rapporto tra Cook e Huizenga si rivela estremamente conflittuale tanto che solo due mesi dopo aver ceduto un terzo della società, Cook lascia definitivamente la sua creazione con una buonuscita di 20 milioni di dollari. Sotto il controllo di Huizenga, nel 1989 sono 700 gli store aperti, le vendite e i profitti sono quadruplicati e il valore delle azioni è sette volte superiore rispetto ai due anni precedenti.

Bramata dai più grandi investitori, la società viene acquistata dalla Viacom per 4.8 miliardi di dollari. Questo avvenimento, che segue l’abbandono di Huizenga, è considerato l’inizio della fine per il gigante. Nel 2000 Reed Hastings, il co-fondatore di Netflix, chiede la cessione dell’azienda per 50 milioni di dollari all’amministratore delegato di Blockbuster, John Antioco, che, dopo una bella risata, gli dice che lo streaming non avrà mai un futuro.

Nel 2004 Blockbuster raggiunge un profitto di 5.9 miliardi di dollari, con 9 mila store e 84 mila dipendenti. La competizione inizia però ad essere sempre più pericolosa: grandi distributori come Walmart vendono film a prezzi stracciati; con l’avvento della TV via cavo e satellitare, vengono offerti nuovi servizi on demand e inizia un rapidissimo processo di innovazione che riduce Blockbuster a un pezzo di antiquariato in poco tempo.

Nascono le prime aziende che offrono la visione di un’infinità di film online e nel giro di dieci anni Blockbuster soccombe. La bancarotta arriva il 23 settembre 2010, e con 900 milioni di debiti, nel 2011 viene acquistata da Dish Network per 320 milioni di dollari. Due anni dopo Dish Network annuncia la chiusura degli ultimi 300 store.

Nel 2020 l’ultimo Blockbuster al mondo dal 2019, situato a Bend (Oregon) è ancora aperto nonostante la pandemia, attraverso un servizio che permette ai clienti di aspettare il titolo, pagato anticipatamente online, nella propria auto. La responsabile del negozio ha addirittura raccontato in un’intervista di un cliente che ha espresso la propria gratitudine per l’esistenza del videonoleggio, in quanto stanco di “sfogliare” il catalogo di Netflix.