Foto tratta da: Liveunict-liveuniversity
In provincia di Trapani in Sicilia sorge un delizioso paesello: Erice
Il centro cittadino è posto sulla vetta dell’omonimo monte e prende il nome da un personaggio mitologico Erix , figlio di Afrodite e di Bute.
Pare che fu fondato dai troiani che fuggendo nel mar Mediterraneo trovarono, in queste terre, il posto ideale per insediarsi. Venne conquistato in seguito dai Romani che qui veneravano la Venere Erycina, dea della mitologia simile ad Afrodite.
Dal 1957 si organizza, ogni anno nel periodo primaverile, una gara automobilistica di cronoscalata, denominata “Gara in salita di velocità Monte Erice”. Le auto, moderne, storiche, prototipi da competizione e vetture formula, sfrecciano sui tornanti fino alla vetta, circondati da uno sfondo mozzafiato.
La storia di Erice
Il piccolo borgo medioevale ha una storia millenaria e la sua magia si respira in ogni angolo. Ci sono tanti monumenti che è possibile visitare. Il Duomo e la Torre di Re Federico risalgono al 1312 e sono state commissionate da Federico III d’Aragona come ringraziamento per la città. Vennero costruiti con molto materiale del tempio di Venere. Dalla torre, percorrendo i 110 gradini, si può ammirare tutto il paese.
Attraverso le viuzze si arriva fino al Castello di Venere. Sorge sopra un santuario dedicato alla divinità femminile della fecondità, al tempo dei Fenici veniva chiamata Astarde, con i Greci Afrodite, con i Romani passò a Venere e infine con l’avvento del culto cristiano fu dedicato alla Vergine Maria. In seguito i Normanni vi costruirono l’attuale castello.
Si può ammirare, ancora, La Torretta Pepoli. Costruita nel 1870 in stile Liberty. Si sviluppa su quattro livelli con un spiccata eleganza.
I Giardini del Balio si intrecciano alle stradine, ai cortili e alle scale, curatissimi, costituiscono il tessuto urbano di Erice.
Le Mure Ciclopiche costruite tra il VII e VI secolo A.C. dagli Elimi in difesa del paese. La cinta muraria parte da Porta Trapani e arriva fino a Porta Spada. Sono presenti megaliti dalla forma squadrata che raggiungono diverse tonnellate di peso. Vengono chiamate ciclopiche perché furono utilizzati alcuni operai della popolazione vicina particolarmente robusti, chiamati Ciclopi.
“E l’altro monte, e l’altro monte ei vede, L’Erice azzurro, solo tra il mare e il cielo, divinamente apparito, la vetta annunciatrice della Sicilia bella ! “ (tratto da una poesia di Gabriele D’annunzio).