Verona

Verona tra storia e spettri

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Se scrivo Verona c’è chi dice Arena, chi dice Romeo e Giulietta e chi ricorda il bellissimo anfiteatro romano, ma nelle righe che vi apprestate a leggere incontrerete la parte macabra e misteriosa della città.

Il diavolo architetto

Si narra che un uomo facoltoso della città condannato a morte per omicidio propose di dare un prezzo alla sua vita e che tale prezzo sarebbe stato pagato in cambio della grazia. I capi della città beffardamente gli risposero che avrebbe avuto salva la vita se entro il sorgere del sole fosse stato in grado di erigere una grande arena. Non avendo altra scelta l’uomo chiese aiuto direttamente al diavolo in persona offrendo la propria anima in cambio del favore del re degli inferi. Questi chiamò parte delle legioni infernali per completare l’opera per tempo ma quando al mattino risuonò la prima nota dell’Avemaria i diavoli fecero ritorno all’inferno e l’ultima parte della cinta dell’Arena rimase incompiuta presentandosi ai capi così come la conosciamo anche noi oggi. Non sappiamo se l’uomo abbia avuto o meno salva la vita ma quello che sappiamo è che intorno all’arena c’è un’altra curiosità, questa volta decisamente più credibile di quella che vi ho appena raccontato.
A partire dal medioevo fino al XVI secolo gli arcovoli esterni dell’Arena vennero dati in affitto alle prostitute e solo in seguito divennero botteghe di artigiani.

Gli amanti più famosi al mondo furono dimenticati

Tutti sappiamo e tutti sapevano che la chiesa di San Francesco è indicata come luogo di sepoltura di Romeo e Giulietta. La loro urna con molta probabilità era fissata al muro esterno (come da usanza medievale), ma nel cinquecento era così fuori moda che le monache della chiesa la usavano come lavello. Solo successivamente, complice anche il dramma Shakespeariano, la tragica storia dei due ragazzi torna sulla bocca di tutti per diventare meta di pellegrinaggio. 

La tomba e il fantasma di Alboino

È Paolo Diacono a darci i dettagli sull’inumazione di Alboino, nonostante questo le sue indicazioni sono state seguite alla lettera solo negli anni sessanta del ‘900. Alboini fu l’unico re longobardo a essere seppellito nel luogo in cui aveva regnato, in un punto che può apparirci un po’ strano, ma una bella fetta della vita privata di questo uomo alle nostre orecchie può apparire particolare. La sepoltura si trovava sotto la rampa di una scala del suo castello e osò violarla solo Giselperto (il duca di della città di Verona) per sottrarre alle spoglie del sovrano la spada e gli ornamenti.

Diciamo che questo re longobardo qualche nemico se lo era fatto e forse quello più grande e che lo odiava con maggior vigore era la sua sposa Rosmunda. Leggenda vuole che Alboino invitò (per non scrivere obbligò) la sposa a bere dal teschio del padre defunto ucciso proprio dallo sposo: “Bevi Rosmunda, nel teschio tondo di tuo papà re Cunimondo!”. Da quel momento nel cuore di Rosmunda cresce e si alimenta l’odio verso il marito, mentre l’amore della donna è tutto per Elmichi, o almeno c’è chi la pensa così è chi sostiene che Rosmunda lo abbia attirato con l’unico scopo di ricattarlo in caso si fosse rifiutato di uccidere il re. Come avvenne la morte non è del tutto chiaro, ma questo non fa che alimentare un’altra leggenda, quella della maledizione che la città stessa scaglia contro i re germanici indegni di regnare su di essa e i cui corpi abbandonati a sepolture indegne e morti sommerse dalle pieghe del tempo seminano quella insoddisfazione che da vita ai fantasmi.

Teodorico e la folle cavalcata

Ecco qui l’altro re che, se vogliamo dare credito alla maledizione, non meritava di regnare su Verona: il grande Teodorico. Famoso per essere estremamente impulsivo, lascivo e violento è passato alla storia come il re senza sepoltura, infatti la sua tomba a Ravenna è vuota. Dove sia finito il corpo di Teodorico nessuno lo sa, gli storici ci riferiscono che le sue spoglie vennero rimosse dal mausoleo a lui dedicato durante la dominazione bizantina, ma una leggenda vuole che sia stato il Creatore in persona a portare davanti alla sua abitazione la cavalcatura che lo ha condotto dritto all’inferno. Mentre il re degli Ostrogoti era impegnato a fare il bagno, uno dei servi irrompe nella stanza del sovrano per avvisarlo: un cervo dalle corna d’oro e gli zoccoli l’acciaio ha osato entrare nella terra di caccia del suo signore. Teodorico scatta in piedi, recupera al volo il primo pezzo di stoffa che gli capita tra le mani, corre come una furia, prende il suo morello e senza badare troppo al destriero parte al galoppo seguendo le tracce del cervo. Il cavallo sul quale è salito è nero più di una notte senza Luna e i suoi occhi sono fatti di braci ardenti, non è un destriero ma il diavolo che si è scomodato per prendere e portare via per sempre Teodorico dalla faccia della terra.


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