Fonte foto: Il Gambero Rosso
Il maritozzo è un dolce tipico del Lazio. Le sue origini sono molto lontane, dato che già nell’antica Roma si aveva l’abitudine di preparare delle pagnottelle arricchite di miele e frutta secca.
In principio, l’impasto era composto da farina, burro, uova, miele e sale e il formato era molto più grande rispetto di quello a cui siamo abituati. Nel periodo della Quaresima il maritozzo si ridimensionava; la cottura più lunga gli conferiva un colore più scuro e all’impasto venivano aggiunti uvetta, pinoli e canditi.
L’origine del nome
L’origine del nome, invece, trova le sue radici in una leggenda, secondo la quale esisteva un’usanza, da parte dei futuri mariti, di regalare alle promesse spose proprio un “maritozzo”. Questo accadeva il primo venerdì di marzo, ricorrenza simile a quella dell’attuale giorno di San Valentino. “Maritozzo” diventava dunque un termine ironico e canzonatorio da attribuire al futuro marito. A rimarcare questa associazione burlesca a situazioni ambigue rispetto agli attributi maschili, la forma vagamente fallica della pagnotta, così come Giuseppe Gioacchino Belli nel suo sonetto Er padre del li santi (1832), decanta con allegorie divertenti.
Diversi sono dunque i riferimenti di poeti e drammaturghi a questo dolce così prelibato, come per esempio quello di Giggi Zanazzo nella sua opera Tradizioni Romane (1908), in cui racconta aneddoti circa la ricorrenza romantica su citata, per la quale, sul dorso del Maritozzo, venivano realizzati “ricami” di zucchero: a volte un cuore trafitto da una freccia, a volte due cuori intrecciati, altre due mani che si stringevano l’un l’altra. All’interno dell’impasto poteva essere collocato un anello o un oggetto d’oro come ulteriore dono.
Sulla nascita del nome volle ispirarsi anche un altro poeta romano, Adone Finardi che alla dolce specialità dedicò addirittura un poemetto “Li Maritozzi che se fanno la Quaresima a Roma” (1851).Protagonisti il re Mari e il re Tozzi i cui eserciti erano capeggiati rispettivamente dai generali Passerina, Acqua, Forno, Legna e Fiore, e da Zuccaro, Pignolo, Lievito e Zibibetto. Sempre in guerra, dopo vari affronti, scontri e pentimenti, si riappacificarono e in onore dei sovrani e dei loro più validi guerrieri, furono creati i maritozzi.
Secondo un’altra leggenda, erano le ragazze nubili a preparare i maritozzi per distribuirli in piazza. Era questo un modo per attirare i giovani in cerca di moglie che avrebbero scelto l’artefice del più buono.
Oggi questo dolce ha un volto nuovo e più ricercato: viene farcito con la panna montata e profuma di raffinatezza, che invita alla degustazione in ogni periodo dell’anno e in tutti i bar della regione che gli dà i natali, e non solo. Non resta che gustarli e… attenti a chi li offrite.
Mi rimetto in gioco sempre. Cerco ogni giorno il meglio da me e per me. Curiosa, leggo e scrivo per passione. Imparo dal confronto, dalle critiche costruttive e rinasco cercando di superare i miei limiti. È così che approdo a nuove mete dopo scelte di studio e lavoro completamente diverse, quali la contabilità e un impiego in amministrazione in un’azienda privata e mi dedico a ciò che avrei dovuto fare fin dall’inizio.