Premetto che non amo particolarmente la verdura. Anzi, direi che la evito senza se e senza ma. Unica eccezione per gli spinaci, il cui gusto è facilmente “mascherabile” con vari condimenti. Tuttavia, una buona parte della popolazione italiana, sembra sia un’amante incallita del radicchio. Pianta appartenente alla “tipologia” delle insalate, ma che il buon saggio Wikipedia accosta alla famiglia delle cicoriae, ossia quelle piante erbacee con dei fiori azzurrognoli piuttosto brillanti e da cui si può ricavare la classica cicoria verde, che personalmente apprezzo.
Caro “vecchio” radicchio
Conosciuto perlopiù per il suo gusto molto, molto amaro, in realtà il suo sapore può cambiare a seconda della varietà. Sebbene in molte zone viene chiamato semplicemente radicchio, la scelta può essere anche molto varia! Di solito, questa cambia per località geografica e per aspetto esteriore. Le varietà più conosciute sono le seguenti:
- il Rosso di Treviso precoce (IGP), il più conosciuto, dalle foglie uncinate e dal colore violaceo. Viene chiamato precoce in quanto viene raccolto a inizio settembre. Per farlo maturare con successo, viene legato con un elastico per circa due settimane (o meglio, vengono legate le sue foglie) così da essere privato della luce solare. Il suo sapore è “amarognolo” (io direi amarissimo) e viene utilizzato nei primi piatti, spesso come accompagnamento ai formaggi.
- il Rosso di Treviso tardivo (IGP), che chiamerei “il papà del radicchio precoce”. Tuttavia, è conosciuto come il Re dei radicchi, e a questo punto mi sento di dar ragione a loro. A differenza del suo figliuolo precoce, lui viene raccolto in pieno inverno, meglio se dopo un paio di brinate che gli conferiscono un po’ di croccantezza. La produzione del tardivo deve seguire dei rigidi schemi consorziali per i quali, i raccolti, devono essere sistemati in vasche d’acqua corrente affinché subiscano il processo di forzatura e imbianchimento. Sempre amarognolo di gusto, può essere gustato nella classica insalata.
- il Radicchio di Chioggia (IGP), reperibile al supermercato praticamente tutto l’anno. Somiglia a una piccola palla da calcio, viste le foglie tutte accartocciate sul “nucleo” interno. Il suo sapore viene definito intenso, dunque penso che farò a meno di assaggiarlo. Immagino sia molto, molto amaro. Poi potrei sbagliarmi! Comunque, si dice di provarlo con formaggi, quali il gorgonzola o il taleggio. Dicono, inoltre, che da cotto può combattere la stitichezza. Altra ragione per cui ne farei a meno.
E poi?
- il Variegato di Castelfranco (IGP), creato incrociando un forte e maestoso Radicchio di Treviso e una bellissima Cicoria Scarola. Da questo matrimonio combinato, sul finire del XIX secolo, sono nati tanti piccoli radicchini di Castelfranco, dal colore giallognolo, con delle macchie viola e dall’aspetto di una “normale” insalatina. Consigliano di mangiarlo accompagnato al gorgonzola, oppure così come mamma l’ha fatto, ma con un filo d’olio.
- il Radicchio di Verona (IGP), forse uno dei più amari che io abbia mai assaggiato (anche se mi dicono che non è affatto vero). Probabilmente devo aver incrociato l’erede di chi fu testimone dell’amara fine dei due giovani amanti veronesi, Romeo e Giulietta. Comunque, scherzi a parte, è facilmente distinguibile per la sua forma ovale e per le sue foglie piegate verso l’alto. La sua produzione sembra essere una delle più traumatiche. Infatti, il nostro amico di Verona, almeno nella sua varietà tardiva, viene lasciato al buio per più di 20 giorni, coperto sotto un telo di nylon opaco. Il tutto deve avvenire in un ambiente la cui temperatura è compresa tra gli 0 e i 10°C. Comunque, si può consumare crudo o cotto, specialmente nei risotti. Infatti, il suo appellativo è quello di Re dei risotti.
Fonte foto: Quaglieo
Le varietà poco conosciute
Tuttavia, sembra che ci siano altre varietà di radicchio poco conosciute. Infatti, nella disperata ricerca di un amico che fosse meno amaro e più adatto alle mie papille gustative, sono emerse ben dodici varietà “sconosciute ai più”. Magari ne elenco solo alcune, altrimenti finirete di leggere domani!
- il Rosa di Gorizia, o forse dovrei dire la Rosa di Gorizia, vista la sua forma. Somiglia, infatti, a una rosa rossa, nella speranza che non sia facilmente confondibile con quest’ultima. Pur essendo un prodotto di nicchia che è riuscito a farsi conoscere solo in tempi recenti, quest’elegante varietà ha un vanto. Ossia un’illustre citazione da parte del barone e funzionario austriaco Karl von Czoernig. Il suo gusto è riconosciuto come intenso ma poco amaro, ma non ho idea di come possa essere gustato. So solo che è considerato un Presidio Slow Food.
- il Radicchio Canarino, chiamato così per il suo colore e non per la sua somiglianza ai nostri simpatici uccellini. Nato nel secondo dopoguerra, anche lui grazie a un incrocio. Sono serviti, infatti, un Radicchio rosso e un’ammaliante Bionda di Trieste per creare questi piccoli mazzetti gialli. Si dice che sia molto resistente al gelo e che la sua selezione cambiava da agricoltore ad agricoltore.
- il Bianco Cappotta mantovana, un tempo diffusissimo in gran parte del Nord Italia. Dal gusto descritto come dolce, l’unica certezza che posso avere è che la sua forma è allungata e che le sue foglie sono verde chiaro. Oggi, comunque, è un prodotto di nicchia, che si può provare solo andando alla ricerca dei sapori antichi della cucina tradizionale mantovana.
- il Radicio Verdon da cortel, che però non è un’esotica varietà spagnola. Infatti, potete trovarla nel trevigiano, e nel dialetto locale vuol dire “Radicchio verde carico, da coltello”. Il che non vuol dire che sia un potenziale assassino, bensì che viene raccolto con l’aiuto di una lama. Potete trovarlo sui banchi dei vari mercati da febbraio ad aprile e la sua forma somiglia vagamente a quella di una piccola rosa, ma dal colore verde tendente al giallognolo. I locali vogliono che venga usato accompagnato con aceto e lardo.
- il Radìc di Mont, che non è un cugino francese, bensì una varietà friulana. Cresce spontaneo nella Carnia e viene raccolto come si raccolgono i porcini, ossia con un cesto. Puoi prelevarne fino a un massimo di 1kg ed è considerato anche lui un Presidio Slow Food. La tradizione carnica lo vuole conservato sott’aceto e accompagnato a prosciutti di capriolo, speck o al sauris affumicato al ginepro.
Fonte foto: viaggiatoriweb.it
Ovviamente, le varietà “nascoste” non finiscono qui. Non ho descritto, infatti, radicchi come l’Asigliano, il Variegato di Luisa, il Bianco di Chioggia o il Variegato Fior di Maestà.
In ogni caso, conoscevate tutte queste varietà di radicchio? Personalmente, non essendo amante né di questa pianta, né della verdura in generale, ignoravo completamente tutto ciò.
Classe 1996. Sono appassionata di molte cose, tra cui la fotografia.
Nasco in un borgo del Centro Italia e quando ne ho la possibilità faccio dei piccoli viaggi (o gite fuori porta, come preferite) nei luoghi più disparati della mia terra, ossia proprio l’Italia Centrale.
Quella di Hermesmagazine è la mia prima esperienza in assoluto da pubblicista; dietro le quinte ho curato, insieme ad altre persone, i testi di alcuni articoli per il sito leviedelcinema.it (Rassegna del film restaurato che si tiene non molto lontano da casa mia). Nel tempo libero gestisco una piattaforma personale in cui ho catalogato i miei scatti in giro per il Centro Italia (e non solo) e in cui scrivo qualcosa riguardo i miei spostamenti.