Fonte foto: homers.com
Co-housing un fenomeno che ormai sta diventando nel mondo sempre più frequente e che prevede la cosiddetta formula dell’ “abitare”. Immaginate di poter condividere degli spazi di casa vostra con il vostro intero condominio, per alcuni sarebbe follia, per altri invece è comunità, legami e unione.
Ma scopriamo le origini di questo inusuale modo di vivere!
Co-abitare, la nuova felicità?
I pionieri di questa strana tipologia di vita sono gli architetti, nonché coniugi: Grace Kim, la quale nei suoi Ted ha dedicato un importante spazio al Co-housing e alla ricerca della felicità e suo marito, Mike Mariano.
Architetti, amanti e soci di Schemata Workshop, i coniugi Mariano amano condividere, proprio come avviene in questo particolare fenomeno. Vivono ormai da 7 anni, in questa formula collaborativa di convivenza al Chuc, il Capitol Hill Urban Co-housing, ossia un condominio di 9 famiglie con sede a Seattle. Gli spazi comuni sono l’ingresso, che affaccia su ben 4 appartamenti, il tetto, il giardino, una grande sala da pranzo e una cucina.
fonte foto: architetturaecosostenibile.it
Se quando pensiamo all’America, pensiamo ai grandi quartieri ben curati, con l’erba tagliata imillimetricsmneti e alle villette indipendenti con la famiglia mononucleare, secondo Grace Kim, questo non sarebbe un modello sano, poiché abolirebbe il contatto con l’altro e la collaborazione in società.
Come funziona?
Il progetto che ha avuto origine negli anni ’60 in Nord Europa, si è poi pian piano esteso a macchia d’olio, creando moltissime comunità che ancora ora funzionano. L’obiettivo del Co-housing è proprio quello di abbattere la solitudine, che con l’avvento dei social sta diventando sempre più presente e che con la pandemia, di certo non ha fatto altro che peggiorare.
Ma è così semplice come sembra? Tutto inizia da un “cuore”, ossia un primo gruppo di persone, dalle 3 alle 6 famiglie, che sceglie di aprirsi a gruppi più ampi, ma il processo di selezione diventa molto difficile. Bisogna chiedere solo a persone realmente interessate al progetto, tra amici, familiare e conoscenti open mind.
Ma in Italia?
Questo è sicuramente un modello di Nord Europeo, che però in Italia ha difficoltà ad estendersi, come è invece accaduto in America, in Canada, ma anche in Corea e in Giappone.
Il marito di Grace, Mike Mariano, ha cercato di sviluppare questa tendenza anche nel nostro paese, in particolare durante il periodo universitario, quando conviveva con un suo coinquilino nella palazzina di un medico, con la madre di quest’ultimo.
I complessi di Co-housing più famosi
Le motivazioni che spingono alla co-abitazioni possono essere varie, non solo stringere legami con gli altri, ma anche avere un obiettivo comune. La comunità di Sumu Yakushima ha come obiettivo la cura rigenerativa delle piante e della crescita di altri organismi. In Corea, la comunità di Oneul, nasce per affinità religiosa, infatti si tratta di una comunità cristiana, in cui le case non sono divise per famiglie, ma per tribù. Qui, infatti, ognuno, a prescindere dall’età, può scegliere a quale tribù appartenere, mantenendo sempre i legami con la propria famiglia.
Il Co-housing si è rivelata essere un’ottima scelta anche per la categoria dei più anziani. L’associazione no-profit americana Bridge Meadown, lo ha infatti prevista per anziani soli e famiglie affidatarie, con scarse possibilità economiche.
E voi provereste questo modello di co-abitazione?
Hi Guys! Sono Chiara, sebbene le presentazioni non siano il mio forte… preparatevi a tre righi intensi di sonno…
Nata sotto il segno del sagittario, come tale il mio punto forte è l’ironia, il debole ancora da scoprire… scherzo, è la buona cucina! Nel mezzo troviamo passione per l’arte, la letteratura, i viaggi e la scrittura.